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ARRIVARE A CHIOGGIA

L’accesso principale a Chioggia è dalla SS 309 detta Romea. Ma se volete evitare grande traffico e pericolo, se volete godervi lo spettacolo della terra tra i fiumi, a sud di Venezia, vi suggerisco di percorrere le strade alzaia, quelle che costeggiano appunto le infinite deviazioni di corsi d’acqua operate nel corso dei Secoli (Girolo: Foce del Brenta). In questo modo vi renderete conto del paesaggio, della valli lagunari, dell’intrico di fiumi, canali, argini e delle frazioni tra mare e terra, alcune molto suggestive, delle Idrovore che permettono a questa zona di non allagarsi o ritornare palude, quale era un tempo. Questo, vi farà “capire” che le spiagge non sono un luogo a sé stante, lo stereotipo balneare Mare-Sabbia, ma fanno parte di un mondo complesso, agricolo, fluviale, marittimo, lagunare, retrodunale, dove, finita l’abbronzatura e i giochi delle rane, si possono trovare altre soddisfazioni, girolando. Non mi stancherò mai di raccomandare questo approccio, alle zone di mare: la sento come una missione. Da Dolo, verso Chioggia e Rosolina, io evito la Romea e scelgo le SSPP 19 Arzerini, 53 Arzaron e 9 via degli Orti; passo per Camponogara, Corte, Rosara e Ca’ Bianca: i toponimi dicono tutto sul paesaggio dentro cui viaggio. Questo girolo si apre e si chiude con Chioggia (per favore: NON chiamatela piccola Venezia!!): una città che merita, nella quale giroleremo in futuro.

ALLA SCOPERTA DI:

PORTO CALERI 

Nell’estate del 2020, molti hanno riscoperto le “spiagge vicino a casa”, con brevi fughe dalla clausura, quando si poteva. Avrete capito che adoro il Mare d’Inverno, infatti ero stata tante volte nella zona di Rosolina, attorno alla Foce dell’Adige e a Brondolo (Chioggia) attorno a quella del Brenta, quando matura il radicchio (novembre), il cielo è terso per il freddo, i colori esaltati e l’Adriatico si “sente” in lontananza. Poi, il 27 luglio 2020, alla ricerca dell’Oasi naturalistica di Porto Caleri (che ho trovato chiusa), mi sono avventurata, per un sentierino tra i cespugli, verso la spiaggia libera. La Palma d’oro dei miei giroli in clausura è subito stata sua: di questo arenile a Boccavecchia di Rosolina (RO). Boccavecchia mi racconta che, un tempo, l’Adige veniva a sfociare qui, in Adriatico, ma i Magistrati alle Acque devono averlo divertito, poco più a nord. All’attuale Foce dell’Adige (Rosolina Mare) ero stata con mia madre Giò, in uno dei suoi soggiorni a Dolo nel 1990: l’avevamo trovata molto suggestiva nella sua semplicità, un largo e placido serpente, che striscia in campagna. Ne ho fatto anche un disegno a pastello, mentre la Giò si vede nelle fotografie con l’attento sguardo osservatore (l’orizzonte e i cespugli), sportiva ma elegante come suo solito, con uno chemisier di cotone madras.

30 anni dopo, tralasciando l’Adige a sinistra della SP che porta alla stazione balneare di Rosolina, ho preso a destra, una deviazione lungo Laguna. Alla mia destra le Valli, nascoste dai canneti, alla sinistra il Mare la cui vista è impedita dalla macchia boschiva. L’Orto Botanico di Porto Caleri è chiuso di lunedì. Non mi do per vinta e decido di seguire i bagnanti locali che parcheggiano sulla strada ed entrano nella macchia costiera, verso una spiaggia pet friendly (la quale, secondo me, si congiunge con quella dell’Orto). Il mio azzardo viene premiato e, dopo una breve camminata tra gli arbusti, superate basse dune, scopro una spiaggia profonda, sabbiosa, popolata di strutture molto precarie,  spontanee, incustodite. L’acqua è bassa ma pulita, c’è brezza e mi dedico per qualche ora a restaurare una delle costruzioni, novello Robinson. Esperienza magica, inattesa e gratificante. Alla fine il mio abito bianco, viene appeso come bandiera. 

PORTO CALERI: IL RITORNO

Il sito web dell’Orto Botanico fa parte del Deltadelpo, ma immagini molto suggestive le offre anche viaggiareunostiledivita.it. Il 23 settembre 2021 finalmente siamo riusciti, Stefano ed io, a farci una immersione nella Natura protetta, tra Laguna, bosco, dune, mare. Bellissimo, davvero. A tal segno che quando in giro per il mondo mi capiterà di pensare “ma perché noi in Italia, non siamo capaci di fare queste cose”, mi zittirò, pensando a Porto Caleri. Quando vogliamo siamo capaci! Si cammina su terreno morbido, elastico, tipico dei boschi costieri, dato che sotto c’è la sabbia e sotto sotto la sabbia indurita, le vecchie dune. Il camminamento è ben segnato, comodissimo e vi conduce tra le varietà di flora tipiche dei litorali: prima la macchia mediterranea, lecci, ginepri, pini da pigne, pini marittimi, pyracanta, poi gli arbusti e i fiori “da duna”, come l’Elicriso (profumo di Sardegna!), l’olivella spinosa, l’Eringio, la soldanella. Infine si aprono le vedute a mare, oltre le piccole dune con le loro piante pioniere. Questo ambiente lo definirei esaltante, nel senso che aumenta moltissimo il fascino dell’Adriatico, un mare piatto e col fondale torbido. Si può camminare sul bagnasciuga, sabbia bagnata ben compatta, finché una grande curva fa morire la spiaggia sabbiosa e dunosa, in una quasi laguna, lame d’acqua si alternano a strisce di sabbia scura: poche persone sono intente a raccoglie cappe, coi loro secchielli (è proibito nella Riserva raccogliere fiori, ma forse non animali). Dalla spiaggia si rientra nella macchia attraverso una vera e propria laguna: infatti l’Oasi ha predisposto dei camminamenti rialzati, con un punto di osservazione. Si gode la vista delle Valli di Caleri, con alcuni trabaccoli, alcune imbarcazioni a fondo piatto che sfilano veloci. Attraverso una prateria valliva colma del limonium, che sta virando dall’indaco della fioritura al rosso vinaccia dell’autunno, ci si ricongiunge ad un percorso nella macchia e si chiude la visita arrivando al parcheggio da cui si è partiti. La prateria porta i segni di allagamento, segno che le maree (senza avere escursione strepitosa come quelle oceaniche) possono arrivare fin qui. Una traccia di “acque alte”, a voler vedere. Passeggiata piacevolissima, luogo benissimo organizzato, senza eccessi: l’impronta mi pare quella del Parco di San Giuliano, la Natura lasciata com’era, e per questo fine ben protetta. Perché, sappiatelo, per mantenere i luoghi naturali come sono, ci vuole un sacco di “mano dell’uomo”. 

Una prateria valliva colma del limonium, che sta virando dall’indaco della fioritura al rosso vinaccia dell’autunno

LE TEGNUE

In uno dei diversi tentativi di arrivare all’Oasi, un mercoledì di giugno 2021, ho trovato le rotonde di Chioggia intasatissime e senza speranza di risoluzione. Il bello della Girolona è poter assecondare il Caso, cogliere l’attimo. Addio Orto Botanico (era destino ci andassi con Stefano!) ed entro a Sottomarina di Chioggia, stazione balneare molto pop. Un cartello segnala, sulla destra, il bivio per la Spiaggia de Le Tegnue, dove ancora non sono stata. È una Riserva Marina, che ha messo in salvaguardia uno spazio acqueo tra la foce del Brenta (Girolo Foce del Brenta) e l’Adriatico, dove pare ci sia una microflora particolare, definita il reef adriatico: alghe rosse, spugne, anemoni e rocce che tegnevano le reti da pesca rompendole. Anche questi dettagli li potete trovare nel web discoverytrip.it. Io mi limito a fare l’escursionista balneare, senza pretesa di fare diving (si può!) come fossi sul Mar Rosso. Parcheggio a 6 euro (intero giorno) e raggiungo la spiaggia che è larga, sabbiosa e assai simile a quella di Porto Caleri. La differenza è che qui, a Le Tegnue, si è espanso il modello Sottomarina: la spiaggia è attrezzata con ombrelloni, tavolini, lettini e sdraio, in diversi “stabilimenti”, con chioschi ristoro e gentile organizzatore di attività  (giocano alle rane??), musica a palla e “baywatcher”. 

Molti cartelli spiegano che NON si può mettere l’asciugamano sulla sabbia ma, sappiatelo, questo non è mai vero perché siamo comunque sul Demanio pubblico che i gestori hanno soltanto in concessione. La gente lo sa e fa disobbedienza balneare. La Girolona sa bene che quando si accede ad una spiaggia, che sia libera o gestita, basta fare qualche centinaio di metri perché la folla si diradi: alla gran parte dei turisti piace stare dove ce ne sono altri e, soprattutto, non amano fare fatica. Appena arrivata faccio la passeggiata sul molo, che protegge la Foce del Brenta, non sono più di 200 metri. C’è anche un pescatore molto attrezzato, con una strana bicicletta adattata al trasporto delle canne e dell’eventuale pescato, un habituè. Le Tegnue non ha il fascino selvatico di Porto Caleri, ma non è male per godersi la brezza di mare e mettere i piedi in Adriatico: l’acqua a riva è trasparente. Ogni luogo chiama al proprio rituale: se a Porto Caleri ho riparato la capanna di Robinson, qui decido di concedermi un bell’aperitivo. Ordino olive ascolane e spritz e, all’ombra di un maxi chiosco molto ben tenuto, osservo l’infilata di ombrelloni chiusi. Poi l’occhio è calamitato da una serie di tattoo veramente belli, molto estesi ed esibiti con giusta vanità, da mamme giovani e maschi aitanti (ho scoperto che fanno un Calendario che si chiama MaleModel, vedere per credere). Per me, in ogni caso, i migliori tattoo sono quelli di Studio Undici Tattoo a Gattico.

Vi ho detto che il Girolo si apre e chiude a Chioggia. Con una ricetta che mi vanto di aver inventato, mai trovata in nessun ristorante, nemmeno stellato. È La rosa purpurea di Chioggia: radicchio rosso a forma di palla, assai meno costoso di quello lungo di Treviso o Castelfranco. Nelle Ispirazioni trovate il Piatto con la Ricetta.