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TORINO-LIONE

Nel 2005 si parlava molto della Torino-Lione, del nuovo traforo in Val di Susa, origine di clamorose proteste dei no TAV (in francese TGV). Così, quando Marina Dragotto, direttore di Audis organizzò uno dei suoi viaggi-studio a Lyon, approfittai a raggiungerla in treno, da Torino: 3 ore e ½, grande vitesse, anche senza il nuovo tunnel. Prenotai un hotel Mercure Beaux Arts in Place des Jacobins, a metà tra la Stazione TGV di Perranche e l’Opéra National, ristrutturata da Jean Nouvel. Dalle finestre dell’albergo (bello e non caro, come sa fare Mercure), vedevo facciate mooolto francesi, finestre con i frontalini di ferro battuto (che avevo scoperto a Grenoble), boutiques e bistrot. La camminata da Perranche a Jacobins, col mio trolley, mi diede una bella sensazione: sapevo che sarei stata poco in centro, perché l’interesse Audis era la rigenerazione urbana dei grandi quartieri esterni, la Grand Lyon; poi saremmo andati in pellegrinaggio nei luoghi di Tony Garnier il grande architetto del Novecento, che qui è nato, qui ha lavorato e qui è sepolto al Cimitero della Croix-Rousse. È difficile dire quale sia il centro di Lyon: guardando la carta (di carta) si capisce che c’è un’anima tra i due fiumi, il Rohne e la Saone, la sua forma evoca una ninfa dal collo di cigno, che termina alla Confluence; i suoi capelli fluttuano nell’acqua, fino ai Parchi della Tete d’or e de la Pape. Il naso della ninfa punta dritto a la Vaise, uno dei quartieri rinnovati e il suo occhio guarda fisso La Duchère, il secondo caso-studio della nostra visita. Se mai vi interessassero gli aspetti di rigenerazione (se siete architetti, urbanisti o sociologi), vi rimando al sito del COSES e ai miei resoconti. Qui giroliamo scanzonati, utilizzando le mie fotografie evitando lezioni sul rinnovo urbano. Ma: che soddisfazione vedere che oggi le Guide di Lyon raccomandano due Grandi Progetti de la Ville (GPV) che noi vedemmo in fieri, come la Confluence (Museo Etnografico) e le Berges du Rhone (parchi)! Da sola ho girolato poco -Marina era tedesca nel rigore dell’organizzazione: salivamo in bus dopo il petit-déjeuner e smontavamo dopo la cena, stremati di passi, visite, spiegazione dei progetti da parte di professionisti/e ineccepibili. Con lei e Pierre-Michel ricordo solo una trasgressione: al Marché, muscadet e ostriche, dove sono fresche come in Bretagna (infatti arrivano da Cancale). In quegli anni era di moda Bocuse master chef della nouvelle cuisine, nato e operativo a Lyon, città che, in complesso, veniva considerata gourmand. Ho visitato il sito di Bocuse (2022): uno dei più raffinati che abbia visto. I suoi Menù a (minimo) 290 euro, con assortimento dei vini a (minimo) 55 euro mi dicono che non ci sarei potuta andare. Sui mutui per cenare, ho tutte le riserve possibili: girolare nel sito, foto delle vivande, spiegazione delle ricette, salle-a-manger prenotabili, sono un’esperienza gratuita gratificante. La prima sera cenai da sola in Vieux Lyon, una strada che era un vero e proprio cluster di ristorazione (rue de Boeuf o rue St.Jean, vicino alla Cattedrale).

ALLA SCOPERTA DI:

ENTRE RHONE ET SAONE

I miei giroli in centro si svolgono lungo il collo di cigno della ninfa, tra Place des Jacobins (appena fuori dal Mercure e la Croix-Rousse), il 1° arrondissement. I Jacobins sono un cantiere, i Grand Travaux dei Francesi: stanno rifacendo facciate e pavimentazione; nel sottosuolo visitiamo un avveniristico garage interrato multipiano, del 1966 che sembra il Pozzo di San Patrizio, a Orvieto. La Croce Rossa è il quartiere della Lyone “di seta”, degli artigiani tessili e del rumore dei telai: che non c’è più. Il collo di cigno della ninfa, lungo e sottile, svanisce tra i flutti, oltre Perrache, dove i due fiumi di Lyon confluiscono (la Confluence), terre perse: nel 2005 sono soggette a rigenerazione, un GPV Grande projet de ville, che oggi è l’icona di Lyon museedeconfluence.fr. Si tratta di ex luoghi portuali desolati, fango, che promettono di diventare passeggiate, spiagge, parchi, loft per abitare o fare spettacolo, i francesi dicono loisir. Si giovano di una posizione superba, alla fine della presqu’ile, con veduta sui vari quais (che non mancano di bouquiniste nella parte signorile dell’Hotel de ville), moltiplicati sulle 4 sponde. Un altro GPV si chiama Berges du Rhone (le sponde). Alcune fotografie del Rhone mostrano la Part-Dieu (espansione urbana degli anni ‘70), che con i suoi fronti edilizi mi ricorda Bayonne; dall’altra parte (sulla Saone) si intravede la collina di Fourvière (che ha vestigia gallo-romane), in una luce perlacea che mi ricorda Marsiglia. È affascinante questa Lyon fluviale, con barche da lavoro (le péniche), ponti, industrie dismesse: materiale per l’urbanisme futuro e un nuovo centro del centro. Tutte le Guide vi consigliano la visita dei traboules, i “passaggi” coperti che uniscono le diverse abitazioni, tipiche della Croix-Rousse. Io li trovai senza guida e ne fotografai qualcuno: tipologia edilizia molto interessante. Ma, sinceramente, mi colpirono di più i Murs Peint, una vera caratteristica della Lyon contemporanea, che ha consentito di recuperare molta edilizia qualunque, facendola diventare scenario urbano. Hanno dipinto ovunque, facendo veri e propri musei diffusi di questa arte urbana: non sono graffiti, né street art, né trompe l’oeil. Celeberrimo il Mur des Canuts (gli artigiani) e La Fresque des Lyonnais, 36 glorie cittadine affacciate a finti balconi. Se non avessi le fotografie, non ricorderei di aver visto la Cattedrale di St. Jean, gotica, coi suoi bei portali e rosone. Non ricorderei Notre Dame de Fourviere sulla collina omonima (mi perdonerei, perché non è niente di speciale). Ma la presqu’île tra i due fiumi contiene anche la parte più signorile e ufficiale di Lyon, attorno all’Hotel de Ville (dicono sia uno dei più belli di Francia) e all’Opéra National, che prima del rinnovo era davvero brutta. Una sera mi capita di assistere all’arrivo di un corteo di auto blu e scorta della Gendarmerie, che entra lentamente nella Corte d’Onore dell’Hotel de Ville (molto bella): decido che sia Mitterand che va a cena dal Maire, Gerard Gegè Collomb (Socialista poi passato a En Marche, Ministro degli Interni di Macron). Io vorrei tanto intrufolarmi ma non ho adeguato outfit, nemmeno per regalarmi una serata all’Opera. Quindi decido che la visiterò di giorno e vengo premiata dagli interni di Nouvel, che ha fatto miracoli jeannouvel.com. Il suo progetto si sviluppa dentro-sopra il vecchio edificio neoclassico del 1831. Il solito coraggio dei francesi, di rivisitare il proprio patrimonio, senza tabù: pensate alla Piramide del Louvre, Girolo Paris Ouverture. Direbbero i cultori, “i loro edifici sono spesso brutti, non rovinano niente. Vuoi mettere i nostri!!!!”

LA VAISE, LA DUCHÈRE, BLD ÉTATS-UNIS

Il vero talento per la rigenerazione urbana, i francesi ce lo sciorinano nei due quartieri oltre Saona che sono la ragione del viaggio Audis. Non vi tedio, ma se guardate una foto aerea de La Duchère (online) capite al volo, anche se siete panettieri o astrofisici: raramente avete visto edifici residenziali “a barra”, più simili ad una muraglia fatta col lego bianco. So che è banale, ma preciso che la stragrande parte dei 10mila abitanti di Duchere è di colore, immigrati delle prime generazioni, nordafricani. Le Equipes di rigenerazione ci spiegano cosa e soprattutto come: insistono sulla partecipazione dei residenti, senza la quale far esplodere una “barra” per ricostruirla, non sarebbe stato possibile (bisognava, quantomeno, farli uscire con le loro cose). Le barre che non esplodono, per essere sostituite da case a schiera, basse e con giardino, vengono rigenerate col metodo cuci-scuci, come una pelliccia rimessa a modello. A La Vaise, un’altra lezione di urbanisme: tutto ruota intorno ad un progetto educativo, la nuova Università Professionale Internazionale, 7mila studenti da alloggiare, dove una volta c’erano gli impianti di Rhodiaceta. Roba da non credere, se pensiamo a Marghera o alla Valsessera: abilità dei Francesi o resilienza delle grandi Città?! Non posso negare che il fascino maggiore del girolo è nel Boulevard des États-Unis, dove sfilano le architetture di Tony Garnier: bianche, leggermente sovietiche, ma che classe: terrazze, finestre Decò, vetrate geometriche, scale Liberty. In parte le hanno recuperate come abitazioni (di quasi lusso), in parte come musei, in parte si sono scatenati coi Murs Peint: facciate alte sei piani, dipinte con la storia del luogo, i progetti di Garnier, foto e giornali d’epoca. Entriamo in una casa di appartamenti, conservata com’era negli anni Trenta: ringhiere colorate di azzurro, macchine per cucire Singer vicino al letto (alla francese!), ninnoli e libri d’antan. Tornando col bus, passiamo davanti all’opera più celebre di Garnier, les Halles, ora adibite a concerti; poi attraversiamo il Distretto Industriale che è diventato Patrimonio da visitare, 8° arrondissement, di cui bld États-Unis fa parte.

nel Boulevard des États-Unis, dove sfilano le architetture di Tony Garnier: bianche, leggermente sovietiche, ma che classe: terrazze, finestre Decò, vetrate geometriche, scale Liberty

LA BIS-TAN-CLAQUE

Non saprei riassumere Lyon in una icona: i Gallo-Romani, Toni Garnier, i grandi progetti urbani, i quais, la Confluence, la Croix-Rousse, la Part-Dieu, la Vieux Lyon, la Fourviere, i traboules, i murs peint, le péniche, Bocuse? Una grande città normale in continua evoluzione, in qualche modo mi richiama Rotterdam ma è più charmant (ovvio, direte voi, è francese!). Adesso che Marina non c’è più, sarebbe giusto tornarci: per valutare il rinnovo de la Confluence e magari fare un po’ la turista qualunque, visitare gli altri Musei: Tessile, Beaux Arts (da Perugino agli Impressionisti), Gallo-Romano. Quando si viaggia per lavoro, anche sottraendosi alle agende e al gruppo, si trascurano tanti aspetti turistici: banali ma anche belli. Rifletto sulla bistanclaque, il rumore dei telai, della Croix-Rousse e penso che manca anche a Pettinengo (Girolo Piatto e Pettinengo): a questi fili  interiori, biellesi-lionesi,  nel 2005 non ho minimamente pensato. Non credo che andrò da Bocuse, (niente mutuo per una cena), forse tornerò al Tira-Bouchon o a Le Cintra, bar degli anni ‘30; la Brasserie Francotte, un locale storico, risulta definitivamente chiusa, come Le Pain Quotidien. Online, di parola-in-parola, ho scoperto un’autrice francese che ha scritto Le sang des bistanclaques, un polar come dicono loro, ambientato a la Croix-Rousse dei tessitori, anni ‘20. Girolo coi libri.