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IN VIAGGIO CON LA ZIA, MA LA ZIA SONO IO

“Se ti piacciono le dune, devi andare a Fuerteventura!” “La più bella è Lanzarote”. “La Gomera è specialissima, fuori dalla confusione turistica”. “Io adoro La Graciosa, selvaggia, deserta”. “Ma perché Gran Canaria, che è la meno bella??!” L’ispirazione per il Girolo a Maspalomas sembrava infida: mia nipote Beatrice ed io avevamo deciso di andare a trovare un suo amico biellese che lavora a Gran Canaria da oltre due lustri. Io, per mia parte, avevo seguito una Tesi universitaria sul rinnovo di quell’isola, quando, negli anni Novanta, anche le Canarie si erano poste il problema di “rinnovare la propria immagine”, che era, appunto quella di una destinazione troppo di massa, come Jesolo. Contro ogni amichevole suggerimento e suggestione fotografica, non ci siamo spostate dalla nostra meta. Per seguire una delle mie passioni inesauribili, ho cercato un hotel sulle Dune di Maspalomas: una riserva naturale che protegge i residui delle formazioni spontanee caratteristiche di queste isole (insieme ai vulcani, che però a Gran Canaria non ci sono). Hotel molto costoso, ma nuovissimo, ottenuto convertendo un complesso di miniappartamenti rigorosamente affacciati all’oceano: architettura essenziale, che si distingue nel melì melò di Playa del Inglès, ridondante e chiassoso, tra mediocrità pop e pretese da ricchi. Soprattutto: scendevi dal letto e davanti a te avevi lo spettacolo delle dune, a perdita d’occhio.

ALLA SCOPERTA DI:

DUNE E CALIMA

La mia Icona è una duna artefatta, costruita da Napoleone III sull’Atlantico (Girolo il Pylat). Le dune di Maspalomas invece sono vere, anche se accuratamente manutenute perché restino come sono. Penso che vi tedierò un’altra volta, con quanta mano dell’uomo occorra per conservare la Natura com’è. I momenti migliori per Maspalomas sono al mattino molto presto, quando la sabbia è ancora grigia e poi vira verso il bianco Isabella con la prima luce del sole: non c’è anima viva con te, loro e l’Oceano. Fa persino un po’ freddo, anche se è ottobre e i turisti vengono qui a svernare soprattutto dal nord Europa. Poi la spiaggia profonda e senza fine, che lambisce tutto il sistema dunario si popola degli hibernants nella loro salutare passeggiata. Beatrice che ancora non entra nell’età media dei villeggianti, va addirittura a fare il bagno, prima di colazione: io l’aspetto, gustandomi ogni variazione dello spettacolare buffet, che prevederebbe persino un Cava del Penedes, lo champagne catalano, e qualche ospite già lo gusta come aperitivo del pranzo, immerso in piscina. Sono spesso coppie, di età mediana (i giovani anziani come me) o assortite: lui è alla soglia della terza età e lei mooolto più giovane, con un costume provocante che racconta. Nel pomeriggio, quando io divoro i libri che offre l’hotel (Il tatuaggio e Le Terme di Montalban, La donna che doveva uccidere Orson Wells), Beatrice torna allOceano, dove si dedica a fotografare le acrobazie dei surfisti, che abbattono l’età media. A vederli, capisco bene perché il mio laureando ha scelto di fare stage e tesi qui, a Maspalomas: me lo ricordo quando arrivava a lezione stravolto e, sfacciato com’era, diceva “sto preparando matematica, prof, ho studiato un casino”; ma sul tetto della macchina aveva le tavole, con cui era stato ad allenarsi in Punta a Fusina (Laguna di Venezia). Io nell’Oceano canarino ci ho messo i piedi, camminando tra uccellini che potrebbero essere Piro Piro: non ho osato di più, per il freddo, confortandomi nel tiepidume della piscina, che abbiamo fuori dalla vetrata della camera. La vista è migliore dalle camere dei piani superiori, ma la piscina davanti al letto è super.

I momenti migliori per Maspalomas sono al mattino molto presto, quando la sabbia è ancora grigia e poi vira verso il bianco Isabella con la prima luce del sole

Dico la verità, per me il mare imperdibile resta quello della Costa nord della Sardegna, la Gallura. In subordine metto Porto Cesareo in Puglia e Premantura in Istria. Gli oceani che ho visto (Atlantico e Indiano) sono un meraviglioso paesaggio, hanno onde sensazionali, ma l’acqua non mi conquista. Non sono mai stata in Polinesia e ai Caraibi e mi resta qualche speranza. La Playa del Inglès diventa imperdibile grazie alle dune. Loro sono magiche anche al tramonto: abbiamo fatto tutto il girolo fino alla punta di Meloneras, ogni giorno, sia usando la Passeggiata pedonale, sia passando dalla spiaggia. Foto a raffica, per quello che possono, perché diventano facilmente cartoline, sembrano effetti irreali, invece no. Alcuni giorni abbiamo vissuto la calima, una specie di foschia prodotta dal vento africano che smuove tutta la sabbia delle dune, dal deserto fin qui (che poi è una propaggine). Uno status che pare non frequente e meno male perché è fastidioso, disturba la vista ma anche il respiro e la testa, che sembra imballata in un sudario.

MELI’ MELO’

L’edificato turistico non è la parte migliore di Gran Canaria. Ogni volta che mi dispiaccio delle nostre Spiagge venete, mi ricordo l’impressione del lungomare di Maspalomas e dei vialoni che si addentrano perpendicolari, con muraglie di condomini e alberghi, centri commerciali vecchi (degli anni Sessanta) e nuovi, locali, ristoranti. La nostra Pizzeria prediletta, 450°, gestita dall’italiano Danilo, per fortuna ti fa dimenticare, appena dentro, l’aspetto che ha di fuori, nel melì melò della Avenida de Tiraijana. Una sera, dopo lussuoso aperitivo, abbiamo voluto sperimentare un ristorante sul Paseo di Meloneras, facendo quasi a gomitate per trovare un tavolo; un’altra volta abbiamo cenato appollaiate su sgabelli in un chiosco fronte mare ed una sera perfino al buffet del nostro resort. Alla fine abbiamo deciso di fare come quegli italiani che all’estero cercano sempre pizza e spaghetti e ci siamo fatte adottare da Danilo, quasi in famiglia.

Lo Yumbo Centrum, indicato come cuore della vita notturna, visto di giorno è desolante; del centro commerciale CITA all’incrocio tra le avenidas Francese e Alemanna, metto una foto e decidete voi. Io girolo abbastanza a piedi, attorno al nostro hotel, sia verso il cosiddetto centro che verso l’Hotel Ruia sulla costa ma trovo poco da immortalare. Il nostro amico biellese, affettuoso e gentile, ci fa compagnia in due o tre locali che conosce, per il resto lui lavora e noi decidiamo di noleggiare una macchina e girolare l’interno. Ho imparato in Spagna (e qui, siamo in Spagna) che le stazioni balneari penalizzano la grande bellezza dell’arriere pays: non solo i luoghi d’arte o le capitali, ma soprattutto campagne, collina e mezza montagna, con i loro borghi. Anche Gran Canaria si rivela così e sono contenta che la mia esperienza di Girolona ci serva a non fare di questa vacanza solo un intervallo rilassante, con vista sulle dune. Non sarà il “cuore selvaggio” che propone Lonely Planet, ma insomma.

IL CUORE SELVAGGIO

Beatrice guida molto bene, è concentrata anche se chiacchiera a raffica, con me o al cellulare; io sono felice di fare il navigatore, con le mie inseparabili mappe cartacee. Ci troviamo quasi subito dentro un paesaggio aspro, deserto e molto suggestivo che io riconosco come intimamente spagnolo, nelle regioni interne e montuose. Mi sento meglio, perché le stazioni della costa mi hanno fatto dubitare della nostra scelta. Puerto Rico, Arguineguin, Meloneras, Anfi e gli altri resort sono cresciuti come cheratosi sulla pelle dell’isola, dentro le sue pieghe: dove le insenature appena appena consentano di annidarsi; senza nessun tentativo di mascherarsi o di disperdersi. Il paesaggio in cui giroliamo, invece, è intonso: ci sono ogni tanto sbarramenti che generano quasi-laghi, ci sono grandi ricoveri di bestiame o di legna, in alcune valli coltivazioni di avocado, altrimenti palme o agavi, stupendi fichi d’India, o solo boscaglia. Gli insediamenti abitativi, quattro case, sono rari. Incontriamo pochissimi turisti, per nostra fortuna sono tutti a fare jogging o shopping o kitesurfing. I paesi un po’ più grandi, che incontriamo in due giorni di giroli nell’interno, sono davvero piacevoli: Aguimes, Mogan, Fataga, Tejede. Non arriviamo dall’altra parte dell’isola, ad Agaete e Puerto de l’Aldea, per vedere se cambia il modo con cui hanno sviluppato le stazioni balneari. Camminiamo a piedi nei paesi dell’interno e facciamo fotografie. Beatrice è una cultrice dei dettagli: c’è una foto bellissima degli strumenti di un artigiano di Aguimes, dove io mi compero due ciotole di ceramica. Poi ha una attenzione particolare per le bestiole, soprattutto gatti ma anche gechi, farfalle e Piro Piro e surfisti nelle loro tute da lucidi anfibi. L’amico biellese ci porta a vedere un sito costiero dove vorrebbe venire ad abitare: non è troppo costruito e la spiaggia ha ancora una dotazione rustica, simpatiche baracche e un Bar Pio-Pio (Playa del Tauro?). Forse da canarino naturalizzato conosce i luoghi meno compromessi e vorrebbe venirci a vivere. Alle spalle di quella spiaggia, dentro un calanco, spicca il green innaturale dei campi da golf, cui si affacciano miriadi di casette basse, color terra, ciascuna con la sua piccola piscina. Come se la terra avesse dei nei color puffo. Certo, queste urbanizaciones sono meno vistose della grande muraglia di Anfi, con la sua spiaggia affollata, palme ed acqua caraibica, ottenuta mettendo mano alla costa naturale. Nei resort si fa così.

L’unico luogo costiero che si distingue dalla brutale edilizia dei resort, almeno nella sua parte storica, è Puerto de Mogan, dove torniamo due volte perché Beatrice vuole farsi una gita sottomarina, io la aspetto sul bar del faro da cui si gode una bella vista del porto e girolo per le stradine invase dalla buganvillea. Sono turistiche, molto, ma c’è un recupero delle case originarie abbastanza rispettoso anche della tipologia esterna con le scale racchiuse dentro un portico; i colori delle finestre e delle terrazze sono gradevoli. Ci sono anche maree di souvenir e di tapas bar, ma è il Turismo, bellezza!! E anche noi alla fine siamo turiste, come tutti gli altri.

LAS PALMAS

Mi sento in dovere di fare un girolo nella capitale, Las Palmas: confesso di avere la speranza che una città grande, spagnola, sul mare possa affascinarmi. Ci stiamo troppo poco, ci perdiamo in un traffico assurdo, su e giù per stradine impraticabili e dall’aspetto poco sicuro, guardiamo solo se c’è un parcheggio. Mia nipote dice che lei, da sola, non verrebbe in un posto così; io sì, ma sono La Girolona. Guadagniamo il centro, lasciamo l’auto con tanto di disco orario (!) e passeggiamo un po’: passiamo davanti ai monumenti segnalati, come la Casa di Colombo e un paio di chiese, qualche calle con palazzi antichi, qualche balcone verandato con bei lavori in madera. Seguendo la Lonely Planet ci fermiamo per un aperitivo nella cosiddetta Ruta de las Tapas e poi ceniamo in un locale scelto a caso, Tricyclo, che ci piace. Facciamo uno struscio nella via dello shopping. In aereo, al ritorno, abbiamo dovuto ascoltare il lunghissimo racconto di una nostra connazionale che ha un appartamento a Las Palmas, dove risiede per molti mesi all’anno (uno stereotipo). A sentir lei la città è meravigliosa, piena di vita e di cose, posti dove fare aperitivo, cenare, boutiques convenientissime durante i rebajas. Magari una prossima volta prenoto con air B&B, a Vegueta, Alcalavaneras, Las Canteras, La Isleta: proviamo a vivere sull’Oceano,  ma nel quartiere di una città grande, una capitale, col Porto, il via vai, la normalità.