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PARIGI ‘88

La mia prima volta a Parigi è d’antan: correva l’anno 1988 e ci andai con l’amica Cecilia, che già mi aveva iniziata alla Gallura. In quel periodo lei frequentava a Parma un Corso di Architettura del Giardino e mi coinvolse in una gita scolastica per visitare le creazioni di Le Notre, celeberrimo progettista di Versailles, Fointainebleau e Vaux Le Vicomte. Il campo base era niente meno che Parigi: le altre località stanno attorno alla Capitale. Era il periodo delle mie fotografie in bianco e nero e così, di quel girolo, ci sono molte immagini col sapore “d’epoca”, come quelle della Piramide del Louvre che venne inaugurata proprio quell’anno da Mitterand, a cantieri ancora aperti. Nel ricostruire i miei giroli dentro Parigi e nei dintorni, ho scoperto cose che non avevo mai saputo: una per tutte la Villa di Rue Frochot che avevo immortalato (in diapositiva) solo perché mi aveva colpita, salendo verso Montmartre: luogo famosissimo che non mi era piaciuto per niente, Bastian Cuntrari. Nel procedimento della memoria, con l’ausilio insostituibile del web (viva viva!!!), ho anche scoperto di aver fotografato luoghi turistici oggi raccomandati, che nel 1988 erano decisamente “desolati”, come la Vieux Versailles  o la stessa Montmartre (Le Consulat, per dirne una). Questo risvolto, nella costruzione dei Giroli, mi insegna due cose che voglio condividere. Prima cosa: i viaggi, soprattutto d’antan, si possono rifare anche in clausura, grazie al web che vi permette di seguire il filo della memoria, trovando i diversi luoghi come sono adesso, nella presentazione online. Seconda cosa: le immagini ispirano ricerche, dirette ed indirette, che vi riportano sul luogo, ma vi fanno scoprire tanti dettagli che anche la girolona più accurata non poteva conoscere, solo guardando. È come costruire una propria guida su misura, a ritroso. Un girolo nel Tempo.

ALLA SCOPERTA DI:

LE NOTRE E MANSART

Molto del nostro girolo parigino 1988 è stato speso fuori Parigi, nei Giardini. Naturalmente, io Bastian Cuntrari, ho disertato parecchie delle visite guidate che erano vere e proprie lezioni del Corso che frequentava Cecilia e ho girolato da sola per le cittadine di Versailles e di Fontainebleau, mercati inclusi. Ricercando adesso, online, i posti delle mie immagini in bianco e nero, li ritrovo magicamente restaurati e in vividi colori. Vale per tutti la Vieux Versailles, parte che esiste fin dai tempi di Le Notre (XVII secolo) e che, nel 1988, recava segni pesanti di degrado. Per fortuna la ritrovo bella recuperata e me ne compiaccio.  Sono attratta dalle mansarde, le prime che vedo in terra francese: scoprirò che a Parigi ce ne sono migliaia, di ogni possibile foggia. Del resto l’architetto Mansart è più celebre di Le Notre. Il film Le Regole del caos del 2015 era di là da venire e vi consiglio di vederlo sempre come girolo nel tempo. Del Giardino reale mi aveva molto colpita la Fontana di Latona, seminuda che si eleva su gironi di rospi, tartarughe e lucertole: si tratta di rozzi contadini della Licia, trasformati in anfibi da Giove. Oggi anche quella Fontana appare restauratissima e gli animali sono stati dorati e sembrano ancora più minacciosi, mentre Latona resta bianchissima, quasi una dea. Direi che anche a Fointainebleau ci fossero molte statue muliebri, una mia passione (Girolo Brenta Bassa): anche in centro a Parigi mi sono dedicata alle demoiselles de l’Operà, che sorreggono lampioni. Per riconoscere i siti fotografati, tra cui il Trianon a Versailles e la scalinata a Fontainebleu, ho usato siti istituzionali: uno per tutti en.chateauversailles.fr: un girolo virtuale stupendo.

AU BON MARCHÉ

Non lo ricordo ma, conoscendomi, sono sicura che a Parigi non ho seguito il gruppo di studenti dei Giardini (forse loro sono andati al Bois de Boulogne o al Giardin des Plantes) e me ne sono andata a girolare da sola, facendo chilometri e chilometri a piedi. In quegli anni viveva a Parigi una ragazza conosciuta a Vulcano nel 1983: faceva la cantante jazz ed era fidanzata con uno psicanalista portoghese espatriato per ragioni politiche. Un mix veramente bohemienne. Andando a cena da lei, dalle parti della Gare du Nord (un quartiere popolato dalla comunità indiana), mi feci dire dove dovevo andare, avendo solo due giorni a disposizione. Mi indicarono Rue Muffetard, che all’epoca non era troppo turistica e io ci andai. Effettivamente è stata una esperienza interessante: tenendo conto che, a parte Londra, non avevo mai visitato una grande Capitale. Poi, camminando senza paura, mi sono aggirata in cerca di quello che avevo sentito dire di Parigi: luoghi comuni e nuovi interventi d’architettura che si vedevano sulle Riviste. Così sono finita alle nuove Halles sotto un diluvio universale: era celebre l’intervento di Willerval che si chiamava parapluies, gli ombrelli!! Non amo il Forum delle Halles e avrei preferito avessero restaurato i padiglioni originali Ottocenteschi, ma i parigini sono temerari e le Halles le hanno già rifatte un’altra volta, nel 2018 con la celebre Canope (che ho visto solo online). Casualmente ho imboccato la Rue de Montorgueil dove 15 anni dopo Stefano ed io avremmo abitato per un mese. I casi della vita: fotografai Le Rocher di Cancale, che sarebbe diventato il nostro bistrot prediletto e dove avremmo scoperto il mi-cuit au chocolat (nel 2003). La via, dipinta da Monet, è un vero crogiolo di negozi, condensato di pariginità. Dal modesto hotel dove alloggiavamo nel 1988, vicino a Boulevard des Italiens, mi fu facile camminare verso Montmartre, di cui non potevo non sapere: ci sarei arrivata anche dalla Montorgueil, ma non lo sapevo. La mia delusione fu grandissima: a parte la pioggia, mi deluse tutto: sia quello che conoscevo dai pittori e dal vero era molto meno bello, sia la quantità di turisti (che nel 2003 troverò decuplicata!), per non parlare del Sacro Cuore che trovai e trovo orribile. Rivedendo online i luoghi delle mie foto in bianco e nero, sono felice di averle perché documentano ormai un epoca lontanissima e siti che oggi, per i miei gusti, sembrano imbalsamati con patine e patine di manutenzione. È doveroso conservare e manutenere, anche grazie ai soldi che spendiamo come turisti: ma la plastificazione mi preoccupa.

Dalla parte opposta del nostro Hotel, stava la zona dell’Operà (con le sue demoiselle lucifere), e la Madeleine con il Magazzino di Fauchon: anche quello per turisti, ma bellissimo. Come neofita delle grandi Capitali, ero ammaliata dal commercio parigino: le insegne, le marche, le pubblicità, i grandi magazzini come La Samaritaine e le Galerie Lafayette; ma anche tutta la miriade di bistrot, di panetterie e latterie dove si poteva sedere e consumare, con le loro vetrine d’antan. Ne ho fotografate a decine. Per non dire dei famosi bouquinistes sul Lungosenna; le scalinate su e giù dalle buttes (le colline), mi ricordavano i grandi fotografi del bianco e nero, Ronis, Boubat e Doisneau. Scoprii i cafè, dove si sarebbe potuto passare ore a scrivere o a leggere: ça va sans dire ordinando un Pernod, che diventi opalino colando sul ghiaccio. Scoprii anche una marca di abbigliamento la Naf Naf: nata proprio a Parigi, con un negozio nel quartiere del Sentier, col nome Naphtaline. Le T-shirt comperate a Parigi, le ho usate per dieci anni, finché ebbero i buchi. Di monumenti celebri, Sacro Cuore a parte, ho soltanto una fotografia di Notre Dame.

LA PIRAMIDE DI PEI E I TUBI DI RENZO PIANO

Invece vado orgogliosa delle mie immagini della Piramide di Pei, di fronte al Louvre, in cui si vedono (sgranati!) gli operai che completano la vetratura: pochi giorni dopo sarebbero state inaugurate dal presidente Mitterand. Poi passai del tempo fuori dal Centre Pompidou, (architetti Roger e Piano) nella nuova piazza dell’Orologio, dove era da poco cresciuta una vera e propria icona della Cultura contemporanea, con i suoi tubi in vista, coloratissimi e dissonanti, nel cuore del cuore della Capitale. Oggi non ci fa nessuna impressione, ma alla fine degli anni Ottanta fu un vero evento. Non presi nemmeno in considerazione di mettere piede al Louvre e non mi interessai a nessun altro Museo o Esposizione. Ero totalmente presa da vedere Parigi e flanare per strade, ponti e piazze, qualunque fossero. Presi anche il Metrò, da qualche sua stazione meravigliosa, con le pensiline di Guimard. E, senza sapere o volere, transitai anche per il Marais, il Pantheon, la Sorbonne: lo so dalle foto.

Una vera e propria icona della Cultura contemporanea, con i suoi tubi in vista, coloratissimi e dissonanti, nel cuore del cuore della Capitale.

LO SPIRITO GUIDA DELLA GIROLONA

Chiunque sia stato a Parigi o ne abbia letto, penserà che sono scema: vi parlo delle T-shirt Naf Naf e non sono stata alla Tour Eiffel, ai Champs-Élysées. Non è una buona ragione, ma a Parigi sono tornata diverse altre volte, dopo il 1988 e complessivamente ci sono stata qualche mese: ho anche frequentato l’OCDE per un progetto su Venezia, tra il 2013 e il 2015. Voglio dire che ci saranno altri Giroli nella Ville Lumière, e alla fine avrà lo spazio che merita. Questo girolo d’antan del 1988 è solo l’overture. Lo chiudo con una scoperta che ho fatto nel 2021, grazie ad una foto del 1988 di una spettacolare vetrata Art Dèco, ispirata alle onde del mare. La Ville Frochot (spazio per eventi con cafeteria e teatro) ha una lunga storia, una serie di illustri abitanti (da Dumas a Sylvie Vartan), persino delle leggende maledette. Vi segnalo il sito thepariseffect.net. A volte penso che la Girolona abbia uno spirito guida. In questi periodi di clausura e di limiti, le scoperte sui viaggi già fatti sono un altro viaggio: mi ripeto ma voglio farvelo apprezzare, perché anche voi avete sicuramente dei souvenir (concreti o mentali) con i quali potere girolare stando fermi. Volete dirmi che non esiste una T-shirt con la quale imbastire un girolo, partendo da dove l’avete comperata o indossata la prima volta??