PIATTO E PETTINENGO
IL BIELLESE È UN ARCIPELAGO?
Dice Avallone (intervista su Youtube 2022, con Pistoletto) che Biella è un’isola ci arrivi solo se veramente vuoi o se, come lei e me, ci ritorni dopo aver migrato. Se guardo il Biellese dal suo Balcone, che è Pettinengo, precisamente da Villa Piazzo, ora cafeteria e bar per aperitivi gourmet, sì: le isole Biellesi navigano nel Mar Caligo, tra Golfo delle Baragge e Golfo dei Baroni e non sono nemmeno sempre visibili, come capita in navigazione. Alcune fotografie di frazioni, salendo o scendendo tra Pettinengo, Bioglio, Valle San Nicolao e Piatto, confermano questo flottare: se non nel turchinicchio delle brume, nel verde-ombra dei boschi. Cito un altro scrittore, Nico Orengo:
quando si scrive, l’Io è qualcosa di ingombrante, di gommoso, facilmente lacrimevole
Il mio Io, che è stato ragazzino tra Piatto e Pettinengo, ha la commozione in tasca ed è più appiccicoso della melassa: perché a questi due luoghi aderisce ancora la seconda pelle che ho, dopo quella da latte. Chiedo venia in anticipo se divento melensa.
ALLA SCOPERTA DI:
IL CHIOSO LORA
Da piccola, tra 6 e 13 anni, passavo l’estate con la Nonna Delfina, a Piatto, Chioso Lora, nella Ca’ dal ‘Beli: quello che rimaneva dei Possedimenti di Natale Squillario, padre di Delfina, sposato con Ninin Maggia. Nella Casa padronale dei bisnonni, viveva ancora negli anni ‘60 la Signorina Mariuccia sorella della Nonna, settantenne mai maritata: quella che aveva fatto voto alla Madonna Nera di vestire interamente di Blu (Girolo Blu Madonna). Ero felice con loro, tra giochi, compiti di scuola, fughe al Quargnasca proibitissime, bargnun colti salendo sull’albero (proibito) e acqua presa al pozzo (solo se accompagnata), merende col bicciolano di pane e le pesche e visite al Cimitero, quasi ogni giorno, portando le zinnie dell’orto. Una vita di campagna, con Personaggi e Riti d’antan, che ormai stanno soltanto nei romanzi. Sono tornata a Piatto decine di volte, sempre delusa da un Paese davvero minuscolo, disperso in cantoni e regioni, Baraggia, Dama, Rivazza, Grangia, Vietto, Vignetto, Pralongo, Prati, Malina, Lora, con case vecchie o nuovissime che non mi dicono nulla. I nomi mi dicono molto della storia famigliare, delle Fornaci avite in regione Pozzieri, delle diverse ragazze andate spose agli Squillario, portando in dote noccioleti e gerbidi, prati canepali e campi avidati, ripe boschive, molini e rustici; cassoni di faude, scossali, brazieri e matterazzi, tela sempiterna rigatina o mocassino blu; denari sonanti e lettere di credito. Quando matrimonio e patrimonio erano sinonimi, l’amore sarebbe venuto, semmai. Il Possidente Natale, uomo col fisique du role, aveva ereditato tanta Roba dal padre Angelo, che era stato Sindaco per 6 mesi, nominato da Vittorio Emanuele II.
Altra Roba l’aveva raccolta, con oculate acquisizioni. Ogni cosa era stata perduta, ben prima che io nascessi. Non vi manderei certo a Piatto per visionare “tutto quello che un tempo era nostro”: io stessa mi consolo senza fatica, con una cena Al Fuori Campo, frazione Malina, zona impianti sportivi (che non esistevano negli anni Sessanta). Lì, qualcuno cerca di convincermi che a Piatto ci siano state delle Terme, che andrebbero rimesse in valore: cosa improbabile, sia ai miei tempi che a quelli del Sindaco Angelo e del Possidente Natale. I Bagni del Biellese sono famosi: Graglia, Cossila, Andorno, Oropa Girolo Elvo Dorado; non vi è traccia di Piatto. Vi propongo così un girolo che lega due luoghi del mio cuore: Piatto con Pettinengo, dove mi innamorai, subito dopo le estati con la Nonna Delfina. Così passiamo da Bioglio e Valle San Nicolao -mete dei miei giroli di bambina, proibiti se non c’era la Nonna- e, poi, dal Santuario di Banchette: troppo lontano per arrivarci a piedi, nonostante Delfina fosse una donna moltissimo devota. Andava ogni mattina, in abito elegante e velo di pizzo nero, alla Parrocchiale di Piatto; approfittava per passare alla Censa, che era anche Osteria e usava il Telefono Pubblico. Si chiedeva di poter “avere la comunicazione” e si entrava in una Cabina blindata, la cui luce si accendeva solo facendo pressione sul pavimento; proibito quindi a me che pesavo troppo poco, allora.
BALCONE SULLE NUVOLE
A Pettinengo, Frazione Livera, salivo da Piatto (in estate) o da Biella (durante la scuola), col mio Ciao Piaggio blu, quello con cui raggiunsi il Motoclub Maggiora, Girolo Campi Raudi: stesso motorino, stesso amore ragazzino, fedelissima. Dal balcone di Villa Ramella si vedeva effettivamente tutto il Biellese e fino a Milano o Pavia: un balcone, nel Balcone. Qui, partiamo da Piatto, deviamo per Valle San Nicolao, che ha una Parrocchiale omonima, con uno dei finti cupolini che piacciono a me e pregevoli tarsie sugli altari (Giroli Padova). A Bioglio (Bedolium da betulle) c’è un nucleo storico compatto: la Parrocchiale del ‘700, (con trompe l’oeil), un campanile di pietra e vista su boschi e su montagne. Avevano Dimore di famiglia, a Bioglio, le care amiche della Zia Fil, imparentate con Carpano, inventore dell’Aperitivo (Girolo Biella Sprizzante). Anche una mia amica del Ginnasio aveva Dimora di Famiglia e parenti famosi per le corse automobilistiche della Lancia; leggo che c’era anche una Villa Sella, diventata nel 1931 un Sanatorio. Poi si sale ancora ed eccoci a Banchette, che è ancora Bioglio: Chiesa, semplice, con facciata a spioventi e pronao. La vedo solo da fuori, con una Madonna (di De Bosis?) sulla lunetta e i suoi annessi “monastici”, che hanno gli stilemi tipici del Biellese. Non mi chiedo neppure perché, a 14 anni, Zuma ed io non siamo mai venuti a visitare il Santuario: la nostra fede politica e i nostri discorsi amorosi, non lasciavano spazio. Girolavamo parecchio, però, con le moto dei grandi (proibito, perché non avevamo la patente), verso Vaglio, Monteluce, Romanina e anche per le ripe boscose e i prativi, proibito ed eccitante; talvolta io avevo sulla spalla Giorgio, un cercopiteco che viveva a Villa Ramella. La mia seconda pelle ha ancora una cicatrice del tubo di scappamento della Gilera. Sono melensa, ma voglio dire che quegli anni sono stati effettivamente un Balcone: tutto si apriva davanti a me, indistinto; i timori erano meno forti della pulsione ad andare, oltre il Mar Caligo. Quando sono approdata a Venezia (subito dopo) ho scoperto coetanei che NON avevano mai girolato in moto per le ripe boschive, non conoscevano i bargnun e le zinnie, e il loro caligo era Lagunare e senza la elle. Solo oggi scopro le molte frazioni e chiese di Pettinengo, le sue strade antiche con case e Santi sui Muri, una esagerazione di Musei (a Venezia non lo sanno!!): acquasantiere, migrazioni, infanzia. Alla fine del XX secolo, il Paese ha perduto la Ruota che tutto faceva girare, la fabbrica Bellia nota come Liabel: il Silenzio ha preso il posto del Ritmo dei telai, una gigantesca risacca del Mar Caligo, che sbatteva contro le Prealpi. Passando oltre il Quadretto, altro luogo storico dove si ballava all’aperto ed ora si mangia, trovo la Casa che può competere con quella di Ceresito (Girolo Lavatoio Mon Amour 1), nel mio cuore Biellese. È di fianco ad una Chiesa (e fanno 4), a Selve Marcone: mi dicono sia quella della Parrocchia che non l’ha mai voluta vendere. La tipologia a ballatoio, che adoro è la stessa delle Risaie di Manona: leggermente decrepita, forse è lo scialbo a tenerla insieme e si sfarinerà, toccandola per un restauro. Un balcone, nel Balcone. Seguendo la deviazione per Andorno (e la Valle del Cervo, Girolo al Sarv), ecco un borgo a me ignoto, fino alla pandemia 2020: San Giuseppe di Casto. Mi ci porta mia nipote Beatrice (Girolo Maspalomas), saliamo fino alla Pistolesa, dove c’è il viadotto del jumping: si chiama Colossus ed effettivamente impressiona, con i piloni altissimi. Il nome Pistolesa mi richiama l’Alluvione del 1968, i miei anni di Pettinengo: su Youtube c’è un commovente lavoro dei Ragazzi di Via Bartolomeo 21, Vallemosso (il mio Io ha lacrimato). Oggi, ci sono molti tentativi di accreditare il Biellese come Palestra open air: bungee jumping, trekking, nordic walking, forest bathing, mountain bike, rafting, trailing, running e perché non diving nel Lago di Viverone o della Vecchia? Bielling? Tutte le vere proposte le trovate nel web e nelle Guide che ho già citato in altri Giroli o nel Sito ATL. È certo che questa zona può diventare un “terreno di gioco”, nel Playground che è l’Italia, dai tempi in cui inventarono questo termine gli Alpinisti Inglesi (il nonno di Virginia Wolf, mi pare). Ma, per giroloni/e “di piombo”, immagino un bielling più devoto all’arte, al panorama, alla tavola; spero di avervi mostrato delle rotte, tra Golfo dei Baroni e Golfo delle Baragge. Lascio Pettinengo con due immagini che erano sfuggite al mio Io ragazzino: una Dimora Liberty con bei decori in legno e gli affreschi sotto il portico della Parrocchiale, in cui Galliari (eccolo di nuovo) è scenografico, anche se grezzo: alcuni visi di dannati mi ricordano Goya. Se la Chiesa fosse aperta (!!) potrei trovare un pulpito dei Termine e qualche trompe l’oeil, giusto per non perdere l’abitudine.
ISOLE BIELLESI
Scendendo da Pettinengo, verso Biella, devio per Ronco, altro piccolo comune che poi, se volete, vi porta a Vigliano, Valdengo e a Piatto, il cerchio si chiude. Ho visitato la Parrocchiale, non ho trovato le Bielline, tegami di coccio tipici della zona. Da lì è breve arrivare al (famoso?) Brich di Zumaglia, un colle castellato: castello fintarello anni ‘30, a sua volta abbandonato. Riserva Naturale di Boschi, offre dalla Torre un Panorama a 360° sul Mare Biellese. Ma io, bastian cuntrari, penso sia meglio vedere il Brich da lontano, nella foschia: da qualunque punto, si riconosce immediatamente, dolce gobba verde-ombra, nelle varie quinte prealpine e alpine. Ho recuperato una mia fotografia, anni Ottanta, il Brich con la Torre stagliato contro la neve (ormai sempre più rara): sembra che dalle Alpi emani un pulviscolo di cristallo, come quando le Fate entrano in scena.