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SULL’OCEANO II

Rinuncio ai discorsi sullo sviluppo turistico, figurarsi sulla politica internazionale o sul machismo terzomondista, che tende ad escludere Madama-skar dai discorsi di affari. Col nuovo corso del Presidente Motociclista (Girolo Madagascar II) sono possibili investimenti Governativi e della Banca Mondiale: JB e JS si stanno guardando intorno, cercando esperti e promotori, hanno anche qualche proprietà fondiaria, in giro in giro, chissà. Lasciato il villaggio già costruito, visitiamo un sito intonso, spiaggia bianca, palme e nell’arrière pays, una campagna lussureggiante di ravinala, banani, cocco, con cabane originali, abitate da contadini e pescatori: legno e giunchi lavorati a mano, intarsi quasi raffinati, tetti di paglia, portici. Fosse per me abbandonerei la tipologia bungalow pie dans l’eau e anche gli eco-lodge: farei dei resort come le cabane dove vivono i nativi, lungo lagune e foreste, protette dai cordoni dunari. L’Angelo ci spiega che le piante pioniere, come la Locusta Saxosa, a seconda di come sono orientate, possono mutare la Sorte: interessante.

Spiaggia bianca, palme e nell’arrière pays, una campagna lussureggiante di ravinala, banani, cocco, con cabane originali, abitate da contadini e pescatori

ALLA SCOPERTA DI:

IL NEPTUNE DI TAMATAVE

Lasciati i Pangalanes e i siti sull’Oceano (dalle parti di Foulpointe), l’ultima tappa del nostro girolo è Toamasina, cioè Tamatave. Una delle principali città del Madagascar coloniale, come si nota dalle belle cartoline d’epoca, in bianco e nero (esposte in qualche locale). Diluvia, senza speranza: i pousse-pousse navigano per i viali e i nuvoloni australi, a perdita d’occhio, rendono fascinoso anche il Porto Commerciale della città, con i suoi cargo. Il Neptune, dove alloggiamo, è senza dubbio alcuno un hotel per uomini soli: l’annesso Night Club ha uno sciupìo di fanciulle bellissime, fasciate e luccicanti, tacco 12, spacco inguinale, forse maggiorenni. Nel courtesy set delle camere, dentro vezzosi canestrini di rafia, è inclusa una ricca dotazione di preservativi. Leggo, oggi 2021, che Tamatave ha 2,9 escort per ogni 20 abitanti, inclusi donne e bambini: un record. Vero che è una città portuale, vero che è vicina alle miniere di nichel, ma Azafady!! Per fortuna, dopo 4 giorni di vomito, Madama-ska è risorta dallo stato di malade pres’que morte e Chez Christian, locale storico di Tamatave, riesco a gustare per intero un gratin di gambas, retaggio di haute cuisine francese. Lui, il patron, è un mezzosangue franco-malgascio, nato e cresciuto qui e ha messo insieme questo localino appena appena pacchiano, con una pista da ballo ed un palchetto, da cui JB in persona dedicherà a Madama-ska tre brani melodici, tra cui un Sinatra (Stranger in the Night). Oltre che un ballerino istintivo, JB è un bravo cantante: il gentiluomo di Verona, che è anche corista, lo apprezza. Non mi è capitato spesso di essere oggetto di una dedica pubblica, tanto galante e singolare: dovevo venire fin qui, alla fine del Mondo. Il mio sonno è finalmente beato. Peccato che l’immancabile sveglia alle 5 non riesca a partorire niente di meglio che una partenza verso le 10. Mora-Mora: ci sono imprevisti con le carte di credito, per cui dopo aver atteso l’apertura della filiale bancaria, dobbiamo andare a casa del Direttore, niente meno. Ci offriamo di pagare con le nostre VISA, ma asafady, urtiamo il tabù dell’ospitalità di JB e JS. Poi tocca al mora-mora con la benzina, per cui si mobilita una tribù di gasolisti, che sembrano poliziotti/e, con la divisa di JOVENNA azienda leader nei carburanti. Solo il giovane gentiluomo di Verona riesce dopo lunghi parlamenti ad ottenere delle taniche. Il perché di questi intoppi, non è dato comprendere, neppure con l’aiuto dell’Angelo. Poi c’è un mora-mora con i bagagli e la distribuzione sulle diverse auto: la 505 che parla e il fuoristrada di un amico, sbucato dal Nulla, dato che JB si è dileguato. Forse è alla festa di matrimonio della nipote di etnia Betsimisaraka per la quale sono state comperate molte delle provviste strada-facendo. Lo rivedremo soltanto in Aeroporto, poco prima del nostro imbarco verso Malpensa: in giacca e cravatta, come quando ci ha accolti all’arrivo, senza le sue strepitose camice tribal-floral marca Samara. Ho cercato questa marca nel web fino allo sfinimento: alla fine mi sono arresa ad alcune somiglianze col cotone Indiano (di nuovo Asia) e con i disegni tipici, che poi sono stati elaborati dagli inglesi. Metterei delle foto, non fosse che si tratta di un malagasy VIP. Solo quando stiamo per imbarcarci, l’Angelo ci rifornisce di souvenir inattesi, tanto da farci dubitare che si tratti di oggetti dimenticati sugli aerei o confiscati alla dogana. Non esiste in Aeroporto un duty free e neppure un ambulante che li venda, sbucano fuori dal Nulla, come gli spiriti locali. Forse qualche amico malgascio dell’Angelo li ha portati qui apposta per noi, quando ci siamo rammaricati di non aver avuto tempo per lo shopping o magari li ha comperati proprio JB, il compratore seriale, deviando dalla N2, da Toamasina ad Ivato. Sono belli, di nostro gusto: sculture di corno, ceste di rafia, lambà di seta grezza (senza colori!), scatole di legno intarsiato, carta fatta a mano coi petali di fiore. E, ultimi ma non meno originali, dei panini caldi con prosciutto di volaille, che Air-Mad se li sogna. Azafady. In aereo torno ad ascoltare la chitarra malinconica di Eric Manana, ma confesso che mi mancano il ritmo del Glacier -che non oso definire africano!- e la voce di JB che mi canta Sinatra. Posso consolarmi con gli amabili cartoons di Madagascar I sul piccolo schermo del sedile, oppure mi bevo finalmente un Justerini&Brown.

Oltre 10 anni dopo il mio girolo nel Mad-Mad, nel Padiglione Malgascio della Biennale d’Arte, Corderie dell’Arsenale di Venezia, mi trovo dentro ad installazioni di plastica nera, che simulano la Selva. Associazioni immediate si mettono in moto con alcune fotografie fatte a Tamatave: riverberi e ombre, tra le palme del Lungomare. Ho già scritto che l’Arte contemporanea non va capita ma “sentita”: se emoziona ha raggiunto lo scopo. Non so se io potevo sentire di essere IN Madagascar, solo perché ci ero stata (direi di sì), ma penso che ogni malgascio lo avrebbe immediatamente sentito, come l’artista. Bello.