Siviglia 2
AZULEJOS
Diciamo qualcosa dei “monumenti” sivigliani, celeberrimi. La Giralda, minareto arabo, simbolo della città insieme al moderno Parasol (brutto, secondo noi), è stata profondamente ripulita rispetto al nostro girolo del 1996. Anche la Cattedrale, vera e propria fortezza, ha riconquistato il color sabbia del deserto, in alcuni punti è addirittura troppo bianca. Entrarci, nella semana santa, impossibile. Per accedere all’Alcazar bisogna prenotare online (tutto esaurito fino a Pasqua), un atto di fede ma ci riusciamo. Confesso due cose: credevo di esserci stata (nel 1996) ma lo confondevo con l’Alhambra di Granada; non avevo capito che lo stile mudejar è una contaminazione dell’arte islamica nei territori cattolici (Girolo Espana 2). Viaggiare fa sempre bene, anche alle signorine Sotutto. L’Alcazar, il palazzo dei califfi musulmani e dei reyes catolicos è un trionfo di pietra ricamata, soffitti artesonados (a cassettoni), porte e scuri di legno intagliato e dipinto, colonne sottili, archi arabi de herradura (a ferro di cavallo); e poi azulejos azulejos azulejos, una marea, di secoli differenti, geometriche, floreali, calligrafiche. Alcune di loro sono talmente moderne da sembrare un disegno costruttivista. Purtroppo, a causa delle straordinarie piogge, sono inaccessibili i Giardini (dove ci sarebbe anche l’hammam di Maria de Padilla). La visita è un’immersione nella decorazione mudejar e nella dovizia di patios, due icone della Spagna di Al-Andalus. Dovrebbe dirci qualcosa che, per questo bagno di Islam, basta venire qui, in piena Europa.
Recuerdo de un patio
de Sevilla, un huerto
donde madura el limonero
ANTONIO MACHADO
ALLA SCOPERTA DI:
VERANDE E PATIOS
Devo citare due poeti andalusi: Federico García Lorca, nato a Granada e Antonio Machado nato a Siviglia. Erano autori prediletti da mia sorella e nella mia adolescenza sostituirono Prevert: ho sempre avuto questa immagine dell’Andalusia, un balcone con la tenda di sparto, pesante, arrotolata come un tappeto perché all’alba potesse entrare TUTTO il cielo dal balcone. Le prime fotografie, appena fuori dall’hotel di Alameda, sono delle verande in ferro, una vera specialità sevigliana: eleganti e coloratissime (vetri piombati), ma anche modeste e approssimative. Nelle poesie andaluse ricorrono i temi della città: il patio o l’huerto, che ha quasi sempre una fontana, una vasca; l’acqua ruscella e spruzza, canta. Nei patios più grandi ci sono gli agrumi: arance amare, pompelmi, mandarini, limoni, soli e oro. Mi viene in mente la parola MORBIDEZZA: morbide le tende di sparto arrotolate, morbide le arance cadute a terra, morbida la luce tenuta a bada perché altrimenti ti folgora, morbide le mantillas e gli scialli con sciupio di ricami e frange, morbide le figure muliebri desnude. Siviglia è morbida. I patios sono ovunque: nella nostra zona una porta su due è lasciata aperta, c’è un vestibolo coperto di azulejos, un cancello decorato, un patio più o meno grande secondo il lusso o la modestia della casa. Molte Case sivigliane si visitano come musei e danno una idea tangibile di com’era questa capitale, moravide, mudejar, real-cattolica: morbida e caliente, con lo scialle a coprire l’intero corpo, che si indovina desnudo. Sensuale come il flamenco. Que viva andalusia.
Vestida con mantos negros
se dejò el balcón abierto
el alba por el balcón
desembocò todo el cielo
FEDERICO GARCÍA LORCA
CASA DE PILATOS
Il vero tesoro di Siviglia è per me la Casa de Pilatos: nel rivederla dopo 28 anni, ho un accesso della Sindrome di Stendhal e piango. Mi ricordo me stessa, quarantenne, seduta qui, in tinta con gli azulejos: le ritrovo tutte, meravigliosissime, insuperabili, senza soluzione di continuità, ridondanti. Le fotografie si fanno da sole. Poi c’è la sorpresa degli huertos, semplici e lussureggianti, con le vasche, le balaustre gialle, i porticati rinascimentali, le colonne, i vasi da fiori con gerani. Vorrei qui mia sorella e Cecilia sorella elettiva. Non uscirei, da questa Casa. Ne visitiamo altre: Las Duenas, Lebrija, Fabiola, Pinelos, Salina. La Contessa di Lebrija ha pavimentato il piano terra con i mosaici provenienti da Italica (quando non era un reato), preziosi. Altri ritrovamenti romani vedremo sotto il Parasol, trovati proprio grazie al cantiere per erigere quelli che i sevillani chiamano I Funghi, las Setas. Sono una architettura infelice, non fosse che quando appaiono, in prospettiva, al fondo delle calli (alleggerite dalla luce), sembra che un gigantesco Alien sia atterrato in città, e protenda i tentacoli squamati tutto intorno. In alcune Case, oltre ad aver accumulato statue, cisterne, vasi, stoviglie, mobili, quadri e mosaici, i/le proprietari/e hanno raccolto manifesti d’epoca sulla Semana Santa e scialli ricamati. Non mancano palme, agrumi, piante africane, pelargonium, bouganville. E, naturalmente, verande di legno e di ferro, porticati quasi-chiusi; dappertutto molli tende di sparto, pronte a proteggere dall’estate caliente e forse, anche, da queste piogge.
MURILLO E ZURBARAN
La sede del Museo di Belle Arti è un ulteriore esempio di casa-palazzo, (nella sua piazza due vestiboli fanno adocchiare altri bellissimi patios privati, inaccessibili): ci stupiscono i crocefissi di Zurbaran, essenziali e toccanti, solo Cristo senza donne. Non amiamo Murillo ma riconosciamo alcuni quadri pregevoli, come le Sante che tengono in mano la Giralda. Ho ancora cose da raccomandarvi su Siviglia, il quartiere di Triana e di Cartuja e Santa Clara. Con il treno, da Santa Justa, siamo andati fino a Cordoba (dove non eravamo stati nel 1996) e devo parlarvi della Mozquita, uno dei luoghi più suggestivi che abbia mai visto (molto sopra le aspettative!!, raro ma capita). Quindi ci sarà un terzo Girolo Al-Andalus. Hasta luego.