Top
  >  Eumondo   >  Milano (2)

COINCIDENZE A NOVARA

Nei moltissimi viaggi Dolo-Biella e viceversa, cerco sempre qualche tappa interessante, per ingannare l’iterazione. Se il viaggio è col treno, le tappe sono obbligate, non puoi uscire ad un casello, a caso, e girolare (Lago d’Iseo, Franciacorta, Val d’Illasi). Novara l’ho scoperta così: perdendo la coincidenza per Biella, cosa che accade sempre e dunque NON è una coincidenza (come si fa a prevedere un cambio binario/treno in 7 minuti??!). Si deve attendere (se va bene) un’ora, che è il tempo giusto per arrivare (a piedi) fino da Camporelli, comperare i biscotti per il tiramisù (venduti a peso) camporelli1852.it e tornare sul treno, appena appena raddolciti. Questa volta (febbraio 2024) ho deciso di visitare la Mostra al Castello Visconteo di Novara (imponente e ben restaurato): Boldini, De Nittis e les Italiens à Paris. Mi sorprendono la coda per il biglietto, l’accesso scansionato, la folla in ciascuna sala: chi poteva sospettare che Novara e i nostri pittori a cavallo dei Secoli XIX e XX, attraessero tanto pubblico? Bene, dice un ragazzo in coda, si vede che il Bello comincia a piacere. Tautologico, ma efficace. La Mostra è bella, per dirla in sintesi: curata, ricca e completa; mantiene quel che promette. C’è parecchio Zandomeneghi (che mi piace), Corcos (che mi piace), c’è Mancini (che non conoscevo), ci sono Signorini, Fattori e gli altri. De Nittis è bravissimo e di Boldini (Girolo Ferrara) ci sono alcuni disegni magistrali (la contessa Qualcosa, sdraiata). Molto viene da Gallerie e collezioni private e, dunque, sono opere poco viste. Il Bello privato comincia a farsi vedere da tutti.

ALLA SCOPERTA DI:

TAPPA MILANO, LUNGO IL MIO BIOLO 

Attenta a De Nittis, scopro che dal 21 febbraio a Palazzo Reale di Milano ci sarà una sua antologica con 90 opere e mi prometto di andarci. A Milano (Girolo Milano 1) sono stata tante volte e recentemente ne ho scoperto quartieri trascurati (da me), come Buenos Aires. A proposito di tappe, lungo il mio cordone ombelicale (Dolo-Biella, il biolo o la dolla), Milano è una risorsa infinita: purtroppo i suoi alberghi sono cari e, durante le settimane di eventi, smodatamente cari. Questa volta cado all’inizio della Settimana-della-Moda, acci: e strapago una camera che da domenica a lunedì sera raddoppia il proprio costo e martedì mi espelle, perché già venduta! Cerco negli altri hotel zona Buenos Aires, che sono pieni e hanno prezzi anche peggiori. In due giorni, però, con una media di 10 chilometri a piedi, girolo con piena soddisfazione. È una sfida, potrei benissimo salire sugli amabili tram vecchiotti o sulle tante linee di Metro, ma devo sincerarmi di poter ancora girolare “come una volta”, pur essendo nel mio 70°. E, poi, certe cose urbane, le capisci solo camminando.

E, poi, certe cose urbane, le capisci solo camminando.

ISOLA E VARESINE

Per esempio la Defense Milanese si apprezza solo arrivandoci a piedi, passando per il Pirellone, attraversando ampie zone ancora in cantiere (sotto Isybank, verso Unicredit e IBM), un parco ancora spoglio, che cresce (la Biblioteca degli Alberi), fino alla Piazza Gae Aulenti e oltre, verso Brera. Il sito è impressivo, popolato di architetture svettanti e/o agglomerate, curve, piramidali, svasate, vetro, acciaio, legno. Un insieme bello, soprattutto come scenografia urbana, a prescindere dai singoli pezzi: di Pei, di Pelli, di Cucinella, di Boeri. landsrl.com milanocittàstato.it. Denuncio la mia ignoranza: queste novità milanesi sono qui da dieci anni e non le avevo mai guardate! Leggo che è la ex zona delle Varesine, una ennesima Stazione ferroviaria, poi sostituita da Garibaldi: qui c’erano le giostre e la grande ruota panoramica (un’area di brownfield, come si dice). Ci sarebbe da visitare anche la Nuova Torre della Regione (col belvedere al 39°), sarà una prossima tappa lungo il biolo regione.lombardia.it. Mi colpisce molto l’uscita verso Brera, passati i bastioni di Porta Nuova: di colpo si abbandona la ipermodernità per scendere in un abbandono-quasi-degrado, un canale a secco con le chiuse in legno fatiscenti (sono di Leonardo, acci), la Conca dell’Incoronata. Poi ci si infila nel quasi-lusso di Solferino, San Marco, San Fermo, Fiori Oscuri. Milano è una città grande, metropolitana, contemporanea: camminando si attraversano parti diversissime, già recuperate, appena rinnovate, in attesa di rilancio, shabby-chic. Intorno al Corriere, i locali storici come la Trattoria Solferino, si mescolano a siti modaioli, come Xbe di Perbellini o la Salsamenteria Coppelle. A proposito di chef, a Novara Cannavacciuolo Bistrot è chiuso per l’inverno, boh!

BRERA 

Vi devo citare un libro su Milano segreta: la “guida” più snob che io abbia letto, quasi tutti i 99 siti sono molto difficili da visitare, se non dopo prenotazioni laboriose e ad esito incerto! Tuttavia ho provato alcune delle segnalazioni con inatteso successo e un po’ di delusione. Comincio dall’Orto Botanico di Brera che, conoscendo quello di Padova, appartiene ai cugini poveri, come quello di Maria Luisa a Parma. Come dice la Guida segreta è inatteso questo vuoto urbano nel cuore di Milano; è anche inattesa la sua atmosfera dimessa, dopo il sobrio lusso di gioiellieri, profumieri, bric-a-brac, boutique di tendenza tra i Carmini e San Marco (due chiese fintarelle, di gotico rifatto). Le piante, direi non stiano troppo bene, ma forse è colpa di febbraio; le persone (poche) siedono o passeggiano indifferenti alla flora. La zona Brera è in bilico tra la sua fama artistico bohemienne e una patina di ricercatezza milanese, mai brillante o aggressiva ma sicura: non so se sia sempre stata così o se stia cambiando; non so se risentirà della corrente innovativa che origina dalle torri d’acciaio, laggiù, nella foschia in fondo a Solferino e San Marco. Scorrerà fin qui, lungo l’ex Naviglio della Martesana, togliendolo ad un imperdonabile abbandono?

CONSERVATORIO 

I miei nonni hanno vissuto a Milano, in via Mascagni, nel 1919 quando Mussolini e i sansepolcristi fondarono i Fasci. La zona attorno al Conservatorio è diventata recentemente una delle mie Milano: imprevista per me che avevo sempre disertato San Babila e mi attestavo sui bastioni spagnoli, oltre la Statale, verso Porta Romana e Santa Sofia. È una zona fitta di case borghesi diventate visitabili (Girolo Milano 1) e di ridondanza Liberty. La Casa Campanini è forse l’esempio più patente di come i milanesi abbiano interpretato l’arte nuova: senza invidia per Vienna, Praga o Riga. Donne telamone desnude, ferro battuto senza risparmiare in volute, foglie, ognicosa; vetri piombati e affreschi originali, che già guardano al Déco. Entro (o rientro?) in Santa Maria della Passione e grazie ad una gentilissima coppia di Vimercate, accedo alla Sala Capitolare che sarebbe chiusissima: Piero e Gabriella stanno organizzando un trekking urbano per i soci Cai e sono autorizzati a fare una ispezione al Bergognone (che ha affrescato generosamente, con figure di sapore bramantesco). In chiesa ci sono anche un’Ultima cena di Gaudenzio Ferrari (con una singolare tavola quadrata e gli apostoli che confabulano) e una Deposizione di Luini (il mio amato pittore di San Maurizio). Un tempo ero solitaria e presuntuosa, guai chiedere: adesso ho scoperto che con un sorriso si aprono delle porte, letteralmente. Sarei rimasta delusa anche di questo secondo luogo segreto, non fosse stato per la coppia brianzola.

MILANO NEL PIATTO

Vi voglio raccomandare tre locali scoperti per fortuna: The Kitchen via Tadino, improbabile trattoria italiana con cuoco cinese (la migliore pasta con ricci di mare mai mangiata); Fioraio Bianchi Cafè, via San Fermo (originali ravioli di ossobuco con salsa cremolata); Ottolina Cafè via Magenta (crocchette di ceci e quinoa, con zucca arrosto). Mi colpiscono i locali che non hanno pretese di apparenza, l’atmosfera da ristorante d’antan, familiare, anche se il menù è di tendenza, le proposte e i proprietari etnici. Per spiegarmi: ho notato ristoranti di sashimi con le tovaglie a quadretti sui tavoli e le sedie impagliate, da campagna lombarda. Grande.