
LIDO DI VENEZIA
IL LIDO DI LIDO
Solo una città unica come Venezia può chiamare semplicemente Lido uno dei litorali che chiudono la propria Laguna: geograficamente sarebbero il lido di Cavallino (penisola), il lido di Pellestrina e il lido di Lido. Poi, ci ha pensato il Conte Volpi, inventando la Biennale del Cinema “a pigione sulla terrazza dell’Hotel Excelsior” (1932) a portare il Lido dritto nell’immaginario mondiale. Scomodo, per primo, lo stereotipo di Morte a Venezia (romanzo di Mann portato sul grande schermo dal maestro Visconti): per quanto banale, la Spiaggia del Lido su cui passeggia Silvana Mangano riccamente vestita, mentre von Aschenbach smania per suo figlio Tadzio. Sullo sfondo, prego notare le stesse capanne da cui esco io, nel 1980, dopo una famosa mareggiata di quell’inverno. Andrea Molesini, veneziano scrive nel 2014 Presagio, ambientato proprio lì e con ruolo di co-protagonista a Nicolò Spada “inventore” dei Bagni Salsi e primo direttore dei Grand Hotel CIGA, Compagnia Italiana Grandi Alberghi: l’Excelsior (dove alloggiano gli attori) e il Des Bains (oggi riforbito in appartamenti di lusso). Molesini fa muovere li suoi personaggi tra Lido e San Servolo (isola dei matti, oggi diventata VIU Venice International University): è abile, non solo nell’ambientazione Bell’Epoque, ma anche in quella topografica, perché la liaison tra le due isole è un sublimato della Laguna di Venezia, paesaggio fuori dal Tempo, rurale-urbano (Girolo Orti Serenissimi). Senza alcuna pretesa di fare la storia del Lido (cui mi dedicavo negli anni Ottanta), dirò che l’isola dalla forma di osso lungo, con due estremi ingrossati a ginocchio (San Nicolò e Alberoni) era campagna della Serenissima, dedicata ad orti, vigne e lunedì fuori porta (i luni de lio), con fragie, regolete e garangheli, modi di dire dialettali per indicare il buon tempo. Ben prima dell’invenzione della Spiaggia e dei bagni salsi, Lido era stato baluardo militare, contro i nemici che vengono dal mare: vicino ai Conventi (eremi) si alzano i Forti e gli Ottagoni. Infine, la Serenissima lascia la difesa dei Murazzi, la lunga linea bianca, che precedono il Mose, contro le acque alte e le mareggiate. Viene, infine, la stagione dei Bagni, salus per acquam come si faceva alle Terme e l’Adriatico attrae i forestieri per la villeggiatura marina: a partire dal Gran Viale, che unisce il Lido alla Città via Laguna (esclusivamente per acquam), si spande una macchia d’olio di villini e alberghi Liberty, mentre l’arenile si attrezza con gli Stabilimenti, le macchine da bagno e infine le caratteristiche “capanne”. Molto di questa immagine resiste e il Lido è tutto questo, ancor oggi: una magnifica Spiaggia arredata, una città giardino, un museo all’aperto di architettura Novecento, parte dell’ambiente unico tra Laguna e Mare. Lido non è Long Island, non è il Poetto, non è Scheveningen: è un unico, come Venezia.
Il lido è una magnifica Spiaggia arredata, una città giardino, un museo all’aperto di architettura Novecento, parte dell’ambiente unico tra Laguna e Mare
ALLA SCOPERTA DI:
LA SPIAGGIA
Mai vi manderei al Lido per il mare, per un bagno, nuotare o andare a vela. Quando mio marito, dopo anni di Lido, si è immerso la prima volta nel Mare di Gallura era stralunato e ripeteva “non sapevo che il mare fosse così”. Ma. Se volete un paesaggio di marina urbana praticamente unico, eccolo. Io l’ho scoperto negli anni ‘70, in zona A, la porzione meno lussuosa, che confinava con l’Ospedale al Mare (oggi dismesso) e arrivava fino alla Diga di San Nicoletto, che noi percorrevamo in bici. È, ancora adesso, la zona meno internazionale, frequentata dai residenti veneziani e, sul lato della Laguna conserva qualcosa di selvatico, di desueto, fuori dal Tempo (con un ex Forte e un ex Convento): da lì si vedono Sant’Andrea (Forte), la Nuova isola del Mose, il Bacan, la punta di Cavallino, la Bocca di Lido da cui ancora entrano le Grandi Navi da crociera dirette a San Marco. Una gran camminata lungo la Spiaggia (sono 11 chilometri) vi porta dal Faro di San Nicolò fino agli Alberoni, dove sopravvive un sistema dunario originale. C’è discontinuità e dovete in alcuni punti rientrare sul lungomare o più internamente, ma è un itinerario raccomandabile, con la possibilità -se vi stancate o annoiate- di prendere un bus Actv, per completarlo o tornare indietro. Va senza dire che in Gran Viale, appena sbarcati da Venezia, a Santa Maria Elisabetta potete noleggiare una bici. La Spiaggia è caratterizzata da un popolo di capanne che altrove si chiamerebbero casotti: delle cabine grandi, atte a contenere brandine, tende, tavolini e tutto l’armamentario da spiaggia, anche da un anno per l’altro. I veneziani si accapigliano per affittare in stagione le capanne nelle zone più ricercate; i Grandi Alberghi hanno capanne riservate. Dentro o sulla terrazza di legno che le fronteggia, si allestiscono aperitivi, giochi alle carte, veri e propri pranzi e feste, garangheli. Ci sono anche le conchiglie, ci mancherebbe e anche, in inverno, un repertorio di scarti che si mescolano alla natura, con strani effetti plastici. Sui Murazzi, verso Alberoni, qualcuno ha forzato il lato artistico, usando lacerti di bottiglia: i nuovi fossili. C’è ancora chi va a cape (raccoglie i molluschi sul bagnasciuga) e Stefano mi racconta che, da ragazzo, acchiappava i granchi, che non volevano farsi acchiappare usando le chele.
LIBERTY LIDO
Per una che adora il Liberty, andare al Lido è come una immersione nella piscina di casa. Non posso che cominciare da un vero monumento che è l’Hotel Ausonia e Hungaria, ripetutamente restaurato e di gran lusso. Mi sono regalata un paio di escapade lidensi, soggiornando in una camera ancora arredata con i mobili dell’origine, ben collocati nel comfort contemporaneo, al top. Costa, ma vale. Conosco bene quegli arredi, gli stessi dell’Hotel Bortoli (ora residence) che è stato il mio primo impatto con il Lido, nella preistoria degli anni ‘70. Nel seminterrato dell’Ausonia c’è il centro Thai, Lannagaia, massaggi e trattamenti che vi consiglio senza dubbio (frequentabile anche per chi non sia cliente dell’hotel). La densità massima di Liberty è, ovviamente, dal Gran Viale verso la zona Biennale: le aree dove si sviluppò la Stazione Balneare. Camminate senza chiedervi dove state andando: tra Laguna e Mare non c’è più di un chilometro, serpeggiate tra giardini, cancelli, torrette, terrazze, canali interni. A sorpresa, sbucherete al Palazzo del Cinema (Razionalismo anni ‘30), ai Grand Hotel in stile Eclettico Internazionale, a quelli più modesti; molti sono trasformati in appartamenti perché il turismo al Lido non è più per forestieri, se si escludono le settimane della Mostra del Cinema; in stagione i veneziani che hanno seconda casa al Lido, fanno i pendolari per venire a lavorare in centro. Tenete il naso all’insù perché i decori sono quasi nascosti, ci sono dettagli di cui andare in cerca, ignorando alcune brutture orrende del contemporaneo. Nel dopoguerra il Lido è diventato un quartiere periferico di Venezia, molto popoloso, in alternativa alla Terraferma di Mestre e Marghera. Lascio parlare le mie fotografie, una piccola selezione di quello che potete trovare, passeggiando con calma e ripetutamente: il clima è mite, perché siamo al mare e anche in stagione non c’è mai il clamore vacanziero. Tra le immagini devo mettere quella di una palazzina anni ‘30 non bella, dove ho lavorato nel 1979 ad Un Libro per la Spiaggia, iniziativa geniale del Comune per iniziare i bambini alla lettura. Prestavamo libri in giornata, a fronte del deposito di un Abbonamento ai battelli: il Lido è un’isola e chi voleva tornare a casa, la sera doveva riportare il libro. Venivano bambini veramente piccoli, prendevano favole o fumetti, stupitissimi che “non costasse” portarseli via; tornavano la sera, i libri vagamente umidi e pieni di sabbia, ma utilizzabili da un altro bambino il giorno dopo. Quando non ero di turno, dimoravo in Sala Volpi alla Mostra del Cinema: intere mattine o pomeriggi e comunque, sempre, di sera, in Sala Grande (millantando accrediti stampa). Ho visto rassegne intere dei film fuori concorso, che mai sarebbero arrivati nelle sale normali o di B movies italiani anni ‘70 che a Pulp Fiction gli fanno un baffo. Una vera bulimia di pellicole, un’atmosfera da cinefili seriali, anche noi vagamente umidi e pieni di sabbia, per l’ultimo bagno en passant. Ecco: il Lido ha anche questo lato di “fuori dal mondo”, un mood da randagi d’elite, che vagano storditi dal buio della sala, incuranti delle star da red carpet, i quali, esterno giorno, ciondolano a loro volta nella hall dell’Excelsior, sbarcano dai motoscafi, fanno quattro parole con chi capita. Ricordo di essermi trovata al bar con Malkovich (che beve più di me) e dietro una scapola di Tom Cruise, in coda per qualcosa.
LIDO NATURA
Se poi vi annoiano il glamour, i B movies, il Liberty potete godervi il paesaggio, tra Laguna e Mare e viceversa. Basta andare sulle Dune degli Alberoni o in piazzetta a Malamocco (uno scenario da Goldoni) e, per strafare, sui Murazzi della Serenissima (il tratto più lungo lo trovate a Pellestrina, passato il Traghetto da Alberoni a Santa Maria del Mare). Il mondo alla fine del mondo: vento, adriatico, solitudine, luce che la pietra bianca rende abbacinante. Ogni volta ritrovo l’atmosfera della prima: quando con Toni pedalavamo in Diga a San Nicoletto (1976) e all’orizzonte non c’era il Mose. Stessa sensazione a montare con il bus sulla nave, per attraversare la Bocca di Porto di Malamocco (da lì dovrebbero passare le Grandi Navi se andassero a Marghera) e sbarcare in un altro pianeta della galassia Serenissima, Pellestrina. Il Consorzio che si è occupato del Mose ha anche costruito la Spiaggia di Pellestrina, che non c’era: si può fare il bagno in solitudine, scendendo dai Murazzi. Si può camminare a lungo (altri 11 chilometri), da Santa Maria del Mare fino alla Riserva Naturale di Ca’ Roman (un piccolo cameo naturalistico) e proseguire (in nave) fino a Chioggia. Raccomando una sosta a Pellestrina “capoluogo”, altro nucleo originale, molto conservato, fronte Laguna. In un’Osteria locale, gustando un cicheto di folpi rosti (polipetti alla piastra) ho colto una conversazione in dialetto tra due omenassi che avevano appena finito di rigovernare le reti e si confidavano sulle mogli, “’e femene, ‘na certa età, ‘e diventa burci”, barche da trasporto, belle larghe. Maschilismo a parte, le paragonavano a imbarcazioni, quindi cose sacre. Laguna, pesce, barche. A volte, negli anni ‘70, tornavamo da Pellestrina il mattino dopo, con i bus degli spazzini e delle cameriere ai piani: albe in Laguna, uniche.