Top
  >  Fuori porta   >  UDINE

UDINE

Fuori porta mica tanto. Per raggiungere Udine, col treno, ci vuole più di 1h e ½ : fa tutte le fermate Mogliano, Treviso, Conegliano, Sacile, Pordenone, Casarsa, Codroipo. Forse è questo il motivo per cui, pur avendo amici ad Udine, ci sono andata poche volte. Forse è una scusa e Udine appartiene a quelle città vicine che si tendono ad ignorare, perché non hanno un attrattore speciale: un Museo (come il MART di Rovereto), un monumento da rivedere cento volte (il Santo a Padova), una confidenza d’uso (ombralunga a Treviso). L’estate del 2022, rientrando dalla Carnia, in un giorno piovoso, Stefano ed io abbiamo scoperto Casa Cavazzini, una vera sorpresa di Udine, che ha recuperato questa dimora privata (di un ricco negoziante), raccogliendovi le opere dei fratelli Basaldella (il più famoso Afro). Iniziativa meritoria ed interessante, per noi che quel movimento pittorico sentiamo come veneziano: Vedova,  Pizzinato, Turcato, Viani, Afro, tutti legati alle Biennali. Abbiamo sostato al Cafè Contarena, locale storico che fa parte dell’edificio Municipale di Raimondo D’Aronco (altro nativo udinese). Contarena rimanda a Contarini, quando Udine era veneziana: ma, lo dico subito, trovo che le tracce marciane non spieghino il carattere di questa città, che sento più mitteleuropea che lagunare. Marzo 2023: c’è una Mostra su D’Aronco ai Musei del Castello e colgo l’attimo, per farmi un girolo a Udine, vedere Clara (triestina-veneziana) che insegna all’Università, Harley (veneziano) e Claudia che ci vivono, cenare con loro. Il pomeriggio, salgo al Castello, dove hanno concentrato i Musei civici udinesi (dopo il terremoto del 1976). Ahimè, il loro Carpaccio è in prestito a Venezia (sig), c’è la riproduzione fotografica (sig). Il loro Caravaggio (forse una copia) non è strepitoso e i primitivi sbiadiscono al confronto con quello che ho appena visto in centro Italia. Sconsigliato venire ad Udine dopo essere stati ad Orvieto e Viterbo. Nel Castello, sono concentrate varie sezioni d’arte: archeologia, antichi maestri, Risorgimento, collezioni di preziosi, fotografia e i disegni di D’Aronco, in mostra. Esco un po’ perplessa, mi devo ricordare che il sofa-divanhiia è un salone-portico ottomano come il triclinium romano: D’Aronco ha progettato diverse ville in Turchia, assumendo questo dettaglio, che ha dato il nome ai nostri moderni “imbottiti”, i divani e i sofà. Faccio un girolo con Clara, dalla Loggia del Lionello (l’orafo progettista), per piazza Matteotti, fino a via Gemona, passando da Palazzo Antonini Maseri, disegnato da Palladio. Pur essendo dell’Università non è accessibile oltre l’androne di ingresso e nel giardino sono in corso lavori (sig). Clara mi dice che Udine è molto vivace, ha bei negozi, cafè, osterie; le credo ma rimango scettica. Per tornare al mio albergo, che è dalla parte opposta, seguo un tracciato che mi pare di vecchie mura (via dei Torriani, via del Gelso, via del Sale), vedo la Cappella Manin (chiusa), un Mercato del Pesce Coperto (neo qualcosa), alcuni chioschi di coloratissime furlane (le pantofole di stoffa), approdo a Piazza Garibaldi e al mio albergo, (Allegria). Noto che Udine è invasa dalla sua Università che ha sedi ovunque: bene, perché questo è motivo di vitalità, di uso degli immobili, di presenze giovani e “forestiere”. Claudia mi dice che sono parecchi i turisti austriaci e sloveni: vengono, mangiano e bevono, fanno shopping, spendono parecchio (alloggiano all’Astoria). Devo pensare a questa città come un “luogo di confini”, con un dialetto che è lingua, come sosteneva Pasolini (Girolo Strassoldo). A tal proposito, Harley mi fa notare che il Teatro Nuovo udinese è intitolato ad un pittore-architetto, Giovanni da Udine perché su Pasolini c’erano resistenze. Pensare che il supermercato PAM ha vetrofanie con scritte in furlano e alle case sono appesi stendardi della Festa per la Patrie dal Friul, che si svolge ogni anno (stemma un’aquila imperiale). Scopro che la Patria del Friuli nel 1077 era un’istituzione del Principato di Aquileia (estesa ad Istria, Cadore e Stiria), con proprio Parlamento. Comincio a pensare a Udine come ad una enclave, più europea che italiana.

ALLA SCOPERTA DI:

TIEPOLO A UDINE

Quasi 10 anni or sono, ero venuta ad Udine, sempre per trovare gli amici: avevo pernottato nella medesima zona (al Vecchio Tram); noto che molti alberghi sono legati a ristoranti (ex osterie), come fosse una naturale estensione di attività. In quella occasione, ero andata a vedere il Tiepolo più famoso, che è quello della Galleria del Palazzo Arcivescovile (Museo Diocesano). Non avevo la macchina fotografica, ma mi era piaciuto: credo sia da vedere. Questa volta vado in Duomo (non è orario per la Sacrestia e la Cappella della Purità!) le mie foto mostrano un Tiepolo da saloni veneziani: angeli opulenti come dame, santi corrucciati come nobili rampolli e cieli nuvolosi. In Duomo c’è una cupola (di tal Debrigny?) da cui letteralmente colano le nubi, come fossero bianco d’uovo da una ciotola, quando li montate a neve; invece delle nocciole spuntano fuori degli angioletti. Poi ci sono dei Tiepolo più cupi (nelle pale d’altare), incluso un Cristo crocifisso che non sembra nemmeno suo. Leggo che in Sagrestia ci sarebbero affreschi di Vitale da Bologna (devo tornare). 

Colano le nubi, come fossero bianco d’uovo

TERAPIA PER LA RIVALUTAZIONE DI UDINE

Ho scelto, nella Girolona, di essere gesuitica: non dico bugie, evito di dire cose negative. Quando qualcosa non mi piace, ometto: non ne parlo e mi concentro su quello che ho trovato, comunque, di bello. Ma, ad Udine ho imparato un’altra cosa, senza l’aiuto dei gesuiti: che girolare è (anche) un modo di rivalutare luoghi dove la prima volta (o anche più volte) non mi sono entusiasmata. Lo sapete che bisogna tornare, anche dove l’impatto è stato positivo, per scoprire di più e meglio; godersi i dettagli con calma. Ma, tornare dove siamo stati perplessi è il quinto comandamento dei giroloni. Così, la mattina dopo la nostra amichevole cena al Trombone (fasolari e cape longhe meritevoli del viaggio in treno), mi prescrivo un approfondito girolo in centro, anche dove sono già stata. Ed ecco che scopro le due piazze che caratterizzano questa città: Mercato Vecchio (che nel 2022 era un cantiere) e Matteotti ex Mercato Nuovo o San Giacomo (dove sono transitata con Clara). Le loro quinte sono scenografiche (Bellotto più che Tiepolo): una composizione di veneziano (poco), cadorino, sloveno, austriaco (parecchio). Molte infilate di finestre, con gli scuri di legno, mi ricordano Grado (da dove arriva il pesce del Trombone), Trieste o Pola; qualche decoro graffiato mi porta a Lubijana e in Carniola o Stiria; ci sono serliane e portoni decorati molto veneti, più rinascimento che gotico); i portici ribassati, un po’ da riviere padovane (Giroli Padova). Noto una quantità di orafi e gioiellieri, negozi e laboratori come ci fosse una tradizione: del resto Lionello (quello della Loggia) era un orafo. Intorno a queste piazze ci sono strade strette, quasi calli, che si chiamano Rialto, delle Erbe, del Monte di Pietà, Mercerie vecchie: una città mercato, per la posizione di crocevia tra nazioni e valli diverse. Ogni tanto compare una quinta o mezza quinta bianchissima, decisamente veneziana (ha le trifore gotiche) o veneta (i palazzi e le torri dei capitaniati): archi tutto tondo, bugnato, leoni, orologi turchinicchi, torrette con cupola. Trovo elegante la Chiesa di San Giacomo (non entro): è di tal Bernardino Bortolini da Morcote (comacino lombardesco), autore del più celebre Porticato di San Giovanni in Piazza della Libertà, di fronte alla Loggia del Lionello. Adesso vedo questi due monumenti di Udine in una prospettiva diversa; andare da qui al Duomo, ripassando per via Cavour, e poi verso l’Arcivescovado, modifica la mia percezione complessiva. Ho passeggiato in un centro cittadino piacevole. Ed è vero (ha ragione Clara) che ci sono bei negozi, con una diffusa raffinatezza (non da cittadina provinciale) e tanti tanti locali di ristoro, pieni di gente. Ho bevuto il caffè da Grosmi, ottimo: una torrefazione frequentata da residenti d’antan, cultori del caffè macinato all’acquisto. Mi colpisce che diversi passanti si fermino per lasciarmi fotografare: è tipico dei luoghi poco turistici, dove fa effetto che qualcuna si attardi per una inquadratura, non col tablet, ma col teleobiettivo a cannocchiale. Una signora mi dice “per mestiere lei deve poter vedere gli angoli giusti”, mi fa sentire Tina Modotti.

TINA MODOTTI

Scopro qui ed ora che il mito della fotografia femminile, la Modotti, è nata e vissuta qui, ad Udine prima di fare la sua avventurosa fortuna in Messico. Fatemi dire due cose. Non c’è fotografo femmina che non sia stata modella e amante di un grande fotografo maschio, mannaggia. Anche la storia “al contrario” di Gerda Taro La Ragazza con la Leica ci dice la stessa cosa sarà anche stata lei ad “inventare” Capa, ma in quell’ambiente è entrata e rimasta, al fianco dello zingaro ungherese, inviato di guerra per la Magnum. Inge Morath ha sposato Arthur Miller (separato da Marilyn Monroe), dopo essere stata allieva di Cartier Bresson: qualcosa vuol dire. Tina Modotti, la furlana povera emigrata a NY, sposa, a 20 anni, il nobile Robo, che la lascia vedova, appena arrivati in Messico. Posa per Edward Weston e diventano una coppia: lui la immortala in alcune foto divenute icone, più di quelle fatte da lei. La seconda cosa che voglio dire è che Udine potrebbe dedicare una sezione del Castello alla sua fotografa più nota, come ha fatto con i maschi, numismatici, archeologi, architetti. La Galleria Tina Modotti nell’ex Mercato del Pesce, è una sala per esposizioni temporanee (nessuna collezione Modotti). Visto che sono scivolata verso il femminile artistico, ci sta che vi indichi un indirizzo virtuale per le opere di Claudia, furlana doc (di Moggio), che dipinge da sempre, spaziando tra tecniche e linguaggi diversi. Spostandomi dal centro, verso la Stazione, capito per caso in una via di palazzine liberty o Deco: qualcuna è restauratissima, con bei fregi geometrici sotto falda. Quando  salgo in treno, ho già rivalutato Udine e decido che ci ritorno: girolare è una terapia efficace.