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Mi vergogno un po’, ma solo quest’anno (2024) ho finalmente comperato una tessera museale per 10 siti del Comune di Venezia, 22 euro, scontata per anziani: un prezzo ridicolo se si pensa allo sterminato, eccezionale, patrimonio esposto. Dirà qualcuno/a che Venezia è essa stessa museo, collezione all’aperto, di estesa magnificenza e gratuita (finora). In parte è così, ma dentro i veri e propri Musei bisogna andare: non solo a Palazzo Ducale o al Vetrario di Murano. In questi giroli da escursionista a Venezia, mi limito a qualche “cicheto museale”, per farvi venire appetito. Torno sempre volentieri a Ca’ Pesaro, la penultima volta nel 2018 per un’antologica su Gino Rossi, imperdibile. A palazzo Pesaro sono raccolte (e parzialmente esposte o allestite in mostre) le opere contemporanee legate alla Biennale d’arte. Basta la Giuditta (Salomè II) di Klimt per motivare la visita, ma lì trovate tutti i grandi, tra fine XIX e XXI. So che è difficile abbinare Venezia al Novecento, ma andate a ricredervi (Girolo Venezia Novecento). Inoltre, alcuni collezionisti hanno via via donato al Museo: i Carraro, i Sonnabend e ultima ma non minore Gemma De Angelis Testa, che ci consente di godere della serie Brina di Rauschenberg, di Twombly , del Barocco Balcanico di Abramovich, che sbatte in faccia il massacro in Jugoslavia (girolo Mostar). Una capatina all’ultimo piano del Pesaro, dove sta il Museo di Arte Orientale, che ha una Mostra temporanea sul popolo Miao, Cina del Sud: bellissimi gioielli e costumi. Avendo acquistato il Pass, pochi giorni dopo sono finalmente entrata (dopo mezzo secolo che vivo qui), al Fondaco dei Tedeschi, Museo di Storia Naturale, completamente riallestito nel 2010. Lo raccomando vivamente, anche a chi, come me, non è appassionata dal tema e paventa l’eccesso didattico. Oggi, il Museo, è intitolato a Giancarlo Ligabue. Imprenditore veneziano,  mecenate di grandi spedizioni paleontologiche nel mondo. Il percorso si apre, appunto, con una sala dedicata allo scheletro, ritrovato da Ligabue, di un Ouranosauro del Nigeranimaletto lungo 8 metri e alto 4, il cui scheletro (un calco) fluttua leggero nella penombra del Museo. Non può non affascinarvi. Seguono ammoniti fossili che sembrano tarsie di marmo o filigrana di vetro di Murano; alghe fossili che paiono decori di Lalique; torri di corallo rosso, pesciolini degli abissi, madreperle giganti e istoriate. Poi iniziano gli animali veri: quelli che nuotano, quelli che volano, coccodrilli, giraffe, ippopotami, zebre, elefanti, gorilla, leonesse, giaguari, boa alti come me e un pipistrello impensabilmente grazioso, che sembra una pochette color miele. Sono impagliati, sì, ma per niente polverosi o decrepiti e non fanno malinconia, a meno che non siate animalisti estremi, che rifiutano la sola idea della bestia uccisa dall’uomo. Seguono teche piene di farfalle, di piumaggi multicolori, di cicale e damigelle che sembrano spille smaltate; di topi del deserto che saltano in fila, come fossero disegnati da Disney. Ed è suggestivo il film del deserto come lo vedono loro, a balzi. Fa parte dei nuovi allestimenti esperienziali: come toccare con le mani dorsi di bufali e scaglie di armadillo o ascoltare il canto delle balene. Esco contenta.

Per le immagini msc.visitmuve.it

Dirà qualcuno/a che Venezia è essa stessa museo, collezione all’aperto, di estesa magnificenza e gratuita (finora).