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LA FRONTIERA

È merito di un mobiletto da bagno, anni Sessanta, se ho scoperto quanto grande era l’URSS. Cercando una mappa geografica, tra quelle che mia Zia Fil, Professoressa di Geografia Economica, aveva conservato: l’unica abbastanza vasta e unitaria per foderare le orride portelle in formica azzurrina, era quella dell’Unione Sovietica. Uno sterminato territorio, uniformato nei colori, anche se rimanevano i nomi delle Repubbliche Socialiste: asiatiche e con la desinenza “stan”, europee variamente composite, Ucraina, Moldova, Bielorussia e vai. In Ucraina ero stata nel 2008, a Odessa (Girolo Odessa) e avevo colto, da turista idiota, una qualche dissonanza all’interno della Repubblica indipendente: adesso sento dire che è sempre stata una enclave russa, frequentata dai Russi in vacanza. Ecco perché quel lusso placcato, tutti i restauri color fiaba sulle case della Ekaterina, Nicole Kidman che promuoveva gli Omega e Massandra, rivendita di vini pregiati della Crimea, scoperti dall’Enologo dello Zar, Principe Galitzine. Ecco perché il mio magnifico scialle con le rose era artigianato Bielorusso. Sono quei dettagli che restano subliminali, finché una Guerra non ti sbatte in faccia le contraddizioni. Mi era già successo con l’ex Jugoslavia, della maledetta Narenta (Girolo Mostar). Quando ho detto al Mau, “ma la Russia è immensa!”, lui prontamente mi ha segnalato il libro di Erika Fatland (Norvegese) che si chiama La Frontiera ed è un viaggio, interessantissimo e coinvolgente, ai bordi dell’ex URSS. Guarda il caso, parte da Nord e tocca tre città dove per caso sono stata: Varsavia, Tallin e Riga. Quindi, durante la Guerra in Ucraina, mi viene da rifare il viaggio ai bordi dell’ex URSS e vi propongo 3 giroli che chiamerò La Frontiera. Come secondo libro di compagnia prendo la Trilogia Siberiana di Nicolai Lilin, che ho letto quando la mia amica Biagiarelli (Girolo Ponte di Mostar) ha concepito un lavoro teatrale sui Cecchini: mi ha detto “dai Isa, tu che leggi tutto, trovami materiale sui cecchini” e io, che leggo tutto, ho scelto Lilin. È una scoperta che non avrei fatto perché non amo storie feroci: lui è abile, affascinante e abbastanza feroce, quello che serve per spiegare un mondo a noi occidentali alieno. Soprattutto Caduta Libera (il ritorno a casa dei cecchini) andrebbe letto, tanto per non rimanere troppo anime belle. I miei giroli nei paesi lungo la Frontiera sono stati del tutto amabili, per nulla feroci, comodissimi, “per signorine Occidentali”: le uniche avventure sono state un po’ di ghiaccio e il carcerato sul tram di Tallin. Restate con me, non cambiate canale!

ALLA SCOPERTA DI:

CRACOVIA 1998

In Polonia, a dire il vero, ero stata prima del 2012, nell’ottobre 1998. Lo ricostruisco perché c’era un Convegno WTO, World Tourism Organization a Cracovia, dove avevano accettato un mio paper (come si dice) sulle Professioni del Turismo, Empleio en el Turismo, hacia un nuevo paradigma (il WTO ha sede a Madrid e spesso parla in spagnolo). Di Cracovia, purtroppo, ricordo pochissimo e non ho fotografie (!!!), perché nel viaggio di andata (rocambolesco a causa del gelo sulle piste aeroportuali e sulle autostrade), la mia fedele Olympus OM-10 si era ibernata (le batterie, forse) e non avevo trovato una usa-e-getta per sostituirla. Il volo da Vienna per Cracovia era stato dirottato su Katowice e da lì, di notte, con un bus ibernante avevo raggiunto l’Hotel verso l’alba. Direi che fosse in una prima periferia, forse era il Forum, monumento sovietico che aveva vissuto tempi migliori: ho un flash raggelante dell’edificio, ma forse era la situazione. Con perentorietà sovietica mi dissero che la prenotazione era scaduta (erano le 04 AM): io posai la mia borsa nella hall, come se piantassi una bandiera. I will sleep here, on the floor dissi: non avrei fatto un metro in più, nel gelo di fuori. Chiamarono il Direttore e mi trovarono subito una stanza libera. A Cracovia, che dicono essere bella, ho frequentato l’Opera Nazionale (dove si svolgeva il Congresso WTO) e le Miniere di Sale (di  Wielitczka appena fuori città). Facendo la girolona solitaria e disertando i Gala del WTO, mi intossicai con delle falafel in un Jazz Club troppo alternativo, procurandomi una indimenticabile dissenteria. I bagni dell’Opera Nazionale sono lussuosamente d’antan e mi spinsero a stabilirmi a teatro, quando non ero in hotel. Ricordo l’edificio Sukiennice (?) che mi ricordava il Palazzo della Ragione di Padova (meno bello) ed una Chiesa che aveva delle cupole laterali, come il Duomo di Treviso (forse era Santa Barbara). Per il resto bicchieroni di limonata. La scoperta che il popolo polacco adora la Musica, è dovuta alle falafel: per tre sere, trovando posto solo in piedi (!!) ho seguito il Krzysztof Penderecki Festival, lui è un compositore celebre, ma non per me. Durante il Festival, dirigeva la Sinfonietta di Cracovia (nata nel 1990), oppure  la Filarmonica di Monaco o la Bach Academy, robette così. Benché le composizioni di Penderecki siano tostissime (Requiem, Canti per Hiroshima e vai), intervalli di Dvorak, Szostakowicz e Beethoven mi ripagavano dello stare in piedi, il che dà la misura di quanto bene suonassero. Ricordo di essermi commossa ad una esibizione di violini “pizzicati” (Bartok) e del trasporto che il loggione polacco tributava ai propri musicisti. Tra il Teatro Slowacki e il mio hotel ho comperato un torchon di ambra del Baltico, che forse era plastica, ma bella ed un paio di scarpette di pelle intrecciata. Quanto alle famose ceramiche polacche ho dovuto attendere il 2014, quando siano sconfinati da una cittadina tedesca, Gorlitz, nella sua parte polacca Zgorzelec, in una rivendita di ceramikawiza.com. Per dire che è un attimo passare un confine, quando puoi ignorarlo.

Ricordo di essermi commossa ad una esibizione di violini “pizzicati”

WARSAW 2012

Dicono che Cracovia sia più amabile di Varsavia, Capitale poco proposta come destinazione turistica. Fedele al mio ruolo di bastian cuntrari, eccomi a girolare per Warsaw. È il 2012 e ci sono per un Progetto UE, lo stesso che mi ha portata sul Lago con 5 consonanti, in Wales, (Girolo Great Orme). Warsaw la dividerei in 4 parti: quella storica, completamente o quasi rifatta, dopo i bombardamenti della WWII; quella centrale, un melì melò post barocco, neoclassico e sovietico, con il Wielky Teatr e la Torre della Scienza; quella dei Cimiteri, Cmentzar, sepolti (scusate il gioco di parole) sotto la neve; quella periferica dei palazzi nobiliari coi loro giardini (ho fotografie di un Palazzo Lezinsky, giardini all’italiana e canali ghiacciati, spazzini). Mi accorgo, a distanza di 10 anni, guardando la Cartonville del TCI, che ho ignorato gran parte di ciò che c’è “da vedere” a Varsavia, cafeterie, ristoranti, negozi, musei e monumenti: anche questo non dovrebbe stupirvi, se seguite lagirolona.it. Ho la scusa che ero lì per lavoro e, per fortuna rispetto a Cracovia, non avevo la dissenteria né mi si è congelata la digitale (una Canon tascabile, tra la Olympus OM-10 e la Nikon D3200).

STARE MIASTO NOWE MIASTO

Tutta ricostruita, dopo i bombardamenti del 1944, la cittadella di Varsavia, con le Piazze del mercato vecchio e del mercato nuovo, era un presepe attorno all’albero di Natale (appena passato). Io avevo alloggio al Radisson Blu Sobieski e dovevo costeggiare un vasto Parco Ogrod Saski e lasciandomi a destra la Strada Reale (Sobborgo Cracovia) e la Marshall St. In Stare Miasto ci andavo ogni giorno, perché lì era la sede del Progetto UE, sulla Piazza presepe, dove ci incontravamo con gli altri partner. Poi, finite le sessioni, abbandonavo tutti (come al solito) per girolare indisturbata. Ci si ritrovava la sera, per cenare in amabile compagnia: per lo più in un posto del centro, due passi dal Wielki Teatr, non mi ricordo il nome. Lì ho scoperto i pierogi, vero monumento polacco: i ravioli di qualunque ripieno, conditi quasi sempre con la panna acida, che in Ucraina chiamano vareniki (alla russa!) o pelmeni. Un piatto gustato in quel locale, è rimasto celebre per l’originale squisitezza: le costine marinate e cotte col Mead, liquore alcoolico di miele (una specie di grappa, che in Croazia chiamano Medenica). 

Ricetta tratta dalla raccolta "Servizio da tavola"

Sempre facendo perno in Stare Miasto, ho girolato nella cosiddetta Nowe Miasto, città nuova. Scopro interessanti decorazioni ad affresco, su alcuni edifici: una sirena catturata da due pescatori (che sembra Deco), dei giocolieri di un circo. Mi ricordano la grafica sovietica di Malevic e Moser), un po’ Fidia, cioè i futuristi italiani (Girolo Biella 900). Leggendo le foto, vedo che sono del 1960 (!!), restaurati nel 1975: che cantonata!!! Lo stile, però, è quello degli anni Venti e sono deliziosi, anche se non segnalati dalle Guide. Passando la Vistola, sono stata nel Quartiere di Praga che la Guida segnala come alternativo e trendy, un luogo emergente nel 2011. Non mi ricordo niente di speciale: un qualunque sobborgo europeo, baltico-balcanico, se posso dir così: palazzoni di appartamenti, cafè con terrazza lungo i viali, botteghe artigianali nei piani terra. Per fortuna ci sono le fotografie, che rendono giustizia alle Miasto di Warsaw, perché senza di loro avrei dimenticato. Ricordo bene, invece, che mi sono impuntata per andare al Wielki Teatr, memore dell’atmosfera di Cracovia e dell’amore polacco per la Musica: non è patria di Chopin per caso! Ho prenotato qualcosa che aveva a che fare con Pierino e il Lupo, in cui la voce recitante era Daniel Olbrychski, celebre attore di Wajda e non solo (di von Trotta, Jancsò, Mikalkov, Zanussi). Come accade spesso quando l’aspettativa è grande, il Wielki di Varsavia non mi ha emozionata come l’Opera di Krakow e Olbrychski non era più così fascinoso come in  Paesaggio dopo la Battaglia. Lui è ancora vivo (ha 77 anni), mentre il Maestro Penderecki è morto nel 2020.

CMENTARZ

Indimenticabili i due giroli nei Cimiteri della capitale: dalla parte opposta a Stare Miasto, rispetto al mio Radisson Blu, oltre il viale intitolato ad un polacco famosissimo, che è Woityla. Sapete che mi piacciono i Cimiteri (Girolo The Glaswegians), ma questi di Warsaw sono stati un’esperienza speciale: era nevicato tutta la notte e le tombe erano a loro volta sepolte, solo alcune steli e alcune cupole verde rame emergevano; alcune figure di pietra, con le ali (non tutte), le corone, le spade, le fiaccole, le trombe del giudizio, i libri aperti in mano. Il silenzio era siderale, nessuno in giro, se non i corvi e qualche custode stupito dalla mia presenza che mi raccomandava, bruscamente, qualcosa che non capivo. La pace eterna, sotto un cielo indifferente. Fuori dai sentieri principali, procedevo con i miei scarponcini Superga: la neve era soffice, farinosa, mi lasciava avanzare come nel fieno fresco, quasi senza bagnarmi (o così ho creduto finché non mi sono ritrovata zuppa fino all’inguine). Ricordo di essere anche caduta, inciampando: per qualche minuto, stampata nella neve come un fumetto, rischiando di ibernare la Canon.

NOBILI, ZAR, COSACCHI E SOVIET

Ho altri tre flash di Warsaw, che non avrei senza le fotografie. Il Palazzo Lazienki è una tipica residenza reale del tardo Settecento: ha un parco alla francese (Girolo Paris Ouverture), organizzato insieme ad una rete di canali artificiali. Un classico, come se ne trovano a decine se non centinaia, in Europa: traccia evidente del passato nobiliare, nelle nostre Capitali. Qui si tratta di August Poniatowski ultimo re di Polonia e Lituania (a proposito di confini dell’URSS). Messo a fuoco il Passato Reale, passo alla traccia del periodo Sovietico, il monumentale grattacielo (solo 30 piani!!) detto della Cultura e Scienza del 1952, uno stereotipo assoluto, che si confonde con qualche veduta moscovita (a Mosca non sono mai stata), forse la Pravda. Ho pagato la salita in ascensore (d’epoca) alla terrazza belvedere. Il panorama non lo ricordo, forse nevicava e Varsavia era una poltiglia grigiastra, indistinta dietro i fiocchi. A guardare sulla mia Guida DK (quelle zeppe di fotografie, che ti fanno vedere dove gli altri solo raccontano), dentro il palazzo sovietico c’è ogni cosa: palestre, musei, cineteca, sala congressi, teatri, librerie. Tornando verso il mio Radisson, percorro tutta la Marshall st., ben illustrata dalla Guida DK, dove ci sarebbero “le cose da visitare”, cafè in cui sostare, botteghe. Confesso di aver ignorato quasi tutto: forse ho messo piede nel Palazzo sede del Museo Chopin, stile “italiano”, ma non ricordo nulla. Le Chiese (la Trinità, lo Spirito Santo e San Casimiro) le ricordo esclusivamente perché vedo le foto, 10 anni dopo. Vi ho già tediato con questa faccenda del “rifare i viaggi stando a casa”, ma è proprio un bel gioco. Vedo solo ora, nei miei scatti, la carrozza a cavalli che avanza nella neve, il negozio di Cafè Pozegnanie Z Africa, il Cafè Bristol, lo Stadion per i Mondiali di Calcio 2010 (Polonia-Ucraina, sempre per restare in tema di Frontiera); altre cose così, segnalate per i turisti.  Rifare, stando ferma, i viaggi in Polonia, mi ha portata a leggere due romanzoni: Col Ferro e col Fuoco di Sinkiewicz (polacco, nato tra Varsavia e Leopoli) e Sotto gli occhi dell’Occidente di Conrad (polacco, nato Korzeniowski, vicino a Kiev). Non posso non proporvi la mappa del Regno Polacco-Lituano che apre Col Ferro e col Fuoco: comprendeva nel Secolo XVII anche tutta l’Ucraina (tranne la Crimea che era Ottomana) ed era terreno di feroci battaglie tra cosacchi zaparogi d’oltre Dniepr, tatari della Crimea, gran russi del Don, nobili polacchi, lituani e tedeschi, per non farci mancare nessuno. Quello di Sinkiewicz è un romanzo, ma qualcosa ci fa capire degli atti veri. Quanto a Conrad, mi affido ad una citazione: è impresa vana per il nostro contaminato spirito europeo, cercare di capire certi atti russi; diventato Occidentale (come Lilin), il polacco d’Ucraina, ci dice che la schiettezza russa diventa cinismo, nella ricerca di atti sublimi. Poveri noi. In una scena clou del romanzo di Conrad, i cospiratori russi in Svizzera, hanno sul tavolo una mappa che lo copre completamente, come il mio mobiletto di fòrmica: la parte azzurra e luminosa rappresenta l’acqua, cioè le province Baltiche, nelle quali si stava preparando una insurrezione. Vi ci porto, sul Baltico, nei prossimi Giroli, I due cuori di Tallin e Baltico d’Ambra. Sempre lungo la Frontiera russa.