PARIGI BANLIEUE (4)
BANLIEUE
A ondate ricorrenti, le banlieue parigine si incendiano, mettono in mora i governi e sbattono in prima pagina disuguaglianze ed ingiustizie. Nelle estati passate a Parigi le banlieue sono entrate nei nostri giroli solo per ragioni piacevoli, di visita a siti che ci interessavano, come La Defense e Poissy. Qualche periferia centrale l’abbiamo frequentata, rimanendo entro i 20 arr. della Parigi-crepe: la Butte a Caille, la Butte Chaumont, Bercy, Les Grande Moulins, la Villette e le aree del Bois de Boulogne e di Vincennes che definire periferiche sarebbe idiota e offensivo per coloro che vivono nel disagio, urbano e sociale o etnico. Penso che non si possa dire che en banlieue Parigi continui ad essere bella. Quelle che ho visto risanare a Lyon (Girolo Lyon) mi hanno dato un’idea. Viceversa, la Defense è un luogo bellissimo, che definisco lunare perché mi fa pensare ad una città delle galassie, futuribile e aliena, un altro mondo. Si arriva con un lungo viaggio in metrò, si sbuca sulla crosta lunare e ci si sente minuscoli, tra gigantesche architetture quasi tutte firmate, quasi tutte marchiate dalle multinazionali che ci hanno sede, quasi tutte apparentemente “chiuse in sé stesse”, torri d’avorio di principesse finanziarie, assicurative, hi-tech. Gli umani si muovono come ombre minuscole, si spostano tra torri, arcate, ponti, murate e tolde di astronavi, vele. Il Grand Arc che dovrebbe guardare in lunga prospettiva a quello di Trionfo sui Champs Elysée, si eleva al culmine di una scalinata che io vedo come l’ascesa al cielo (i campi elisi, per l’appunto) e mi aspetto che, oltre, ci sia il Grand Inconnu. La Defense è irreale, onirica, teatrale e mi piace moltissimo. È difficile fotografarla senza diventare banali o scadere nel dettaglio architettonico, bisognerebbe volarci sopra, come in un fumetto di Moebius. Molto diversa, anche se ci sono analogie di forme e materiali, è La Villette, Città della Scienza e Industria, all’opposto della crepe parigina. È diverso il nostro viaggio per arrivarci, che si svolge in superficie, con un bus 75 guidato da un bellissimo francese caraibico: è mattina presto, il bus quasi vuoto, lungo il Canale St. Martin si svolge una vita locale di quartiere, pittoresca e che non può non richiamare il Maigret de Le corp sans tête. Poi si passa al Canale de la Villette, dove una volta c’erano quelle funzioni urbane da banlieue ottocentesca (mercati, cimiteri, acquedotti, manicomi). Troppo banale dire che c’è un abisso tra girolare una città nel sottosuolo (comodo, facile e veloce) o soprassuolo: sapete la mia teoria, che così si vedono cose altrimenti trascurate e si capisce meglio. Alla Villette ci sarebbe da visitare il Musée, ma non lo facciamo e giroliamo, tra terrazze, piscine, ponteggi, vetro-acciaio, bianco e fumato, specchi deformanti come nel celebre Gèode. Affascinante, senza esagerare. Meglio il viaggio col 75 che la meta. Mi perdoneranno le Guide e gli appassionati di Scienza, ma io sono più ammaliata dal Charles De Gaulle a Roissy -l’aeroporto di Parigi- un non-luogo spaziale. Decisamente fuori Parigi è Poissy, dobbiamo fare un viaggetto in treno (con la famosa RER ar-e-ar), per vedere un capolavoro di Le Corbusier, la Ville Savoye, imperdibile (con un bagno specialissimo). Decisamente fuori anche da questo quarto Girolo parigino, perché Corbu ne avrà uno tutto per sé, nelle varie località francesi e svizzere. Nel bagno specialissimo dei Savoye io indosso salopette bianca completa di zaino-gilet, come alla Villette: la mia divisa parigina 2003.
ALLA SCOPERTA DI:
PERIFERIE CENTRALI
L’ossimoro l’avevo coniato per la Giudecca a Venezia, lavorando ad un Progetto UE “aprire i muri”, quando il Comune cercava soldi per le aree dismesse dell’isola. A Parigi, tra i 20 arr. si può ben parlare di periferie centrali, per tanti quartieri o loro parti, dismessi da originarie funzioni e recuperati ad altre, o alle aree verdi di larga estensione, residuo di tenute nobiliari o espressamente “costruiti” per la società borghese emergente (quella dei flaneur). Avete presente quante scene degli Impressionisti si svolgono nei parchi? Per un ripasso delizioso vi raccomando il Marmottan (museo di Monet) e la Gare-d’Orsay, oltre al Louvre e al Pompidou. Bon. Cominciamo da Bercy, dove O’Gehry ha progettato la sede della Cineteca: edificio che non mi piace e dove non andiamo perché la Mole di Torino (vista proprio nel 2003) ci ha già innamorati. Se ne facciano una ragione, i parigini. Invece, l’ex area dei mercati generali del vino, recuperata interamente a parco urbano (con tanto di vigne ed orti) e a gallerie di restò-bistrot, ci diverte. C’è una Mostra di fotografie sugli attori, sympà e Francesco si diverte in un parco giochi, come giusto alla sua età. Ragazzino sensibile all’arte, ma ragazzino. Vicino a Bercy, la grandiosa Biblioteque nazionale dedicata a Mitterand, in forma di libri aperti: gigantesche torri ambrate. Non lontano, il recupero delle zone dismesse lungo Senna (verso Place de l’Italie) prosegue nell’area dei Grands Moulins, ancora fatiscenti: ma già qualche casa di appartamenti prelude ad una gentrificazione potente, con forme essenziali e tocchi di colore. Nell’area della Cité Universitaire (non recente) visitiamo qualcosa di Le Corbusier che non conoscevamo (Girolo Corbu). Oltre ancora, arriviamo fino alla Butte aux Caille che nel 2003 è à la page: le Guide la presentano come Parigi minore molto parigot, quasi un bourg, con abitazioni minute, stradine e cortili “paesani”, locali di tendenza dove fare un brunch o un aperitif. Nel 1° arr. l’aperitivo si chiama “before”, perché dopo si va a teatro, al cinema o a cena; alla Butte non so. Nel 1° e forse nel 2°, bisogna avere un abbigliamento branchville (lo scrive la Routard), accurato e glamour. Tra le Butte (anche Montmartre e Montparnasse sono colline) è meno modaiola la Butte Chaumont, un Parco ottocentesco: ci andiamo perché è un prototipo dei siti progettati per il tempo libero urbano e, nel 2003, ho ancora il mio Corso di Urbanistica del Turismo a Cà Foscari e penso ai miei studenti. Ci sediamo ai bordi del Parco, che ha una ricca dotazione di brasserie e bistrot, meno à la page di Caille e più veraci: ci trovo una succursale di Poliane, una panetteria-pasticceria interessante. Qui come in ogni grande metropoli, i quartieri entrano ed escono dalle mode, cambiano i locali, cambia la fauna degli incontri e cambiano le quotazioni degli appartamenti. Così funziona la mise en valeur o gentrification dei luoghi: affidata a popolazioni pioniere (o frange), che colonizzano come le piante sulle dune. E’ urbanisme elementare e funzionano anche turisti e giroloni, o cool-hunter.
I quartieri entrano ed escono dalle mode, cambiano i locali, cambia la fauna degli incontri e cambiano le quotazioni degli appartamenti
BOIS DE BOULOGNE E PARC CITROEN
Per spiegarmi bene uso due luoghi vicini (a Parigi le distanze non sono quelle di Biella): uno celeberrimo, il Bosco di Boulogne e uno assai meno noto, dedicato ad André Citroen, quello delle auto: una volta sulle banchine della Senna c’era la città delle automobili, Usine Citroen. Tra le prime gite del 2003 mettiamo il famoso Bois che avevo disertato nel 1988 (coi giardinieri di Parma)rimaniamo quasi delusi, niente a che vedere con le esperienze che avremo a Londra nel 2010 (Giroli Londra), lo devo dire. Poi, la mia propensione periferica mi spinge all’area Citroen, individuata col fiuto per le aree industriali, semplicemente camminando fuori dal Bois, vicino al cantiere di un mega ospedale (su Tripadvisor leggo “parco conosciuto solo ai parigini”!). Non so come la vede Stefano (che non esagererebbe in aree dismesse), ma trovo il rinnovo della città Citroen più stimolante del Boulogne, scontato, sicuramente è più cool (oggi al Bois c’è Fondazione Vuitton di O’Gerhy fondationluisvuitton.fr, che mi piacerebbe). Riporto un commento della mia amica Checca a Berlino, prima che cadesse il Muro: dopo giroli estenuanti ai quartieri operai disegnati da Bruno Taut (anni ‘20), guardò sconsolata me, Stefano, Benedetto (architetti) e Sandro (ingegnere) e disse “io non ne posso più di vedere grondaie, pensiline e corrimano, vi aspetterei al bar”. Dove andò senz’altro con Maria (moglie di Sandro). È così: girolare con gli appassionati di edilizia e urbanisme è molto cool, ma strazia le persone normalmente colte. Che ci avrebbero attese volentierissimo al Bois de Boulogne, in delizioso passeggio. Per me, l’idea che Monsieur Andrè e i suoi operai entrassero nella storia, con uno spettacolare quartiere affacciato alla Senna, con il Pallone geostatico panoramico, i Giardini, nero e bianco, il Palazzo della Decouverte e una gigantesca biblioteca pubblica, era benefico come un forest bathing (Girolo Panoramica). Vi ho già detto, credo, che ammiro profondamente la propensione educativa dei grandi interventi di rinnovo urbano: musei didattici, biblioteche, centri scientifici, luoghi della memoria. Mi chiedo, immancabilmente, dove trovano i soldi per realizzare e soprattutto mantenere attivi questi luoghi e mi rispondo che hanno una gestione pubblica e un rapporto con i privati che funziona. Forse conservo un’idea mitologica dello Stato francese, e dell’ENA. Bon. Nel 2003 non sapevo che avrei lavorato con OECD, e mi sarei trovata dieci anni dopo a presentare il Caso Venezia, a rappresentanti dei 34 Paesi aderenti (un’emozione). Lo dico perché OECD ha sede dalle parti del Bois, rue André Pascal, una periferia centrale di Parigi, con edifici borghesi eleganti e anonimi e alcune dimore urbane che paiono castelli di campagna. Pranzo alla Ronde de la Muette, elegante e anonimo, con un giovane diplomatico, che è stato in Australia e in Cile, destinato al Cairo. Benché Girolona, mi manca la maggior parte del Mondo e credo di averlo drenato, con le mie curiosità, mentre divoravo una tartare maison. Quella parte di Parigi, mi è sembrata Bruxelles o Basilea, per nulla parigot: effetto delle delegazioni internazionali permanenti.
PARIGI 2015, BATACLAN
Non vi tedio con i miei ritorni a Parigi, tra 2013 e 2015: ero là per lavoro e ho girolato poco, pur sentendomi un po’ “a casa”. Il 2015 è stato un anno buio per Parigi, da Charlie Hebdo al Bataclan dove morì Valeria Solesin, veneziana. Ho guardato dov’è il Bataclan, non lontano dai nostri giroli del 2003 (mai visto), zona Bastille. Ho scoperto che il nome deriva dalla protagonista di una operetta di Hoffmann: un divertissement chinoise per flaneur ottocenteschi, roba leggera. Mannaggia.