
Milano (5)
VAI TROPPO SPESSO A MILANO 5
Parafrasando il romanzo di Boll (Vai troppo spesso ad Heidelberg), titolo questo girolo 5 a Milano: una sosta molto breve lungo il Biolo (Biella Dolo). Finalmente ha smesso di piovere e dal treno, prima di Novara, ho visto il Padre Ros, oltre le Baragge. Ieri sera ho sfogliato una Guida TCI della Lombardia e ho letto di due Case Liberty, zona Porta Venezia: ottimo pretesto per un pranzo veloce in via Spallanzani, un corridoio chic alle spalle di Buenos Aires. È la zona di Milano scoperta nel 2021: ideale per una camminata taglia medium: 2 chilometri da Stazione Centrale, 4 col ritorno. C’è un Mercato (Via Benedetto Marcello?), il banchetto degli abiti griffati di fronte all’Hotel Demidoff, tantissimi locali tra cui scegliere, negozi di ogni tipo, se servono anche Ferramenta e Cartolerie. Per non insistere su Muji. Questa volta scelgo il Bistrot San Pietro, un’insalata gigante dentro bacile di latta; pane buono. Appartiene a quei ristori milanesi di cui vi ho detto la cifra: modaioli il giusto, sbrigativi ma accurati, camerieri agée vecchia-milano o etnici-atletici, conto da centro città. Non distanti (e non le avevo mai viste!!) due Case preziose, del corposo liberty meneghino che sembra quasi art Déco. In via Frisi c’è anche un edificio basso, forse un ex Macello (ora Biblioteca), in pendant: rimane solo la facciata, notevole. Una Casa è pesantona, con tantissimi putti a reggere balconi e sporti, quasi un retaggio storicista; gli ardimentosi balconi in ferro battuto, esagerano con il colpo-di-frusta art nouveau, perdono in leggerezza, ridondano di decoro. Riesco stranamente ad entrare nel portone, senza che nessuna Portiera mi incenerisca e rubo alcune immagini preziose, di ascensore, scale, cortili. Penso: Milano è comoda rispetto a Riga e Bruxelles, per immergersi nell’architettura Liberty, è sulla strada di casa. Il secondo edificio di via Malpighi è decisamente più sgargiante e potrebbe stare a Vienna o a Praga: è decorato da signore à la Mucha, (Girolo Praga) vagamente discinte, che leggono, si sventagliano, si guardano allo specchio, si aggiustano lo scialle. Dove mancano le donne, trionfano le piante esotiche, rampicanti oppure tralci di fiori, ortensie, peonie, calendule, zinnie (strano non ci siano i girasoli). Sono tutte piastrelle e quindi il disegno resta grossolano, ma l’effetto è elegante, avvolgente e luminoso. Belli anche i ferri battuti dei diversi piani. Un vero trionfo Liberty, un atlante della decorazione (persino troppo). Tornando verso il mio treno per Padova, mi allungo leggermente oltre Via Andrea Doria e vedo che, anche qui, parecchie case dell’epoca, ferri battuti, colpi-di-frusta in stucco, bow window e trionfi floreali, paraste, drappi, putti. Ne avevo fotografati nel 2021, attorno al mio Hotel Charlie (giusto rapporto qualità-prezzo, che a Milano è raro). Allenata a guardare in su, fotografo anche la copertura di Centrale, che come tramatura in ferro può competere e mi da una diversa percezione dell’attesa del treno. Mi compiaccio di considerare Milano un quartiere di Biella, intima vendetta da provinciale: l’obbligo di passare di qui, col treno, si è trasformato in un’opportunità illimitata di giroli, brevi ed intensi, anche nel tempo (Girolo Milano veste Prada). Salendo a Biella ho fatto sosta nel “sobborgo” di Novara: il Duomo (con Gaudenzio Ferrari e Bernardino Lanino), il Battistero (resti di affresco) e un paio di mocassini fatti a mano, color carta da zucchero, favolosi (in super sconto): lo stesso artigiano che fa le scarpe per Brad Pitt, a Firenze.