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L’ANELLO DEL DOGE

Sono convinta che Venezia perda molto del proprio fascino se non si conosce la Laguna. Credo che in Laguna, il Tempo si sia fermato, ma non per un ritardo: è una condizione intrinseca,  nativa e costitutiva. Andare in Laguna, forse per via delle barche, ma anche se cammini lungo gli argini, è un ritorno a quello stato originario prima che tutto avesse inizio, prima che accadesse Ogni Cosa. Un Eden.

A Venezia esiste una sola vera Azienda, quella di Navigazione Lagunare, che gestisce anche i bus di terraferma. Un tempo si chiamava ACNIL azienda di navigazione interna lagunare, poi è diventata azienda comunale di trasporto. Senza ACTV, ho sempre sostenuto, non esisterebbe Venezia, la città speciale che continua ad essere, anche grazie alla strepitosa connessione tra terre ed acque, una creatura sublime, condensato di artificio estetico e di costruzione ambientale. Isole, velme e barene, canali, ibrido instabile. ACTV consente di girolare dappertutto, dalla Gronda di Altino o dal Parco di San Giuliano o da Fusina, fino a Cavallino (Girolo Cavazucarina), fino a Chioggia, in un giro completo che, nei miei studi, chiamavo Anello del Doge. Grazie ai mezzi ad ACTV, i quali, anche fossero costruiti ieri, hanno sempre qualcosa di antico -l’uso delle corde, gli avvertimenti dei marinai, la spuma del moto ondoso– si può fare una delle crociere migliori del mondo. Domestica, ma che sa di terre esotiche, savane, steppe, azzurri orizzonti mossi, talvolta innevati, tutti gli argenti dell’acqua, panorami a pelo d’acqua, bruni e viola. È come se il Veneto fosse stato sommerso: sparite non solo Venezia, ma anche Padova e Treviso, ormai sottomarine, il Mare arriva sui colli, fin sotto Asolo e Belluno, a lambire le Dolomiti. Meraviglia apocalittica, con un biglietto di trasporto pubblico locale, 1 euro e 50.  

Con la Linea ACTV 14 dalla Riva degli Schiavoni (pontile Pietà) fino al Lido e poi, senza scendere, fino alla Bocca di Porto di Lido, vedendo Sant’Andrea e San Nicolò,  il Bacan (spiaggia dei veneziani) e l’Isola Nuova del Mose. Cambio mezzo a Punta Sabbioni e con la Linea ACTV 12, attraverso gran parte della Laguna Nord, fino a Burano. Qualunque sia il clima e a qualunque orario, è pura meraviglia. Rossi al tramonto degni di Tintoretto e nuvole di Carpaccio, sfioccate sull’azzurro nel pomeriggio di settembre: un mese capace di avere luminosità cristalline. Purtroppo col caigo, la nebbia, i battelli son fermi: ma sarebbe una crociera fantasmatica, imperdibile; chissà chi troveremmo agli approdi, ad accoglierci: Marco Polo, Casanova, Veronica Franco, Pantalon de’ Bisognosi, la Locandiera, George Sand, Peggy Guggenheim, Hemingway.

ALLA SCOPERTA DI:

AB ORIGINE

Diciamo che Venezia nasce dalla sua Laguna, fuggendo dai Barbari invasori delle terre venete, verso le isole. Cioè: senza ACTV non esisterebbe la Venezia di oggi, ma senza i Barbari non sarebbe mai esistita la Venezia originaria. Quindi: rovesciate ogni preconcetto, perché non si va alle Isole, partendo da Venezia, ma al contrario, bisogna arrivare a Venezia dalla Gronda, attraverso le Isole. Ché, poi, tutta Venezia è un arcipelago di insule vicine vicine, la cui terra instabile è stata palificata -con i Boschi del Veneto a cominciare dal Cansiglio- fino a rendere possibile costruirci sopra. Cito Hemingway, 1950: 

Guardarono la Laguna sferzata da forte vento freddo che veniva dalle montagne e rendeva nitidi tutti i contorni […] Ora guarda di là Torcello [..] È lì che abitava la gente respinta dai Visigoti […] È di qui che si può vedere come è accaduta ogni cosa. Ma di qui non guarda mai nessuno.

Di solito si scomoda Hemingway per le Valli di Caorle (Girolo San Gaetano), perché nella prima parte del romanzo Di là dal Fiume e tra gli alberi, l’americano descrive le sue cacce in botte, nella tenuta del Barone Nanuk Franchetti. Forse sono meno note queste righe che riguardano l’accesso a Venezia, partendo dalla terraferma che oggi corrisponde al Parco di San Giuliano e conserva la visione che non guarda mai nessuno. Essendo risaliti alle origini (Visigoti), passando per Hemingway, non mi faccio scrupolo di una memoria visiva della mia prima volta in Laguna: correva l’anno 1976. Ero andata, con Toni ed Ettore, a pesca di capelunghe. Merita dire che, per una biellese, l’incontro con la capalunga, e la sua pesca, è una iniziazione al Magico. Questo simpatico mollusco bivalve, che sembra una sigaretta, tenterebbe di non essere pescata e quando avverte l’intenzione da parte dell’uomo (o donna), rapidissima si immerge nella sabbia profonda, tanto da non lasciarsi prendere. Quello che si deve fare, quindi, è individuarla -ci sono piccoli fori in superficie che la tradiscono- e, più rapidi di lei, andare col dito molto profondi in modo da chiuderle la via di fuga. Da parte sua, immergendosi, la capalunga serra le valve e si riempie di sabbia, prima di chiudersi con uno sputo d’acqua che esce proprio dal buco in superficie. Per questo, quando siete a casa, dovete ricreare una acqua morta salata che la inganni – in un catino- così lei, aprendo le valve, rilascia quella sabbia e non se la porta in padella. Insomma. Noi stavamo in mezzo alla Laguna, in acqua talmente bassa che le sabbie emergevano e noi ci camminavamo sopra. Indossavamo stivaloni da pesca, alti fino alle cosce. Guardavamo con attenzione per trovare i fori rivelatori e poi col dito indice, velocissimi, penetravamo la sabbia, a lato del foro, in modo da arrivare sotto la capalonga, prima del suo sputo. 44 anni dopo quella gita, ho scovato dentro il Catalogo di Dragone, un olio di Lorenzo Delleani -biellese di Pollone-  che si titola In Laguna. Sono stata colpita dalla somiglianza quasi perfetta della tavolozza, tra la foto della mia Olympus OM10, del 1976 e i colori di Delleani. 

ORTI SERENISSIMI

Se è facile aspettarsi che in Laguna si “peschino” animali marini, non è altrettanto immediata l’idea che nelle sue isole si trovino ortaggi speciali e addirittura vigne da vino. Da parecchio tempo è rinata questa tradizione, mai del tutto perduta, di produrre verdura: ci sono diverse aziende, è fiorito il cosiddetto biologico, imprenditori indigeni o veneziani di elezione si stanno cimentando a produrre vino. Non vi tedio con la storia delle tradizioni, che ciascuno di loro sarà lieto di farvi apprezzare: io ho provato il Dorona (Mazzorbo) mentre so solo dal web di Orto (venissa.it ortodivenezia.com). La Girolona non è una Guida di ristoranti, non fa promozione di negozi, si ferma dove capita e ne parla bene quando vuole. Così mi baso su un girolo recente, una classica dimanche à la campaigne e la campagna è l’Isola di Sant’Erasmo, dove sono stata ospite con un gruppo assortito di fotografi, storici dell’arte, avvocati, giornalisti, giovani pittrici e musicisti, professori e letterate, designer artigiani, architetti. Chi ci ospitava iesfarm.it ha anche un punto vendita “in città” nel Sestiere di Cannaregio e fa consegne a Mestre. E’ molto interessante girolare per i loro campi, perché gli analfabeti agricoli, come me, apprendono la differenza tra “orti disegnati” e coltivazione davvero biologica, dove la Natura si prende i propri spazi e lavora secondo le proprie pulsioni (fa ridere dire naturali). C’è gusto nel fotografare enormi fiori di zucca, cascate di pomodori, i meravigliosi fiori di carciofo (il famoso Violetto di Sant’Erasmo presidio Slow Food). È molto interessante seguire le descrizioni di I&S e le loro difficoltà: non c’è mai niente di facile, quando si lavora. E’ piacevole non sentire le solite, incessanti, lamentele di tutti i veneziani (anche gli expatriates naturalizzati) su ogni iniziativa e/o su ogni mancanza dei diversi Enti: a cominciare dai soldi spesi per la difesa della Laguna, che sembra siano solo stati inghiottiti dal Mose o da ruberie. Invece hanno (anche) provveduto a manutenere gran parte delle Isole, la loro salvaguardia, le loro strade e fondamenta, i servizi pubblici, la possibilità di continuare a vivere e produrre anche qui, anche se (e finché) non arriva l’alta marea del turismo di massa. La canicola estiva non è perfetta per la Laguna e per gli Orti assolati. Meglio le famose mezze stagioni. Basta prendere una Linea ACTV e scendere a Sant’Erasmo Capannone o Chiesa o Punta Vela, fermata on demand. Potete anche noleggiare una bicicletta (in isola tutti hanno l’Ape, ma la usano per lavoro) o camminare tra Orti o sulle Fondamenta e raggiungere la bella Torre Massimiliana fortificazione austriaca; gustarvi la veduta di altre Isole (San Francesco del deserto con gli inconfondibili cipressi) o anche delle semplici barene a pelo d’acqua, con le loro tonalità da “pittore”. Io ci ritorno abbastanza spesso e il penultimo girolo l’ho fatto in Clausura, sfruttando l’abbonamento ACTV annuale 2020: giornata spettacolosa, senza mai posare piede a terra, se non per cambiare mezzo. La Crociera di cui vi dicevo, al costo di uno spritz.

Girolo recentissimo, marzo 2022. Scendo a Mazzorbo, attraverso gli orti di Venissa, arrivo a Burano; fuggo la pazza folla del Giovedì Grasso e arrivo bordo Laguna, un’onda di Silenzio speciale, tra case coloratissime, tende alle porte, panni stesi: la Venezia Lagunare, così bella. Festeggio tornando Da Romano, dove sono stata  mezzo secolo fa con gli amici universitari (strepitosa anguilla, ovvero il bisateo, alla griglia). Rientrando alle Fondamenta Nuove, per la prima volta da quando sono veneziana (1972) entro in Chiesa ai Gesuiti e sono stupefatta da tanta barocca eleganza: un interno che ti aspetti a Roma, in Piemonte, ma non qui. Un trionfo di marmi verde antico e lapislazzulo, stucco dorato alleggerito dal bianco, finti tappeti e finte tappezzerie tutte a tarsìe marmoree. Tocchi sapienti di Sansovino, di Tintoretto e una Sagrestia stupefacente affrescata da Palma il Giovane. 

Non riesco a credere di non aver mai messo piede dentro la più raffinata chiesa Barocca che ho visto: sontuosa senza essere greve, curata in ogni dettaglio decorativo, senza alcuna manomissione postuma o sbrodolatura di stile, senza le atmosfere funebri del nero-oro barocco. Si paga 1 euro, anche meno del battello ACTV.