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PERDERSI A SEVILLA

Stefano ed io torniamo a Siviglia, dopo 28 anni (era capodanno 95-96). È il primo viaggio che la Girolona racconta appena fatto: questo sito è nato in clausura Covid, per viaggiare da fermi, con i ricordi. Invece, da Siviglia siamo appena tornati. La memoria è forse troppo più viva: manca la decantazione. Ho cercato di fare come per NY, ho ordinato le 900 fotografie per giorni, per luoghi, poi per temi: gli azulejos, i patios, gli agrumi, le tortillas, le mantillas, le tende di sparto, i pasos. Innanzitutto, Siviglia è l’unica città dove abbiamo continuato a perderci: ci sono calli e callette, vi sembra di andare “sempre dritto” (come a Venezia) e invece state facendo il giro dell’isolato e vi ritrovate dove eravate partiti. Anche l’ultimo giorno, anche se avevo tre mappe cartacee, anche se ormai conoscevo i nomi: Sierpes, Francos, Feria, San Luis, Amor de Dios. Forse è un lascito moravide, una pianta che non è certamente romana (a scacchiera): all’improvviso vi appaiono la selva di guglie della Cattedrale,  le scaglie del Parasol, il ponte di Calatrava, la Torre di Pelli. Ah, qui siamo!! (pensavamo di essere altrove). Molto difficile acquistare le tarjetas turistiche di Tussam: 3 giorni in bus a 10 euro, nessuno le vende, tutti le sconsigliano (perché???). Con un bus preso a caso, finiamo oltre il Guadalquivir, a Turrunuelo: la coda dell’occhio coglie un Mariscos Emilio, locale improbabile che serve pescato freschissimo (crudo). La location e il servizio lo penalizzano, ci  sembra la mensa di una casa di riposo, ma il pescato è superbo. Non abbiamo seguito i consigli della Lonely Planet (Rinconcillo, Estaba, Cañabota, El Pan Fresco, Casa Vizcaino erano sempre strapieni): perdendoci per le calli, abbiamo frequentato “i bar con gli omenassi”, come li chiamo io, dove c’è gente qualunque in piedi, a qualunque ora e solo se acepta dinero en effectivo (no credit card). Hanno vetrinette anni ‘50 e le tapas nelle vaschette di metallo o traboccanti di bocadillos appena farciti. Se Parigi è una crepe (Girolo Parigi), Sevilla è una tortilla di patatas: ne trovate di qualunque spessore e doratura, soli trionfanti che gialleggiano h24.

ALLA SCOPERTA DI:

Se Parigi è una crepe, Sevilla è una tortilla di patatas: ne trovate di qualunque spessore e doratura, soli trionfanti che gialleggiano h24.

ALAMEDAS DES HERCULES

Ho scelto un hotel senza capire che era nel barrio Macarena: un tempo malfamato ed ora di movida inesauribile, popolare e giovanile; ci arriviamo all’una di notte col taxi e sembra di essere allo stadio. Esiste un gerundio alamedeando  che indica proprio questo. La nostra camera si apre su un patio arredato con le giare e due fontane a stella: unico neo la finestra un po’ troppo alta, come nei magazzini. Ho scoperto, dopo, che l’Hotel Sevilla Tower (quella di Pelli) ha finestre panoramiche da sballo (la prossima volta!). La nostra posizione è ideale per girolare tra la Feria (dove c’è un mercato, si può mangiare il pescato sui banconi di metallo), la gigantesca piazza di Alameda, S. Juan de la Palma, la muralla almoravide, Santa Clara, il Guadalquivir verso Barqueta. Alla porta di Macarena c’è un locale, l’Arco, al top della tipologia omenassi: ottimi espinacas con garbanzo, una specialità locale, insalata di Kiev (che sarebbe russa) col sacado (quel che resta nelle reti da pesca). Il “nostro” bar diventa Las Columnas in Alameda, gigantesco e molto pop, luogo di desayuno per anziani locali e turisti in famiglia: cafè, zumo fresco, tortillas, montaditos fragranti col tomate crudo o col queso, col jamon; croissant aperti a metà con dovizia di mantequilla (burro). Sul muro e sulla saracinesca grandi affreschi erculei. Il cameriere ci adotta e ci dice “lo de siempre, no?!”: in 11 giorni diventiamo clienti abituali, a casa. Un altro tema sevillano sono le saracinesche decorate: anche quando la città è chiusa e deserta, resta allegra e dialoga, polipi, pop star, semidei e senoritas desnude. In 11 giorni abbiamo preso il 66% delle piogge annuali di questa città che in estate tocca i 52°: un vero fastidio, che non è riuscito a frenarci e forse ci ha dato l’alibi per una sosta di tapas e una copa de vino tinto o una caña (birretta), in più.  

LA SEMANA SANTA

Sicuramente iconico di Sevilla, è il delirio della settimana di Pasqua: 8 giorni di sfilate da tutte le parrocchie cittadine dei poses, i carri, con le raffigurazioni statuarie della Passione e della Vergine. Ci sono oltre 70 confraternite, con decine di migliaia di affiliati: alcune migliaia di loro portano a spasso fino alla Cattedrale (Porta del Palo) almeno due pasos. 40 uomini si infilano sotto il carro e dondolando ritmicamente, sfilando: spediti (si fa per dire) nei rettifili e titubanti nelle curve. A semana finita abbiamo visto i portatori “allo scoperto”, sotto i carri che tornano alle chiese d’origine: si sente lo scalpiccio ritmato, che nella processione è coperto dalla banda. Oltre ai musici, in processione, ci sono frotte di Nazareni, penitenti incappucciati con coni da mago in testa e il viso coperto da cappucci con i fori per gli occhi. Non avete idea di cosa sia Siviglia in questa settimana: maree di popolo si riversano nelle calli delle sfilate (in genere di pomeriggio e notte, all’alba madrugada), i balconi delle case coperti di drappi rosseggianti, lunghe foglie dorate che richiamano le palme, immagini sacre dipinte su teleri. In TV, h24, passano en derecto le processioni. Girolando a piedi siamo riusciti ad entrare in qualche chiesa e vedere i pasos prima che partissero: le statue sono popolari, le scene retoriche, i Cristi nudi o troppo paludati, i soldati romani con pennacchi di piume, le pie donne in pianto. La Vergine ha un proprio carro a parte ed è sola con un manto a strascico che sborda dal carro: il viso dolentissimo, talvolta le lacrime in rilievo lo segnano come acne, gli occhi sempre atterriti anelanti al cielo. Ho capito a Siviglia a cosa servono i giganteschi pettini da acconciatura, alti 30 centimetri, che sembrano intagli mudejar: reggono la mantilla di pizzo che scende fino alle cosce, nera il venerdì santo, bianca la Pasqua di resurrezione, color crema la domenica dei Rami (palme). Posto che ogni processione arriva alla Cattedrale, ci andiamo anche noi, ma nel prossimo Girolo (Siviglia 2).