VOLOS E IL PELIO
LA ROTTA DELL’EGEO
Il Capodanno ateniese del 2004 ha aperto la rotta della Grecia: non l’avevo mai girolata, né bambina fortunata a Lindos (era di moda negli anni ‘60), né velista a Karpathos (con gli amici veneziani), né hibernant a Skiatos (ospite di mia cugina Graziella). Ho fatto male, ma per fortuna non sono una che rimpiange. Se rovisto nella memoria, di greco trovo soltanto la borsa ricamata da cui non mi separavo mai negli anni Sessanta (regalo della Zia Filippa?!) e il rock struggente degli Aphrodite’s Child (Rain and Tears e Five o’clock), band cui apparteneva Vangelis, che sarebbe poi diventato celebre con le colonne sonore. Nemmeno loro mi avevano guidata lungo quelle vie, scolpite nei miei studi classici. Nell’estate del 2005 mi hanno invitata ad una Summer School dell’Università della Tessalia, a Volos, non lontana da Salonicco (Girolo 4 Salonicco). Dico, con molto rispetto, che ho pensato fosse una specie di “messa in scena”, una università allestita per qualche settimana e poi smontata come succede nel film La Stangata con Redford e Newman, quando gabbano il signor Lonegan con una finta casa di scommesse. Invece l’Università della Tessaglia esiste eccome: ci tengo a dire che avevo il rimborso spese a piè di lista, ma insegnavo gratis. Di mattina prestissimo, quando nessun altro/a collega (straniero/o) voleva fare lezione, io stavo in aula tre ore e poi avevo tutto il tempo libero per girolare: le giornate greche in estate sono lunghissime, con tramonti infiniti. Uno scalo ad Atene, per vedere il Museo riaperto e bere la retzina e l’ouzo da Brettos e poi con un lunghissimo viaggio verso est, in bus, fino ad un brutto albergo, per il quale protestai con l’Università, anche se si chiamava Filippo come mia zia (Girolo Grecia 3). Così ottenni di alloggiare 4 notti nel nuovissimo Volos Palace, un super lusso confortevole.
ALLA SCOPERTA DI:
IL PELIO
Quando Giason dal Pèlio spinse nel mar gli abeti e rapido corse a fendere coi remi il seno a Teti. Reminiscenze liceali (si tratta dell’Ode a Monsieur de Montgolfier di Vincenzo Monti) mi guidavano, in questo pezzo di Grecia, non molto noto ai turisti italiani: ad eccezione di quelli che si imbarcavano, proprio a Volos, per le Sporadi e le Cicladi. Volos è la classica cittadina d’imbarco: gran flusso di ospiti in transito, movimento alle banchine dei traghetti e aliscafi, taverne sul fronte del porto. E l’Università! Io ho avuto la fortuna di girolarla la sera e la notte, con un gruppo di miei studenti italiani (che facevano questa Summer durante il loro Master a Ca’ Foscari): avevamo in comune gli studi, la passione per lo tzatziki e le interminabili chiacchierate notturne. Magnifico ricordo. Poi, essendo girolona solitaria, mi sono abbonata alle corriere che servivano l’interno del Pélio e arrivavano, in molte ore, a spiagge meravigliose dell’Egeo. Così ho visitato la Grecia montuosa, il Pélio per l’appunto, una rivelazione e ho grattato il seno a Teti, su alcune spiagge come il Papa Nero, Agios Johannis, Paltsi e soprattutto Platanìa. Il Mare estivo che piace a me: lo raggiungi camminando dentro la macchia mediterranea, dopo prati con gli ulivi e i fiordalisi, vedendolo prima dall’alto e poi dai sassi, magari con una ouzeria che ha la terrazza a pochi metri, le immancabili seggiole dipinte di blu e l’oste o l’ostessa scontrosi, perché il locale sarebbe chiuso, ma chi ti nega un caffè. Stereotipi, certamente, ma che belli. Rifaccio spesso, con la memoria del corpo, il mio primo bagno in Egeo, a Platanìa. Anzi, forse no: avevo già osato immergermi nel 1972, sulla spiaggia di Chanakkale, Troia.
I lunghi tragitti nei piccoli autobus sgangherati erano in compagnia di contadini greci, alcuni trasportavano animali vivi, altri scatole, cassette e valigie malandate, come in un film. Tutti (erano quasi solamente maschi), compreso l’autista, si sono presi cura di me e mi davano i tempi di sosta, con relativo indirizzo su dove mangiare, come nella piazzetta che ha l’albero più vecchio della Grecia, a Argalasti. I paesi dove i bus sostavano, in piazza, erano decisamente diversi dalle borgate di costa, che si vedevano dall’alto, con il loro solito effetto di miglio bollito e biscotti sbriciolati (Girolo Grecia 1 Atene). Volos è tanto più bella vista da Makrinitsa, piuttosto che dalle sue strade qualunque; salvo il Porto, perché amo le barche. Ricordo una Taberna o Ouzeria meravigliosa, con le mezedes veraci, forse era Bokos.
MAKRINITSA E VYSITZA
La mia memoria confonde i due o tre paesi dove ho fatto sosta, all’interno del Pèlio e le fotografie mi aiutano sì e no. Il primo girolo in bus ho osato poco e sono andata appena sopra Volos, a Makrinitsa, che viene indicata dalla Guide come pittoresca e caratterizzata da belle case di pietra. É vero. Direi sia lì che c’è anche una bella chiesa ortodossa, con la sua iconostasi, qualche affresco e qualche icona preziosa. Direi sia lì che ho sostato sola soletta nel cortile di un monastero (?) pieno di piante e fiori in vaso, con un gatto domestico delizioso che si lasciava fotografare vicino ai tappeti di corda. É quanto di più vicino ai famosi monasteri greci che non ho mai visitato e che spesso sono interdetti alle donne. Ma potrei sbagliarmi con il girolo successivo, molto lungo, che mi ha portata a Vysitza e poi, cambiando autobus, fino a Platanìa. Le Guide descrivono Vyzistza come cittadina dalle antiche case ottomane e, in effetti, ho fotografato molti edifici di quello stile, però ce ne sono anche a Makrinitza, addirittura promossi da Booking.com come alberghi. Non importa: sono giroli nel Pèlio e l’atmosfera, il panorama, l’edilizia è quella. Ho sostato nelle piazzette e lungo le calli interdette alle auto, fatte di sassi e mattoni, bellissime. Ho bevuto ouzo e retzina, leggendo quotidiani stranieri, in francese o in inglese, per sentirmi come Gerlad Durrel a Corfù e David Gilmour a Lindos. Aver tradotto l’Anabasi al Ginnasio NON significa affatto che si capisce il greco contemporaneo: i greci, però, appartengono agli europei del Sud “una razza una fazza” e ci si capisce bene comunque, con gesti, sorrisi e il mesclùn di parole che dobbiamo al greco antico. Ho comperato chili di spezie, profumi che si sentono per strada e ti travolgono quando entri nel più dimesso degli Emporion. Un ultimo girolo nel Pèlio l’ho fatto con un’automobile noleggiata da Ebany (il mio collega levantino, veneziano professore in Spagna), che avete conosciuto a Nazrath. In onore ai Pitura Freska, gruppo alternativo di Marghera, ha voluto andare alla Spiaggia del Papa Nero (la canzone con cui i Pitura sono andati a Sanremo), scavallando la vetta del Pèlio, fino ad Agios Johannis: purtroppo era una giornata di maltempo e nonostante l’apertura del paesaggio e il rigoglio della natura, il Papa Nero ci ha un po’ delusi. Ebany è ripartito subito, credo andasse a Soci, in Crimea: giurerei che prima siamo andati a cena nel “solito posto” di Volos le cui kolokitakia (zucchine fritte) facevano scendere gli dei dall’Olimpo.
SKIATHOS
Sono sincera: ho amato parimenti i giroli in bus, nell’interno del Pèlio e la meraviglia del viaggio in nave, verso Skiathos, la principale delle Isole Sporadi. Il viaggio è lungo (oltre 3 ore), ma stare sull’Egeo è bello: panorama infinito, luce divina, tanto vento. Lo scalo nell’isola e l’arrampicata breve che ho fatto, hanno completato l’idillio: erano anni che non gradivo così tanto una giornata al mare, dai tempi della Sardegna. Non posso dire che mi sono pentita di non essere venuta qui, a trovare la mia cuginetta torinese, che aveva una casa a Skiathos tutto l’anno: doveva essere bello, l’Inverno, con questo clima e dentro una piccola comunità locale e di invernanti forestieri. Ma non è accaduto, amen. L’arrivo a Skiathos mi ha ricordato tutti gli approdi nelle isole: Elba, Capri, Eolie, Elafiti, Egadi. Non sono stata travolta da qualcosa di specialissimo, che forse mi aspettavo. Il tempo che mi ero presa per Skiathos, tra un traghetto e l’altro (la mattina dopo alle 7 sarei stata in aula), mi è bastato per scalare qualche ripida calle, a partire dalla rada del Porto, niente di più. Sento chiaramente il rammarico di mia cugina, che ha vissuto qui tanti inverni come isolana elettiva: sei proprio scema, dovevi andare qui e qui e lì, dal mio amico Tizio e dalla mia adorata Tizia. Non credo nemmeno di averle mai detto che ero stata nella sua isola qualche ora. Stavano ancora organizzando per il pieno della stagione: tavoli azzurri trasportati sui motocarri, terrazze col panorama mozzafiato ancora chiuse, persino qualche mulino a vento. A guardare gli autoscatti che mi sono fatta con la mia seconda macchina digitale, una Canon compatta ideale per mettersi a fuoco, a Skiathos sono stata da dio: ho l’espressione beata di quando ero giovane (40 anni prima), scalza e negra, in qualunque posto di mare. Dico così “se dovessi rimpiangere qualcosa” sceglierei le vacanze che non ho fatto nelle isole greche. Ci sono case bianche, forse non tante come a Lindos e a Mykonos, ci sono calli a scalette, terrazzini, tetti piatti, pergole con trionfo di bouganville e gerani nelle latte colorate, come ad Anafikiota (Girolo: Atene). Una piccola selezione di stereotipi, come le vedute dall’alto del Porto e delle insenature, delle vele e dei traghetti che vanno e vengono, delle barche a remi con la pittura scrostata. Pensavo di andare anche a Skopelos, ma poi ho preferito girolare nell’interno del Pélio, che mi sembrava meno stereotipo, appena più avventuroso, per una girolona prudente. Negli ultimi anni prima della Pandemia, ho guardato spesso i traghetti per le Isole Greche, da Venezia e Brindisi, ma non ci voglio andare in estate e combinare tutto non è facile. Poi ci si è messo di traverso il morbo, anche se nell’estate del 2021 moltissime amiche in Grecia ci sono andate, senza problemi. Mi telefonavano per sapere come trovare Brettos, nelle poche ore passate ad Atene.
Tavoli azzurri trasportati sui motocarri, terrazze col panorama mozzafiato ancora chiuse, persino qualche mulino a vento