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LA STRADA DEI BOCCHETTI

La regione montana tra Valle Cervo e le Valli di Sessera Strona e Sesia è oggi abbastanza nota per lOasi e la Panoramica Zegna: esistono un Sito (ovviamente) www.oasizegna.com, una Fondazione, un Centro Studi nel nome di Ermenegildo il fondatore; poi ci sono Sentieri segnalati, Rifugi e ristori, le attrezzature sciistiche di Bielmonte. Quando vivevo a Biella, percepivo una certa freddezza nei confronti di questo sistema sportivo, che appartiene in tutto e per tutto alle Alpi Biellesi, ad ovest della Valle Cervo (Girolo Sarv, Valle Cervo) e ad est della Valsesia (quella di Locarno, Lavatoio Mon Amour 4). Forse era per via dello sci alpino: se imparavi a sciare al Mucrone (Girolo: Blu Madonna), potevi sciare in tutto il mondo, anche a Bariloche, sulle Ande; invece Bielmonte sembrava per quelli che la discesa non l’avevano nel corredo genetico, gli “sciatori della domenica”. Io sentivo dire e non mi interessava capire: gli sport alpini li rifiutavo in blocco, a prescindere. O forse, la mia Famiglia Alpinistica era radicata alla Valle dell’Oropa ed allo scavallamento verso il Padre Ros Valdostano, da Piedicavallo a Fontainemore, per intenderci. Io, che non capisco niente di montagna, trovo bellissimo il Massiccio del Rosa, ogni volta che percorro il tragitto Taino-Gattico-Biella (dalla bassa novarese) o se salgo in Valsesia a cercare Lavatoi. Ma, forse, sta proprio lì la freddezza, nel fatto che quelle “viste” appartengono ad altre province, come Vercelli e Novara, ai ranari delle risaie (Girolo: le risaie di Manona): non ai biellesi duri e puri, i quali, appartenuti ad entrambe le Province, alla fine hanno avuto la propria . O forse, c’era concorrenza tra l’industria laniera orientale, Valle Elvo (Mongrando e Sordevolo) e Valle Cervo, rispetto a quella occidentale, Valle Sessera e Valle Strona: ci si schierava anche con gli sci ai piedi. Chissà e chissene: una Girolona non si ferma certo davanti alle piccole patrie. Così, senza farla lunga, ho scoperto solo da grande la Panoramica Zegna, ovvero SP 115, che sfiocca sopra Campiglia Cervo e sale alla strada dei Bocchetti: Sessera,  Margosio, Luvera e Stavello, fino a congiungersi, dopo Trivero (capitale degli Zegna), passati Ponzone e Pray, alla Valsesia. I “bocchetti” sono intervalli nelle catene montuose, che si aprono a vallate diverse: bocche di passaggio ma anche di speciali visioni, larghe, con diverse quinte prima di arrivare al cielo. La Panoramica in questo modo ha tanti panorami: quello costante sul lato di valle e molti differenti sull’altro lato, quando si aprono le bocchette. Primo Girolo con Stefano nel 2018, fino a Margosio; secondo Girolo nell’estate 2020 (sentiero di Fra Dolcino) e infine, nel 2021, da sola a fare “forest bathing”, un’attività adatta a gatte di piombo, come me. Pare che la “vera” Panoramica sia la SP 232 (ex Statale) che sale dalle risaie (Mottalciata), appena usciti dall’A4. Secondo me “panoramica” è un titolo che merita solo la strada in quota, quella dei Bocchetti, ma mi adeguo. Come non segnalarvi che, salendo da Campiglia Cervo, tra Forgnengo e Sassaia (Girolo Lavatoio mon amour 2), mi fermo al Lavatoio di Piaro, che merita qualche scatto: ha l’acqua e i pali pensili per far scolare i panni

ALLA SCOPERTA DI:

FRA DOLCINO E MONSÙ GILDO

Per chi non cammina in montagna, come me, la vista che si gode dal Bocchetto Sessera è molto bella, ci arrivate con una ventina di minuti di guida, salendo dalla Valle Cervo, dopo Forgnengo, Piaro e Sassaia. Quella dal Bocchetto Margosio, superato Bielmonte, è ancora più bella. La gatta di piombo si domanda se non fosse crudeltà amorosa, quella dei miei genitori di NON farmi vedere il Rosa in tutta comodità, da qui: volevano che ci arrivassi per aspera, faticando e meritando le gioie di quella conquista. Mi ricordo che mio padre mi portava fino al Lago del Gabiet (sopra Gressoney) per potermi iniziare all’alta montagna. Tutto inutile. La panoramica offerta dai Bocchetti è, per me, parecchia roba e solo DOPO essermi immersa in quella visione (Castore, Polluce e Piramide Vincent!!), sono riuscita a considerare qualche piccola fatica, per approfondire. Nell’estate della Pandemia 2020, Stefano ed io abbiamo preso un sentiero cosiddetto di Fra Dolcino e siamo andati da Bocchetta Margosio a Bocchetta Stavello (credo). Faceva molto caldo, soprattutto nei tratti di pietraia esposti al sole, io indossavo sandali (!!!), ma valeva la pena, perché la visione migliora mentre aumenta il silenzio rarefatto e l’immersione nello spazio montano diventa significativa, anche senza essere sull’Annapurna. Mountain bathing. Tornando verso il punto di partenza, lungo la Panoramica asfaltata, abbiamo incontrato un cerbiatto che ha completato la suggestione. Devo a Fra Dolcino e alla sua compagna Margherita, due eretici mandati al rogo nel 1307, una nota: conosco la loro storia grazie a Dario Fo, che nel 1968 la portò in scena come parte del suo Mistero Buffo. Un capolavoro che va visto (scrivete fra Dolcino + Dario Fo e troverete i filmati online). La Comunità di Dolcino nacque qui, sul Monte Rubello, del cui nome poi si fregiò Ermenegildo Zegna, Munsù Gildo, che divenne Conte di Monterubello per meriti industriali: lo nobilitò lo Stato nel 1940, come grande Italiano che produceva, esportava e utilizzava energia autarchica (attraverso le dighe). Dolcino e i dolciniani vennero estirpati dalla Santa Inquisizione, mentre il Conte Zegna di Monterubello radicò su questi stessi monti 500.000 alberi, tra cui rododendri asiatici famosi quanto quelli del Cavalier Piacenza, a Pollone nel Parco della Burcina (Girolo: Pollone). Per completezza storica, oltre a Dolcino e a Monsù Gildo, vi devo dire che lungo la Panoramica SP 115, in località Monticchio, c’è una lapide ricordo della 2° Brigata Garibaldi, formatasi al Pratetto nel 1944. Il Pratetto è un alpeggio largo e delizioso, pieno di fiori, che si raggiunge dalla Panoramica, per sentiero e comodamente in auto, da Tavigliano, paese della Valle Cervo

FOREST BATHING

Dopo il mountain bathing del 2020, nell’estate 2021 sono risalita alla Panoramica Zegna, attirata dalla proposta di un sentiero per famiglie, facile e con dislivello +50, durata 1.15”, proposto come “forest bathing”: una pratica giapponese denominata shinrin-yoku, contro lo stress. Pare che la folta lecceta, in cui si svolge il percorso, eserciti un benefico rilassamento sul camminatore, senza troppa fatica e all’ombra. Ideale per i gatti di piombo. Non fosse che un demone familiare, amorosamente crudele, mi porta fuori strada nonostante presti attenzione alla segnaletica: mi trovo allo scoperto, in ripidissima ascesa, su sentiero pietroso e incanalato, dove soltanto le radici degli alberi offrono qualche scalino naturale. Quanto ai benefici lecci, nemmeno l’ombra, letteralmente: soltanto conifere, rade, e cespugli bassi. Non capendo nulla di Montagna, ho fiducia che le famiglie si arrampichino per questo pendio e attendo il premio di un imminente pianoro, popolato di lecci. Il panorama, verso Biella, Novara e Milano è grandioso, dicono che col terso si veda fino a Pavia. Il mio fiato mi ingiunge di fermarmi e dopo poco che sono seduta per eludere l’infarto, vedo salire un “alpinista”, dotato di tutto punto, con le sue racchette da nordic walking, scarponcini, zaino e cuffiette. Anche lui sembra faticare e mi sento meno pappa molla. Ma mi consola del tutto quando mi dice che ho proprio sbagliato sentiero, questo sale al Monticchio ed è tosto. Non dico di sentirmi Bonatti, ma il mio ego prende fiato. Ridiscendo cautamente, dato che lo so, in montagna, è la discesa quella che ti frega le ginocchia e, chissà come, trovo subito il sentiero per famiglie, spianato come un’autostrada, immerso nella lecceta promessa. Effettivamente è una passeggiata! Molto gradevole perché in ombra e in piano e con una immersione speciale tra alberi rigogliosi, forti, eleganti: non so se respirarli mi tolga lo stress, ma riesco a crederci. Mi dicono (dopo) che i lecci sono sempreverdi, eppure io fotografo delle vampate di luce gialla, che direi vengano da loro e da un anticipo di autunno. Bellissimo. Non so se si debba dare a queste esperienze un nome nipponico o inglese, promettendo effetti salutistici speciali, ma mi adeguo. Acquisto qualche chilo di tome veramente artigianali, forse anche troppo, da un venditore sornione che mi fa un conto sconsiderato. Forse sto pagando anche il forest bathing, come fossi stata ad una SPA 5 stelle. 

CERVO AI MIRTILLI E MOLE-COLA

Pensavo ad un panino su-e-via e invece mi convinco a sedermi alla Locanda del Bocchetto che offre il cervo con la salsa di mirtilli: sono curiosa e non vegana. E’ una porzione gigantesca: gli chef stellati ne impiatterebbero per otto persone. Non mi arrendo e assaggio anche il tris di torte di frutta, che sono squisitissime. Invece di tornare verso la Valle Cervo, nel 2021, decido di scendere per Trivero e siccome Casa Zegna è chiusa, prendo una deviazione per il Santuario della Brughiera: ci sono due chiese, perché la più antica non riusciva a contenere i fedeli. Lì presso c’è la Locanda Agricola Gribaud. Mirko mi propone una Mole-cola, la Coca di Torino, facciamo quattro parole sul mobile giradischi del bisnonno, Anni ‘50 in radica, su cui gira un LP degli America, Anni ‘70. Mi siedo fuori nel cortile, con un gatto cacciatore a riposo: dice Miriam che cattura un topo al giorno e guai se non lo trova. Silenzio speciale, vista a perdita d’occhio sulla valle, il sole di settembre caldo il giusto.  Il Santuario ha i resti di un affresco, con una Maddalena vestita di capelli, molto simpatica, come i gestori di Gribaud. Pare che gli affreschi vengano da una perduta chiesa di San Paolo della Burcina e tout se tiens! 

Silenzio speciale, vista a perdita d’occhio sulla valle, il sole di settembre caldo il giusto