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Da agosto a ottobre 2023 Siena permette di vedere il pavimento del suo Duomo: una meraviglia mozzafiato. Innamorata da sempre di Guidoriccio di Fogliano che si reca all’assedio di Montemassi, affresco nel Palazzo Pubblico di Piazza del Campo, sono tornata a Siena nel 2018, in occasione di una Mostra sui Lorenzetti (Ambrogio e Pietro), che a Siena hanno lavorato e lasciato opere ovunque. Ho goduto di un Concerto dell’Unione Senese, tra Guidoriccio e la Maestà di Simone Martini: quei casi-della-vita che rendono i giroli speciali. Siena è una città giustamente famosa, bella bellissima e con una densità di capolavori-per-superficie che la fa superare Firenze. Chi va matto per il Palio (io no, mia sorella Ceta non ne perdeva uno), ha in mente il Campo, piazza unicissima, a ventaglio (o conchiglia). Sono blasfema e vi dico, quando siete nel Campo, andate a farvi un aperitivo a Sapori e dintorni che, per 5 euro (nel 2018) vi fa cenare a buffet, all you can eat, tra le leccornie della gastronomia Conad: rapporto prezzo-qualità-location senza pari. Naturalmente andate anche da Nannini (la famiglia della Gianna), con le vetrine di panforti impilati, nel Corso Banchi di Sopra. Siena è un forziere di tesori: dovunque andiate camminando, c’è meraviglia medievale o del rinascimento; dovunque entriate (Opera Metropolitana, Biblioteca Piccolomini, Civico, Archeologico, Pinacoteca, San Domenico, San Francesco, Basilica dei Servi) siete travolti da pitture e sculture: pareti intere con cicli magistrali; Madonne; angeli e sante di legno il cui sguardo vi inchioda; marmi nelle fontane e nei fonti battesimali, sulle portelle, nei capitelli. Inutile citare gli artisti, strafamosi nel mondo: Martini, Lorenzetti, Donatello, Ghiberti, Della Quercia, Pisano, Pinturicchio, Duccio, Ghiberti, di Giorgio Martini e Neroccio (per me una scoperta). Ma Siena è anche paesaggio e i Lorenzetti ne sapevano qualcosa, come Simone Martini. Sono quelle colline tutt’intorno, verdi o bluine; stagliate con chiarezza oppure sfumate dalle nebbie del mattino. 

Ero sempre stata turista giornaliera a Siena (da Firenze o dal mare toscano, o andando in Lazio e Umbria): nel 2018 dormo 3 notti all’Hotel Italia, essenziale e comodo, appena sbucata dalle due lunghissime rampe di scala mobile, che uniscono la Stazione FFSS, al piano, con la città antica, in alto. Così accedo alla Siena chiusa dalle sue Mura, camminando parecchio e la vedo immersa nel proprio paesaggio: quello degli affreschi. Capisco tante cose: le case gialle e rosse, i tetti di tegole, i campi coltivati, i cespugli e i fuochi delle cascine, i pioppi, le torri, il profilo strepitoso della fabbrica del Duomo, la mole di San Domenico. Son entrata per tutte le Porte, Camollia, Romana, Pispini, Tufi, Ovile, Fontebranda: ogni approccio un affresco diverso. Duomo e Battistero sono una coppia imbattibile, fuori e dentro, da Sindrome di Stendhal: sentirsi venir meno per la bellezza. Ed è vero: si è quasi inibiti dal calpestare i bassorilievi pavimentali, storie, personaggi, paesaggi di bellezza unicissima. La Strage degli Innocenti mi richiama Guernica, di Picasso. Per scendere dalle stelle, come non segnalarvi i panini speciali di Gino Cacino (piazza del Mercato), ma son buoni anche da Tè Kè Voi vicino al Campo e a Du’ cose da Berna dietro il Duomo. C’era una mescita vini, andando verso Porta Tufi, dove sono tornata più sere perché pareva che il turismo non ci avesse mai messo piede. Oggi non la trovo più e su googlemap vedo una saracinesca chiusa (sig).