SALISBURGO E MONACO
SALISBURGO
Nel Girolo Vienna vi ho detto che Stefano ed io sconfinavamo abbastanza spesso, in Austria. Si arriva a Tarvisio e si scavalla, verso Klagenfurt e poi Linz o Lienz, a seconda della destinazione finale. Di mezzo trovavamo sempre un See, un piccolo mare cioè un lago. Una volta erano Maria Saal e Maria Worth, un’altra era Velden. Ci sono tornata con la Giò, in un lussuosissimo Schloss. Quando andammo a Monaco con Andrea e Sandra, ragazzini, sostammo a Millstatt sul Millstattersee. Quell’anno (1989) la nostra meta era Monaco in Baviera, ma facemmo sosta a Salisburgo, dove Stefano ed io, da soli, eravamo stati nel 1980. Ci era parsa molto graziosa, Salisburgo, un po’ avvolta dal fascino Mozartiano: andammo ad un concerto in un cortile di Palazzo, ma in giro suonavano tutti, giovani e meno giovani, qualunque strumento, per le strade. La ricordo ricolma di pasticcerie e confetterie leziose (imperdibile la vetrina di Shatz), un po’ pittoresca per il suo castello lassù, nelle cui grotte coltivavano funghi. Strapiena di insegne in ferro battuto “tipicamente austriache”, anche se si trattava di MacDonald o di un ristorante China. Una fuga romantica, la nostra, tra meringhe rosa e champignon impanati con la salsa tartara: poetici e materialisti. C’è una fotografia diventata icona, di Stefano a Salz, con una camicia Carrera a righe blu e celesti, bellissimo, come era dal vivo. Nove anni dopo, Salz ci sembra molto meno magica e dopo di allora ho persino paura di tornarci e di trovarla cartolina. La prima volta ero stata colpita da una teoria di ville contemporanee lungo la Salz, in lussuosi giardini; ma c’erano anche orti urbani che ricordavano quelli dalmati. La seconda volta alloggiavamo lungo la Salz, senza alcun lusso: una penzion spartana. Ci rifacemmo con i meravigliosi panini speziati (messi in conto a pezzo) e le fette di torta da fumetto, cinque strati con crema, mille calorie. Materialisti e soddisfatti.
ALLA SCOPERTA DI:
MONACO
Il paesaggio, dall’Austria alla Baviera, si spalanca. La penzion bavarese è quasi-periferia, dove sta nascendo la cittadella delle Poste, non lontano da un rinnovo radicale della Stazione Ferroviaria. Intorno erano strade qualunque, con ristoranti greci o etnici, mediocri alberghi, grossisti del tessile, negozi dall’aspetto slavo. Avevo, all’epoca, l’abitudine di svegliarmi all’alba e andare a girolare da sola, prima della colazione: l’ho ereditato dalla Giò. Il centro, a Monaco, è racchiuso da una specie di ring imperiale, con le Porte: Andrea dice che gli ricorda Atene, chissà perché. Anche la Neuhauser strasse, anche il Dom con la Torre-Orologio mobile, restano il cuore di un “grande paesone”, forse è questa la cifra bavarese, anche se Monaco è una metropoli. Solo a sud della Neuhauser c’è un cuore del cuore abbastanza pittoresco (Sendlinger?), con case affrescate e turrite ed una porta urbana in foggia di castello. Ci piace anche la zona di Viktualien, il mercato. Le zone dei Musei, che meritano il girolo, sono di nuovo qualunque. Ma la Alte Pinakothek è favolosa e il quartiere di St. Anne è elegante e piacevole, sembra la periferia di Salisburgo. Quell’anno a Monaco c’è una Mostra sul Blaue Reiter: una messe di Kandinsky e Klee che NON abbiamo ancora visto, basterebbero i cavallini blu che scendono dalla collina. E poi c’è Macke (visioni della Tunisia) e c’è Gabriele Munte che non era solo la compagna di Kandinsky. Per non essere né Londra, né Parigi, né NY, Monaco ha pinacoteche superbe: ci sono dei Klimt che mancano a Vienna e c’è Nolte che io adoro. Mi è rimasta in mente una cena al Vietnamita (Tam-Nam?), che ci parve una alternativa esotica ai cinesi di Venezia: al tempo, Sandra e Andrea gradivano banane caramellate, che Stefano sapeva fare. Lì presso ricordo la vetrina di un Ottico che mi aveva colpita (sono passati 36 anni!): esponeva albarelle di vetro da farmacia, piene di acque inquinate. Venivano da diversi See e le didascalie spiegavano agenti inquinanti e loro concentrazione%: l’effetto era di sfumature verde-azzurro-grigio-marrone, un bel quadro surrealista. E’ stato uno dei miei rari viaggi senza macchina fotografica; le foto di Monaco sono del 2009.
RITORNO A MONACO 2009
Ci siamo tornati, da soli, Stefano ed io tra 2008 e 2009, un capodanno freddissimo. Era irriconoscibile Monaco e girolare era davvero impervio, tra fontane con le stalattiti e pavè sdrucciolevoli. E’ l’unica volta che ho visto mio marito coi guanti di lana (e il montone di suo padre). Per fortuna c’era il Viktualien al coperto e continuavamo a bere grog e punch. Poi andammo fino a Nymphenburg, residenza dell’Imperatore, molto raccomandata dalle Guide, un tipo di attrazione che noi non amiamo. Sotto la neve, quasi deserta, è stato affascinante: il gigantesco lago ghiacciato su cui affaccia, la rende bella, cosa che non è. La foto di Stefano con l’ombrello della pace segna il passaggio del tempo (e del clima) dal 1980: sempre bello, ma non più ragazzo Carrera Jeans. Moltissime fotografie di quel capodanno sono dei nuovi edifici di BMW (brutto) di Mercedes Benz (meno brutto) e di quella zona di Monaco destinata agli headquarter dei marchi nazionali. Ma, resta un fatto che a Monaco si va per rifarsi occhi e anima alle Pinacoteche. Non ricordo niente dell’hotel 2009 a Monaco; invece resta una nostra icona un hotel di Landshut (che ha un cuore pittoresco di case colorate), non è distante e ci eravamo dormito in precedenti viaggi tedeschi (Berlino?): all’epoca ci parve lussuoso soprattutto per la colazione a buffet cui non eravamo abituati. Materialisti e imborghesiti.
A Monaco si va per rifarsi occhi e anima alle Pinacoteche
COSÌ VICINE, COSÌ LONTANE
Non se ne abbiano a male i cugini ‘striachi, se ricordo poco di Linz e Lienz (a maggio ‘89 con Giò): non le confondo quando sono lì, ma a memoria non so mai bene dove collocarle e come distinguerle e dove c’è cosa! Ci si passa, andando altrove, o tornando. Mi ricordo, invece, di Badgastein, pittoresca località termale, dove abbiamo fatto tappa diverse volte, anche solo per sederci a pranzo. Mi ricordo Steyr molto più a nord (verso Vienna, Praga e Dresda) che ci stupì per la sua piacevolezza, anche se è stata una sosta tecnica, di rientro in Italia e diluviava. Mi ricordo Hall im Tyrol, vagamente. Mi ricordo abbastanza bene Innsbruck dove andai con mia mamma Giò: la trovai vagamente salisburghese e amen. In Austria o Germania, poi, nei magazzini di drogherie, compravamo i primi occhiali da lettura, a meno di 1 euro, perfetti: la catena si chiama Rossmann e in Italia non è arrivata (come LIDL e MD). So che la girolona NON rende onore all’Austria, eccetto Vienna: questo girolo misto, stra ‘striaci e crucchi, è un parziale risarcimento. Con la Germania ho minor debito, perché ci sono Berlino, Dresda, Lipsia, il Baltico, il Bauhaus a Dessau, Francoforte, Oberammergau. Dovrei parlarvi però di Norimberga (Durer), di Ratisbona (Cattedrale), di Heidelberg. MA sono state tutte toccate-e-fuga, non oso raccontarvele come se le conoscessi. Di Kassel posso dirvi di esser stata a Documenta (IX?) e di aver scoperto lì i primi lavori di videoart: ricordo un filmato su Ungheni, stazione ferroviaria dove operai (tipo Maleviç) sollevavano treni dai binari occidentali per spostarli su quelli orientali, perché non avevano scambi. Lo facevano con le mani, indossando guanti gialli come quelli di Topolino: era una performance eccezionale, non so se opera d’arte. Ho sempre dubitato dell’arte filmata: ritengo che si tratti di “corti” e andrebbero visti nelle kermesse cinematografiche, non nelle esposizioni di arti figurative. Ma non c’entra con la mitteleuropa. Penso che oltre-confine si potrebbe girolare di più: qualche escapade, sia nei piccoli posti (sui See o dentro le Wald), sia nelle cittadine “minori”, le quali spesso sono sede di Musei contemporanei insospettabili (Girolo Garda 1), come Karlsruhe. Adesso che le lenti da lettura sono indispensabili, potremmo fare scorta di occhiali!!