LE RISAIE DI MANONA
LE RISAIE DI MANONA
Negli anni Ottanta andavo spesso da Venezia a Milano, in treno. Capitava che facessi il tragitto da Milano a Biella con l’amico Zuma, che guidava fuori autostrada, perché gli piaceva vedere le montagne specchiarsi nell’acqua delle risaie: io ci ho messo 40 anni per comprendere quel fascino. Questo Girolo parte da Salussola, segue via Massazza, SP 230, passa per Castellengo, con una deviazione fino a Gifflenga; poi arriva a Masserano, il quale meriterà un Girolo a parte, con Basneng, Brusnengo. Lungo la SP 230 Salussola-Massazza, incontro molte cascine, immerse nelle risaie, con i loro nomi fiabeschi Campagnola, San Lorenzo, Boschettone, Aunei Grosso, Aunei Piccolo, la Rettoria, la Margaria, la Cinquina, Falciano. Di qualcuna si vedono le parti abitative: case lunghe a due piani fuori terra, con il balcone che corre per tutta la facciata, le persiane di porte finestre color grigio-azzurro slavato. Di altre si vedono i corpi rustici, con i muri a mattoni forati, per i quali ho una passione (Girolo: Passioni in Valle Elvo). Di altre ancora si vedono solo le masse lontane, oltre filari di alberi e arginature di risaie.
A fine Maggio, i campi sono bellissimi, con i primi fili verdi che spuntano da lamette di argento vivo: righine orizzontali, righine verticali, tutto delicatissimo, come uno schizzo giapponese. Oppure sono ancora degli specchi di acqua, intatti, che riflettono il cielo e si marezzano secondo la nuvolosità, assumendo l’aspetto di seta moire. Le risaie, in verità, sono belle sempre: d’inverno sono piscine, talvolta innevate o parzialmente ghiacciate; al tempo della raccolta sono prati umidi (gerbidi), di un verde luccicante, così tenero da commuovere. Ci tengo a ricordare qui Manona, il contadino che ha gestito il minuscolo pezzo di risaia, acquistato nel 2004 con il compendio di via Molino dei Banditi, dove abita mio fratello Mau. Manona aveva mani grandi come badili, alla stregua del Peppone di Guareschi. Ogni anno consegnava il prodotto della nostra risaia e Mau lo passava a me e allo zioBi, Stefano mio marito. È un riso eccezionale, tipo S.Andrea, lavorato a Villanova Biellese: non se ne comprano che gli tengano testa. In un amen arrivo a Massazza, proprio di fronte al Castello, sulla collina (direi che lo affittino per eventi). Giro a destra sulla SP 230, che lascio subito dopo, proprio a Villanova, dove lavorano il nostro riso, per girare a sinistra sulla Panoramica Zegna, SP 232, direzione Mottalciata (Girolo: Panoramica).
ALLA SCOPERTA DI:
GLI IBIS SACRI DI GIFFLENGA
Trovo la deviazione per Gifflenga e non resisto al fascino del nome, immagino sia un altro personaggio da fiabe (come il Corbolone, Girolo La Livenza 2.0): una giraffa balenga o una regina dei Druidi. Vengo subito premiata da una colonia di uccelli eleganti, bianchi e neri, immersi anche loro in acqua e terra come il riso: per quel poco che capisco di animali, non mi paiono né garzette né aironi. Infatti, dice il sito agromagazine.it, sono degli Ibis Sacri, uguali a quelli dei geroglifici egiziani. Se ho letto bene, stanno da noi -e non in Egitto o in Madagascar- per via dei cambiamenti climatici. Di fronte agli Ibis un sistema imponente di irrigazione meccanizzata genera un’atmosfera improbabile, da bagno turco, sopra il verde prepotente del giovane mais. In lontananza una Chiesa, con effetto flou. Vuoi vedere che Gifflenga era la favorita Etiope di un Faraone?! La chiesetta di Gifflenga, San Martino, merita una fotografia. Di fianco a lei, sulla strada, una Petite Taverne dove, pare, cucinino le rane. Per aiutarci con le diverse tipologie di chiese, cattedrali, pievi, santuari et similia, mi piace indicarvi il fantastico sito della Regione Piemonte www.cittaecattedrali.it.
C’È UN CASTELLO A CASTELLENGO
A Castellengo, mi rendo conto che oltre al Castello sulla collina (un melì melò di varie epoche e stili, con un B&B e un ristorante), ci sono la Pieve dei SS. Pietro e Paolo e una seconda chiesa, proprio in mezzo ai campi di mais, immagine suggestiva, con lo sfondo delle Alpi Biellesi. Nei siti online, Castellengo viene definito borgo castellato e lo trovo perfetto. Leggo che c’è anche la Sede di un Ecomuseo di Cossato e delle Baragge. Il castello domina la sottostante pianura in cui scorre il torrente Cervo e si presenta come un aggregato compatto di fabbricati di diversa epoca e stile…. è impossibile parlare di un aspetto “originario” . ….a seguito di una serie di interventi volti a trasformare il maniero in residenza signorile dei Conti Frichignono fino all’800. Sul sito www.viaggiaescopri.it/itinerario-nel basso-biellese trovo molte informazioni su Castellengo ed anche sulla Chiesa in mezzo ai campi di mais: è S. Vincenzo di Mottalciata (fine ‘700 con qualche elemento romanico nel campanile), nientemeno che patrimonio del FAI. La sua mole, in mezzo all‘altopiano baraggivo, spicca con severa dignità, pur essendo molto malmessa. Il Degrado insidia San Vincenzo e il minuscolo borgo rurale cui appartiene, due cascine in mezzo ai gerbidi, forse abitate. Speriamo che il FAI faccia qualcosa. Una domenica di agosto 2021, svegliatami all’alba, guardo per caso l’elenco delle Messe dell’area di Cossato (per vedere quali sono le Chiese aperte, dato che ormai sono spesso chiuse) e mi precipito a Castellengo, dove la Messa viene officiata alle 9.00 proprio nella Pieve sotto il borgo castellato. Finalmente riesco a visitare il ciclo di affreschi di Daniele De Bosis, con interventi di Gaspare da Ponderano (Girolo Lavatoi 4). Sono anni che attendo questo momento. Aspetto in disparte la fine della funzione e poi chiedo il permesso di fotografare: le Signore sono talmente gentili che mi offrono anche un caffè, buono, da un thermos; è una usanza della Domenica, mi dicono. Guidata da un volume della Ghirardello (una vera esperta degli affreschi biellesi), mi diletto a fotografare le scene e le figure della navata destra, ancora molto ricca e ben manutenuta. La sinistra ha solo qualche lacerto pallidissimo. Compero un libro sul ciclo di affreschi, dalle gentili Signore del caffè.
LE RISAIE DI PROH
Arrivo finalmente nelle terre che Vassalli identifica con i Campi Raudi (che si studiano a Scuola, nel periodo Romano) e dopo aver superato Rovasenda, passo Fara Novarese e devio verso Vercelli, arrivando in breve a Briona e a Proh, il cui castello fa parte di un’ampia corte agricola, a dominio di territori a risaia, che si estendono all’infinito. Scrive Vassalli:
un villaggio che esiste tuttora con quel nome: Proh. Un nome antico , misterioso anche nella pronuncia, si scrive Proh e si legge Pru, una parola dei Celti, fossile linguistico. Il Paesaggio che lo circonda ha conservato la sua piacevolezza, anzi l’ha vista accentuarsi per contrasto, da quando la coltivazione del riso ha reso ancora più piatta e vuota, una pianura che nell’anno seicentocinquantaduesimo dalla fondazione di Roma, l’anno dei Cimbri, era ancora ondulata e coperta di foreste.
CASTELLI FINTARELLI
Un prossimo Girolo dovrò dedicarlo ai Castelli delle terre baraggive, molti dei quali appartengono alle riedizioni del cosiddetto Eclettismo novecentesco: un periodo in cui venne di moda imitare Medioevo e Gotico, si fecero dimore e borghi castellati. Io li chiamo castelli fintarelli e aggiungerei “che non son belli”, se non come documentazione di un gusto e di un’epoca. Preferisco senza dubbio le Risaie, le loro chiaviche, le Cascine.
Non so precisamente collocarli, sulla mappa cartacea, i castelli fintarelli o i borghi castellati (castelli veri ma con trasformazioni stratificate nei secoli), perché me li trovo davanti per caso, mentre vago tra Biella e Gattico, tra Novarese, Biellese e Vercellese, senza soluzione di continuità, mi vengono in mente Barengo (fintarello?), Fontaneto d’Agogna (restano solo i barbacani?), Castelletto Cervo (resta l’orografia) e boh. Soprattutto dopo la piena della Sesia, che ha travolto il ponte tra Gattinara e Romagnano, sono costretta a girolare dove non vorrei, in cerca di ponti! Molto recentemente, anche se hanno reso agibile un ponte provvisorio sostitutivo, mi sono ritrovata senza volere a passare da Buronzo, et voilà un borgo castellato, insospettabile. Buronzo è un toponimo sgraziato con brutte assonanze, ho pensato che potremmo chiamarlo Beau Ronxe e posizionare un sistema di luci “alla francese”, capace di mascherare il degrado e costruire una scenografia ammaliante, per spettacoli, feste, mercati risicoli. C’è da fare in questo Paese!!
Serve dire che vado matta per i risotti? Questo Girolo chiama l’ultima ricetta che ho sperimentato ad inizio 2022: Artemisia, dedicato al nome latino del Genepì, erba celebre per il liquore che se ne ricava. Si stupiscono parecchie cuoche, col Genepì??!! Provare per credere.