![](https://www.lagirolona.it/wp-content/uploads/2024/05/Girolona-Milano-Citylife.jpg)
Milano Turrita
DE NITTIS E MUJI
Vi ho portati/e a Novara alla Mostra Boldini et Les Italiens à Paris (Girolo Milano 2) ilcastellodinovara.it e vi ho detto che avevo preferito De Nittis. A lui è dedicata una monografica al Palazzo Reale di Milano palazzorealemilano.it, con molte opere poco conosciute, anche perché sono pochi/e a visitare la Pinacoteca di Palazzo della Marra a Barletta, sua città natale barlettamusei.it. Anche Stefano ed io che adoriamo le Puglie, non siamo mai stati a Barletta (vergogna). Data l’alta aspettativa la mostra mi ha un filo delusa: alcune opere venivano da Novara (le avevo appena viste), altre erano sottotono, come non può non accadere in una antologica. Mi hanno affascinato particolarmente i bozzetti di paesaggio, dedicati quasi tutti al Vesuvio: sintetici e impressivi. Interessanti gli schizzi preparatori per le tele parigine, dedicate alle corse di cavalli e al bel mondo che le frequentava: quando non è preciso e rifinito nei dettagli, De Nittis si rivela molto moderno, impressionista e macchiaiolo; con poche macchie e tratti, delinea volti, espressioni, toelettes, movimenti. Faccio anche una rapida incursione da Muji in Buenos Aires: comprerei ogni cosa (palette, scopini, raccoglitori, cornici, T-shirt, porta-pillole) ma per fortuna non ho voglia di trascinare borse e pacchi in metro e in treno. Sono lungo la tratta Dolo-Biella, la mia dolla (girolo Milano 1).
ALLA SCOPERTA DI:
LA TORRE DI PEI
Una seconda meta di questo girolo milanese è la sede della Giunta Regionale, detta Torre Lombardia, disegnata da Pei (quello della Piramide del Louvre). Mi sposto dal lato sinistro di Stazione Centrale (dove sta Buenos Aires) e raggiungo Melchiorre Gioia sul lato destro. Effettivamente, la piazza coperta di Pei è bellissima, come l’ho appena vista in una puntata di Doc, con Luca Argentero (avevo deciso di andarci prima, comunque). Con le coperture di vetro e metallo, Pei ci sa fare; lo spazio interno è bello, rarefatto, spaziale; le persone (non molte) si muovono come pesci, non riescono a fare rumore come fosse stato tolto il sonoro. La parte esterna mi sembra meno felice, un filo pasticciata, ma andrebbe trovato un punto di vista adeguato, alla giusta distanza e non confuso di traffico (guardate le fotografie professionali sul web). Esco verso Viale Volturno dove trovo un grande mercato rionale e l’animazione del quartiere Isola (zona Garibaldi). Per puro caso, capito in Corso Como: la Fondazione Feltrinelli di Herzog & de Meuron mi lascia perplessa (forse andrebbe visitata all’interno fondazionefeltrinelli.it). Arrivo in Via Pasubio dove, a naso, entro in una Osteria della Pesa 1902: il più squisito risotto alla milanese mai mangiato (porzione generosa, da vecchio ristorante serio) e un creme caramel buono come il mio. Si pagano, ma è giusto. Rilevo, che in una grande città convive tutto il trendy della ristorazione (street food, happy hours, chef stellati) con la tradizione d’antan: Milano mi piace un sacco.
LE TRE TORRI: SE MILANO AVESSE IL MARE
In tema di nuove architetture griffate, non posso fare un torto ad Hadid, Libeskind, Isozaki né a Mario Bellini: devo raggiungere l’area della vecchia Fiera, completamente rinnovata dopo il trasferimento a Rho. Decido di usare la metro, che ha una nuova fermata proprio al centro di Citylife (così si chiama e ci abitano famiglie tipo i Ferragnez, per capirci): è la nuova linea di metropolitana M5, che unisce Bicocca (l’Università negli stabilimenti industriali recuperati) con S. Siro, transitando per Garibaldi e Isola. Sbuco dalla terra proprio in Piazza Tre Torri. Quella di Zaha Hadid (Generali), sgorga come un picco di tsunami, dall’onda bianca dello shopping centre, torce il cemento e s’innalza, color mare-molto-mosso. Preferisco quella di Libeskind (torre PwC): s’inchina, come una trave snervata; ha il colore cielo-di-notte, con marezzature moirè. Infine, la torre di Arata Isozaki sembra ancorata al terreno da quattro gigantesche staffe gialle, annegate in edifici cubici bassi e bianchi; si chiama Il Dritto, in opposizione a quella di Hadid, Lo Storto. Sulle due facce, mostra una serie di vele latine sovrapposte (credevo fossero teloni del cantiere!); di profilo sembra un club sandwich, cemento, acciaio, vetro trasparente, vetro lattimo. Le tre torri dialogano su una piazza oblunga, con una sopraelevata pedonale: guardano il quartiere residenziale con le case di appartamenti, inutile dire di lusso, attorno ad una piazza giardino intitolata ad Elsa Morante. In lontananza (al Portello?) si staglia il Centro Congressi (Allianz Mi-Co): una cupola schiacciata su cui si arrampica un animalone loricato, zampe, testa e coda da rettile, il corpo da lontano sembra metallo ma è una colata di plastica trasparente che reagisce alle luci, naturali e artificiali: ora è mercurio liquido, ora crepuscolo rosato. È di Mario Bellini bellini.it, ma non capisco se è bello o semplicemente strambo, andrebbe visto da vicino. Manca una sistemazione urbanistica completa, che unisca facilmente questi nuovi poli milanesi: i singoli edifici restano smarriti, come allunati. Il Dritto, lo Storto, il Flesso, il Loricato si domandano dove siamo capitati?! Gli edifici di appartamenti, evidentemente di lusso, mi deludono del tutto: gli inserti decorativi, di legno marino sul total white, sembrano adatti ad una località costiera: mi fanno pensare a grandi giunche asiatiche da trasporto merci o ai ponti degli yacht da super ricchi. Decidete voi se vi piacciono e se ne volete comperare uno (pare siano sold-out!): city-life.it. Forse vogliono dare, ai danarosi acquirenti, la sensazione di una-vita-in-vacanza: il ristorante di Alessandro Borghese (casualmente aperto lì vicino!!) si chiama Il lusso della semplicità. Vabbè. Io sono delusa sia da Libeskind che da Hadid: ha fatto sicuramente meglio Richard Meier a Jesolo, Design district (Girolo). Guardando le suggestive immagini nel web (fatte per vendere), possiamo pensare che sì, bianche navi, esotiche o glamour, siano ancorate in un golfo, nel mare della notte milanese, col plancton luminoso degli edifici bassi, laggiù, dove abitano i Qualunque. Se Milano avesse il mare, si diceva una volta. È difficile fare una “città nuova”: finché si tratta di emergenze singole, torri, musei, palazzi congressi, shopping mall, campus, business district, Expo è più facile. Inserire il contemporaneo, su vasta scala, tra quartieri novecenteschi e aree dismesse, è una grandissima sfida: un tempo le new town si facevano nel nulla delle periferie. Non siamo a Milano 2 per capirci, o sui Docks di Londra o alla Confluence di Lyon (Girolo): Citylife è un intervento molto interessante (di lusso MA non una gated community ): staremo a vedere il suo completamento e l’evoluzione. Meglio, comunque, di un enorme vuoto urbano, terra desolata o giungla.
Se Milano avesse il mare, si diceva una volta.
VECCHIA (CARA) TORRE VELASCA
Per ristabilire un equilibrio con le vecchie torri milanesi, decido di prendere un hotel in zona De Amicis, tra Via Larga, via Osti, Crocetta, Vetra. Mi regalo una bella passeggiata serale: c’è aria di precoce primavera, i giorni di pioggia hanno portato a terra le polveri sottili. Gli hotel di Milano sono inopinatamente costosi, anche se non eccezionali. Vabbè. Rivedo la Cà Granda e San Nazaro in Brolo (dovrebbero riaprirla!), San Lorenzo alle Colonne (sempre bello), la Torre Velasca (studio BBPR Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Roger, le archistar del dopoguerra,). Lei è in restauro fuori e dentro: intorno un gigantesco cantiere che deve portare in questa area centrale una nuova linea della Metro M4 (che collegherà S.Ambrogio con Linate!). Paragonata ai personaggi di Citylife, la cara Velasca non svetta più, da certi punti dell’intorno si stenta a vederla: forse bisognerebbe guardare dall’alto o tornare al contesto della Milano di allora che forse era tutta più bassa (torrevelasca.it). Ha un colore rosa-del-deserto e a parte le costole che reggono la sua parte superiore (più larga della torre sottostante) non fanno più l’effettone del 1957: staremo a vedere come rinasce l’intorno e quanto in rilievo sapranno mettere questo monumento milanese. Adesso, girarci intorno è uno slalom tra impalcature, divieti di transito, cunicoli di cantiere deserti e quasi inquietanti, su tavolati insicuri. Nessuno ci girola di sera, tranne me: sono tutti in via Osti e Largo Richini a fare aperitivo. Trovo, in via De Amicis, una Pizzeria Naturale, vecchio stile (potremmo essere a NY da Arturo’s Coal Oven Girolo I love NY 1): mangio una Porrina, deliziosa, con gorgonzola e rotelle di porro, la parte verde che è la più dolce. Al tavolo vicino, miei coetanei discutono di case ereditate a Sordevolo, (Girolo Sordevolo che Passione), com’è piccolo il mondo. Ottimi anche i panini del Bar Crocetta, comodissimo per una fermata metro M2 che, il giorno dopo, mi riporta sulla mia dolla, verso Biella.