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IL BECCO DI CUGNO

Per me bambina, il Lago di Viverone era il Becco di Cugno, località defilatissima, sud-ovest, lontano dai cosiddetti Lidi, attrezzati per la balneazione. I miei genitori avevano frequentato il Lago da ragazzi, negli anni Trenta: c’è una foto del Toio, su un pontile, giovanissimo con due scugnizzi pescatori. Negli anni Sessanta, la 750 della Giò proseguiva la strada di costa, abbandonava ogni struttura civilizzata, incluso un campeggio pioniere gestito da francesi Lac-et-Soleil, e raggiungeva località Masseria, ultimo avamposto prima dei boschi. Uno spaccio alimentare, col telefono pubblico e il frigo dei gelati. Poi, il mondo finiva, a piedi si proseguiva per la strada Comuna fino ad una radura, dove gli amici Villa avevano un terreno e un ricovero in muratura. Col tempo era diventato una cucina con dei letti a castello, la doccia all’esterno. C’era un Molo di legno (uguale a quello del sito palafitticolo), dal quale passavamo ore e ore a tuffarci, bambini instancabili e contenti con poco. Anna mi invidiava perché la Giò mi portava da casa il panino con prosciutto e maionese, “al sacco”. Talvolta ci restavamo a dormire (col Toio, perché la Giò faceva turno di notte in Farmacia a Cavaglià); in un letto si stava sempre in due, testa-piedi (eravamo piccoli), dormendo quasi niente e divertendosi da pazzi. Poi, con l’adolescenza, è venuta la strada carrozzabile, forse un vero bagno all’interno della casa e le bambine avevano messo il “costume intero”; si era spenta la magia dei Robinson Crusoe. I ragazzi Villa, temerari, attraversavano il Lago a nuoto: per me era già molto andare dove non si tocca o tuffarmi di testa. Resta nella nebbia mitica dei ricordi un arrembaggio organizzato tra bande rivali di ragazzini (primi anni Sessanta), quando ci annunciammo al grido di Tupamaros!! (del tutto incongruo, ma suonava rivoltoso) e venimmo respinti al grido di Voimaialos!!! da chi stava presidiando il Molo. Mi sono sempre chiesta cosa sia il Cugno: una storpiatura di cygnus (la Y diventa U) oppure di cuneo (la punta sul lago) o magari un pesce col becco, scomparso coi dinosauri. Lungo la sponda del Lago di Viverone, sott’acqua, è stato rinvenuto un sito palafitticolo preistorico (5.000 pali) che Unesco non ha esitato a marchiare: a pochi metri da Voimaiolos e dai panini con la Calvè. Viverone è un Lago morenico, quando il ghiacciaio del Rosa arrivava fino in pianura con una lingua, che oggi è la Serra: ed eccoci di nuovo, le spalle guardate dal Padre Ros (Girolo Padre Ros), come scrive Gianni Rodari.

ALLA SCOPERTA DI:

PIVERONE VIVERONE

Del Lago di Viverone esistono nel web vedute molto suggestive: con la neve, con vista Montagne, al tramonto, rosato o d’argento liquefatto, con i cigni. Io, negli anni veneziani, ci sono tornata raramente: ho delle fotografie fatte in un girolo con la zia Filippa (1984), con i frutteti e le vigne. Quando la Giò era in Farmacia a Cavaglià mi aveva portata spesso a comperare le ciliegie, facendomi salire sugli alberi, un’avventura. Mio fratello ha avuto una scuola di immersione per qualche anno, al Lago, poi ha cambiato lavoro: ai tempi portava a nostra sorella enormi coregoni da congelare, ma lei li sdegnava “il pesce di lago sa di fango” sentenziava amen. In ogni caso non ho mai frequentato il Lago, da adulta, perché mettevo in conto una delusione: ci facevo sosta andando ad Ivrea o in Val d’Aosta. Così posso segnalarvi posti-da-panini: il primo sulla SS228, proprio sotto la Villa Saporiti, di fianco alla Chiesa Santa Maria delle Grazie, ad Anzasco (direi che si chiama La Capannina): comodo parcheggio, ampio dehor, dove in estate si suona (c’è uno spezzone su Youtube di Pieraccioni che canta, molto simpatico). Ottimi panini di lingua-an-brusc, specialità biellese. Il secondo è sul Lungolago: scendete dalla SS228 verso la riva (viale Lido a cubetti di porfido, con inconfondibile sonoro degli pneumatici), girate a destra e arrivate alla fine del Parcheggio. Si chiama Longue Malè, stile urbano con vasta offerta di gourmezzini. C’è un ristorante, sulla sponda di Masseria, dove sono stata con Stefano, classificato tra i migliori del Biellese (Il Glicine), ma ha troppe pretese per una Tupamaro.”

AZEGLIO CAVAGLIÀ SANISOLA

Si può arrivare da Biella a Viverone scavallando la Serra, da Cerrione, Zimone, Piverone o facendo una deviazione a Roppolo, dove c’è una Enoteca Regionale. Nel Girolo di Ivrea vi ho citato S. Pietro di Bollengo; qui vi indico il Gesiùn, (chiesona di S.Pietro di Livione o Sugliaco) che ha più nomi che mattoni, lungo i tornanti Piverone-Zimone. Attorno a Viverone, abbandonando le terre biellesi, ho scoperto dei panini notevoli, al Bar della Piazza di Azeglio (sì, la Famiglia di Massimo), che credo si chiami Meridiana. Comunque è ad Azeglio che dovete passare per raggiungere le palafitte della Boschina. Se seguite la SS228 (la bassa), verso Biella, transiterete per Cavaglià dove c’è un Castello fintarello (dei Rondolino) e, nel Borgo, un ristorante che merita, L’Oca Bianca. A Cavaglià è stato, in collegio, mio padre rimasto orfano; poi la mamma aveva fatto “sostituzione” in estate nella Farmacia del paese e se stavo con lei (girolo Pollone), andavamo nell’unico ristorante che era Macchieraldo, cognome di un comandante partigiano, ucciso a Lace di Donato (Girolo Lavatoio 1). Dopo Cavaglià incontrerete Dorzano (che ha il vecchio Borgo in quota) e poi Salussola (idem), che reca i cartelli di Sanìsola (denominazione risalente al popolo dei Salii, che venerava il Sole). C’era, fino al 2022, il Panificio Fresco-ma-caldo di Veronica, dove prendevo lo spritz con mio fratello, ma Veronica ha lasciato (Girolo Biella spritzante). Nei tavolini, sottovetro, resta il mio disegno (ISPIRAZIONI).