ROSAZZA
IL SENATORE FEDERICO
Mi spiace che Rosazza sia assurta alle ribalte televisive per la pistoletta di Capodanno 2024. Merita altro e i miei numerosi giroli in Valle Cervo, al Sarv, rendono meglio l’idea dei luoghi, rispetto alle cronache deprimenti. Ogni volta che, a Biella, esco senza sapere dove andare, per un girolo all’impronta, finisco in Valle Cervo: vuoi a Sagliano o Miagliano, vuoi ad Andorno, vuoi al Santuario di San Giovanni, alla Galleria, fino a Piedicavallo dove il Biellese finisce contro un muro, letteralmente: da lì solo mulattiere, verso il Lago della Vecchia. Mologna, Cresto e Bo (senza l’h). Ma parliamo un attimo del senatore Federico, cognome Rosazza Pistolet (come non notarlo, ora!), più autoctono non si può: siamo alla fine del XIX secolo, senatori dell’Italia appena fatta. Esiste addirittura un personaggio ispirato proprio a lui, Rosebund, in un film The Broken Key, del 2017: lo interpreta Cristopher Lambert (acci), in compagnia con Rutger Hauer, Kabir Bedi, Franco Nero e Geraldine Chaplin (acci). Rosazza è una delle location del film. Anche nell’estate 2023, durante Fuoriluogo, Luca Scarlini lo ha evocato per via del suo esoterismo, per l’adesione alla Massoneria, per la statua che Bistolfi (cui era dedicata la passeggiata al Cimitero di Oropa) gli ha fatto. Un monumento proprio in centro paese a Rosazza, dal quale Federico vigila sui concittadini, uno sguardo particolare alle architetture neogotiche, volute da lui. La Chiesa, i portici del centro, la villa castello turrita, lassù infilata in un canalone laterale, lungo l’affluente del Sarv, Pragnetta, verso il Colle della Gragliasca (e i Tre Vescovi). Alle sue spalle, invece, di là dal Sarv e verso Biella, il Cimitero, anche quello eretto per volontà del senatore. Non le trovo belle, le architetture di Rosazza per Rosazza: è un neogotico grossier, forse troppo invadente per un paesino di valle, con le sue graziose case qualunque, le ringhiere, i tetti d’ardesia, le persiane. Ci sono, per contro, alcune belle ville a Rosazza, di altro stile: qualcuna decorata in facciata (come fosse austriaca), con greche geometriche o volute barocche; bei cancelli che chiudono giardini all’italiana; belle terrazze che si affacciano alla valle. Nel complesso, però, neogotico, ottocento signorile o case di quasi-montagna, Rosazza è un luogo amabile, silenzioso, tranquillissimo. Credo che detesti finire in TV per sparacchiate altrui (infatti i biellesi tacciono, anche perché la pistoletta era di un ranaro vercellese). Nel campo visivo del senatore Federico sta anche un giardino pubblico, bentenuto e frequentato d’estate, che ha un ristorante su-e-via, che serve tavoli all’aperto. Tutti in valle fanno la polenta col formaggio, nella speciale foggia che si chiama il Mojo (il bagno), una crema di toma che “mette a mollo” pallotte di polenta: squisita. La si mangia, a Piedicavallo, al Gatto Azzurro che fa anche la borragine impanata, superba; o alla Rosa Bianca.
ALLA SCOPERTA DI:
DOVE FINISCE IL BIELLESE
Andando per Lavatoi e per Galliari, vi ho già portati a Miagliano, ad Andorno e a San Paolo Cervo, oltre che a Campiglia e all’Asmara. Forse non siamo mai arrivati fino alla fine del Biellese: un muro che chiude la carrozzabile e stop; proseguono a piedi i camminatori e gli alpinisti, non i gatti di piombo. Piedicavallo è ancora più amabile di Rosazza, secondo me: nessuno ha voluto arricchirla con monumenti, rimangono le case originarie abbarbicate alle pareti della Valle, essenziali, salvo qualche rara cornice di pietra a porta o finestra (con la data). Qualcuna ben tenuta, altre lasciate andare come capita: c’è anche una villetta liberty, garbata; la Chiesa è in alto e sotto c’è il Lavatoio. In estate i bar sono aperti per i villeggianti (sissì, ci sono e vengono anche da Milano), per gitanti e nonni coi nipoti. Scendendo verso il Sarv, in uno spiazzo a prato (erba ispida da montagna), trovate una curiosa e deliziosa giazzera (la ghiacciaia), dove si tenevano neve e ghiaccio, staccati dalla montagna: una cosa favolosa, ormai, in tutti i sensi. Lì presso un casotto fa da bar, coi tavolini all’aperto: è del nipote di chi ha costruito per primo un ponte a due campate irregolari, molto singolare, era fine ottocento ma la tipologia sembra romana. Solo pedoni e cavalcature, per andare sull’altro versante della valle. L’ultima piena del Sarv lo ha demolito ed è stato prontamente rifatto dov’era e com’era, complimenti. Nel scendere da Piedicavallo, a fine 2023, non ho potuto non fotografare per l’ennesima volta il torrente che ha un fascino magnetico. Sui pietroni del letto, ho individuato fino a 8 “facce”, tra umani e animali: addirittura un elefante di profilo, che beve con la proboscide. Nessun animale pericoloso, che suggerisca di andare in Valle Cervo armati di pistoletta.