
VISTA LAGO (1)
1994 CANNOBIO
Ho trovato in Booking la villa dove avevo alloggiato con mia madre Giò, nel 1994: villabelvedere.it sulle colline di Cannobio. Lei cominciava a perdere lucidità e avevamo optato per un girolo breve, sul Lago Maggiore, magari fino in Svizzera, per darci un tono internazionale e non imporci confini. Avevo scelto questo albergo lussuoso, vista Lago. Le camere erano moderne, in una dependance stile old-america, porte finestra sul vasto parco; tra rododendri, azalee, magnolie niponica, camelie e limoni, c’era una grande piscina, con accesso a doppia scalinata di pietra, quasi-antico. La colazione era servita nella vecchia villa padronale, da una signora elegante e premurosa, anche se mia madre lamentava che il caffè veniva freddo nella brocca d’argento. Aveva sempre usato gesti delle mani, per esprimersi, ma negli ultimi anni esagerava: indicava le cose in silenzio, come se io dovessi, al volo, capire. Si stava bene: a volte passeggiavamo sul lungolago, a volte prendevamo il battello che faceva tutte le fermate, sulle due sponde; le stazioni erano vecchio stile, di ferro e vetro. Un giorno arrivammo in macchina fino a Locarno, ma la mamma, appena cambiati i franchi per pagare il parcheggio con le monete, disse che voleva tornare in Italia: gli svizzeri poi mi sono antipatici, con quelle loro Banche e indicò una insegna che stava di fronte al Parcheggio, UBI. Era uno dei suoi repentini capricci, a cui mi sarei abituata. Una sera andammo a cena oltre confine, a Brissago, un Ristorante stellato (era il Giardino, oggi è Agorà); lei ordinò tagliatelle coi tartufi, “tanto” disse “tu hai le carte di credito!!”: provocazioni, per vedere se ero capace di occuparmi di lei, senza perdere la pazienza. Nonostante il suo declino mi urticasse senza sosta, è stato un bel girolo e portai pazienza come potevo: rimandando, da fondo campo, palline altrettanto ironiche, secondo la cifra che lei stessa mi ha insegnato: “semmai, mamma, staremo qui a lavare i piatti!!”. Per lunghi anni ho diffidato del pagamento elettronico, dei massimali di spesa, del cambio valuta automatico. Sul Lago Maggiore non ero stata spesso: in Gita scolastica a Villa Taranto e Villa Pallavicini (Giardini), forse alla Rocca di Angera e alle Isole Borromee. Non ne avevo una mia idea e nemmeno quella volta del Novantaquattro mi restò impresso particolarmente, non fosse per la conversazione con mia mamma. A Cannobio sarei tornata con Stefano, nel 2007, andando in Germania.
ALLA SCOPERTA DI:
SANGIANO
Il Caso mi ha riproposto il Lago Maggiore (e gli altri, Comabbio, Monate, Varese, Ghirla e Ganna), come luogo di residenza scelto dalla figlia di Stefano (che lavora a Ispra). Prima ha abitato a Sangiano, paese qualunque e dal suo appartamento, in alto, si aveva una vista lago larga e magnifica.
Nel 2009 abbiamo fatto una breve vacanza anche con Andrea, mi ricordo di aver riso come non mai, perché lui, quando vuole, scherza in modo incessante e irresistibile. Ricordo visite fatte nel corso degli anni: a Santa Caterina del Sasso, dove ci sono tre donne che richiamano Bill Viola; a Pallanza; a Stresa e ad Arona, a Lesa e ad Angera. Da sola, ho sconfinato in Svizzera, fino a Lugano -dove ci sono begli affreschi di Luini, come nel mio adorato San Maurizio a Milano. Ho mangiato da Gabbani, rosticceria-gioielleria, dove tutto è buonissimo e carissimo: gli Svizzeri, poi, con quelle loro Banche!!. Sono stata in cima in cima al Lago, in Italia, fino oltre Gravedona (con Santa Maria del Tiglio), fino a Vogogna, un paesetto insospettabile, con belle case e vie con gli archi bassi, preceduto da un pianoro con buffe montagnole a calanchi, nerastre su prati verdi.
VISTA LAGO OGGI
Cambiando residenza, da Sangiano a Taino (altro comune sul Lago), c’è stato un lungo periodo in cui abbiamo girolato ogni paese della sponda lombarda, cercando case da acquistare. A Sesto Calende, il Lago diventa fiume largo e ci sono locali sulle due sponde, ristoranti, pizzerie, gelaterie; ad Angera c’è un passeggio da vecchia stazione d’antan, che ricorda Cannobio, Cannero, Lesa. La sponda migliore, pensiamo noi, è quella piemontese e le mie nipoti abitano non lontano, a Gattico. Per ciò, alcuni incontri di famiglia si svolgono sul Lago Maggiore, entrato inaspettatamente nella comune geografia, con Ranco (Ristorante Al Sole) e col Battipalo a Lesa. Due locali che vi raccomando. Una volta, voglio tornare a Brissago in onore della Giò. Girolando per i paesi, sponda lombarda, a visitare case, sono stata a Leggiuno, a Cerro, a Laveno con Mombello e chissà dove. A volte il Lago appare, in orizzonti nebbiosi e malinconici; a volte si aprono squarci inattesi, di spettacolari montagne innevate. A volte nemmeno si percepisce di stare sulla sponda di un Lago: siamo troppo lontani (lo vedrai dall’alto di una terrazza) o in mezzo ad una edilizia qualunque che non lo suggerisce.
IL LAGO DOVE?
Ci sono delle immagini isolate, che ricordo benissimo senza sapere dove collocarle, se non genericamente sul Lago. Direi che fosse presso Gravedona (?) un sito poeticissimo: darsena quasi privata, fondamenta di pochi metri, all’angolo un bar di quelli defilati (bisogna sapere che è li o capitarci per caso, come noi), forse un negozietto bric-a-brac e qualcuno, che abita lì, seduto a fumare leggendo il suo libro. Uno dei luoghi più fuori dal mondo che mi ricordi, nella popolosa ed alacre Lombardia. Ricordo anche un mercato (settimanale), gigantesco e verace, dove vendevano ancora il tessuto per fare le lenzuola e gli asciugamani da cucina, robe delle bisnonne. Quando andiamo a trovare la figlia di Stefano (prima a Sangiano e adesso a Taino), ogni tanto faccio dei giroli di prossimità: Massino Visconti (castello), Varano Borghi (villaggio operaio), Monate, Comabbio. Ci sono sempre Laghi minori che occhieggiano all’improvviso: li vedi dall’alto, come per esempio da San Salvatore di Massino Monte, ne vedi addirittura tre. Sono luoghi “smarriti”, dove il turismo arriva in rare occasioni o per manifestazioni o per caso. Per dire: ho cercato il compendio di San Salvatore e per trovarlo (non ricordavo il nome e il comune), ho girolato nel web a vuoto. Chiesa romanica niente; vista di 3 Laghi lombardi, niente; siti da non perdere, niente. L’ho trovato cercando punti di ristoro, perché mi ricordavo di un cartello “chiuso per turno”, pensa tu.
COMO
Nel 2015, Stefano ed io abbiamo scelto di fare un girolo a Como, prendendo un albergo per vecchi/e signori/e, vista Lago. E’ stata una scoperta piacevole, perché il Duomo è bellissimo, il centro storico amabile, il giro delle mura godibile e la salita al “colle” (Brunate) pure. E, poi, c’è Terragni, un maestro razionalista sottovalutato (Casa di appartamenti NOVOCOMUN e Casa del Fascio). Grande la Cremeria Bolla, con un gelato da premio. Intorno al piccolo Lago, abbiamo girolato con l’auto, fermandoci qui e là, sulle darsene minuscole, severe, con le loro scalinate quasi galiziane e poche barche a secco. Un contrasto (sembra) con le magnifiche Ville, circondate da ricchi giardini: se ne visita qualcuna. Forse non c’è contrasto, invece: è forse questo che cercano gli stranieri (dopo i milanesi): un fasto riservato, senza esibizione, con una sua “austerità”. La ricchezza lombarda e ancor più piemontese: non si richiede lo sfarzo. Nel film House of Gucci, mi sono sorpresa di trovare due location: la Villa Necchi Campiglio di Milano (Girolo Milano Liberty) e il porticciolo di Tremezzo. Sono stata “fotografa di scena” senza saperlo. Il Lago, però, l’ho trovato più bello sul ramo manzoniano, a Lecco (girolo SUL LAGO 2). Dei diversi (piccoli?) paesi intorno preferisco non dire, perché li confondo e ci sono passata al volo, al massimo un panino o un aperitivo, per fare tappa. Avevo in mente la ceramica di Laveno, altro retaggio delle bisnonne, ma il Museo dedicato il MiDEC (in una Villa lungo il Lago) l’ho trovato chiuso.
un fasto riservato, senza esibizione, con una sua “austerità”
MUSEO DELLA SETA
Apertissimo, invece, ho trovato il Museo della Seta di Como, tornandoci da sola, in gita da Taino. E’ stata una visita molto interessante, per una nata nel Biellese e che ha tentato di vendere dei disegni a Mantero, Etro, Ratti, Sirtori e Limonta (ho avuto un periodo di design tessile, un lampo nei miei percorsi creativi a zig-zag). Mio zio Jaco Perry (il jazzista) mi accompagnò dai produttori che conosceva e poi finimmo a pranzo ad Erba, dove scoprii le carote in carpione che segnarono l’esordio delle mie “ricerche in cucina”, negli anni Ottanta. (Ispirazione Carote in Saor) A Como si entra nell’universo della seta: macchinari, disegni, abiti, la storia dei bachi, dell’industria, del design. Ci sono anche molti manichini con bellissimi abiti e ricordo che ne scelsi uno per Marina, che era a Venezia malatissima, lo fotografai e glielo mandai: a lei (che aveva fatto l’indossatrice) sarebbe stato benissimo. Al Museo acquistai un libro su Micol Fontana, ormai introvabile e fuori commercio, che regalai a mia suocera Egle e svuotando la sua casa l’ho ritrovato e letto: una grande della Moda, di sicuro, ma per niente empatica! Tra i libri della Egle, c’erano le biografie della Schiap (Elsa Schiapparelli) e di Coco Chanel. Di Gegia Bronzini, invece, lombarda espatriata nelle Venezie, ho trovato una seta tessuta a telaio, resti del suo negozio in Piazza San Marco, nelle sfumature delle pesche. Me-ra-vi-glia.