Top
  >  Viaggio con i libri   >  Le ragazze danesi

Il titolo è preso a prestito dal film The Danish girl, Tom Hooper (2016) che narra di due illustratrici danesi, Elbe e Wegener. Uno dei pilastri della formazione, mia e di mia sorella Francesca detta Ceta, è stata la collana di libri Bibi, Una bimba del Nord di Karin Michaelis, nata Bech-Bøndum, giornalista e romanziera di Thurø. Erano stati acquistati da mio nonno Miglietti per mia mamma Giò e mia zia Fil, negli anni Trenta del Novecento, quando uscirono. Quindi, tramandati come ineliminabili nella educazione di brave ragazze, cosmopolite e coraggiose. Bibi era una monella, scavezzacollo e vagabonda. Una Girolona, insomma. Le illustrazioni di Edvig Collin sono impresse nella mia memoria, indelebilmente. Passati i 30 anni, ho poi scoperto la Baronessa Blixen, nata Karen Dinesen, la più famosa delle scrittrici danesi, narratrice magistrale, capace di far trasparire l’animo umano come sotto una crosta di ghiaccio sottile. Tra le ragazze danesi ci metto Smilla, quella del senso per la neve, un bel thriller di Peter Høeg, anche lui danese; insieme alla sua Magdalena, la donna che ama una scimmia. Høeg ha scritto anche un libro difficile, Storia dei Sogni danesi, che scandaglia a fondo i contrasti di quel Paese. L’ho comperato a Københavnen, nel 2002.

ALLA SCOPERTA DI:

LA BARONESSA BLIXEN E LA CICOGNA

La fama della Baronessa Blixen, è esplosa in Italia, a metà anni Ottanta, con La Mia Africa, il film basato sulla sua vita lontano dalla Danimarca. Tutte ci siamo innamorate dei personaggi, che Sidney Lumet ha messo in scena. Chi non li vorrebbe un marito Barone, col carisma sgualcito di Carl Maria Brandauer, ed un amante come Robert Redford-Finch Hatton, che ti porta a caccia di leoni e poi ti aiuta a sciacquare i capelli?!  Dopo due anni (nel 1987) è arrivato il film Il Pranzo di Babette, tratto da una novella della Blixen: ispirazione per tutte noi che conosciamo i miracoli di un invito a tavola e del relativo menù. 

La vera congiunzione con Bibi, ha a che vedere con le cicogne. È fin troppo abusato il racconto in cui Blixen dice che vedremo il disegno della nostra vita soltanto alla fine, quando componendo i nostri giroli, si rivelerà la figura che abbiamo tracciato. La quale, nel caso del suo racconto, è proprio quella di una cicogna. Animale evidentemente sacro nell’immaginario danese: dove, a ben guardare, i nidi delle cicogne sono davvero sopra molti camini, come nelle illustrazioni dei libri di Bibi. Hoeg annovera tra gli stereotipi Danesi, orsi bianchi, mucche pezzate, gabbiani, fagiani sulla brughiera, coppie di cicogne: quintessenza nostalgica di un idillio sociale e zoologico. 

Nel Girolo in Danimarca del 2002, non potevo non portare Stefano a Rugen dove c’è la Casa Museo della Baronessa Blixen.  Il sito è incantevole, il giardino dove lei e i suoi cani hanno eterna dimora la rappresenta in tutto e per tutto; i vasi di fiori messi nelle stanze del Museo sembrano composti da lei stessa, quella stessa mattina. La casa è signorile ma non sfarzosa, ci si girola a proprio agio, tra un eccesso di ricordi, anche se non erano lì: troneggia la macchina da scrivere Corona e a me piemontese un filo dispiace che non sia una Olivetti M40! Tra i cimeli, sono conservati anche dei pastelli della Baronessa, la quale da vera signora delle arti, si dilettava anche di pittura: c’è una testa di donna africana molto suggestiva, diversi pastelli di vasi di fiori. 

LE ISOLE CON LA Ø BARRATA

Nel 2002 era già abbastanza in uso di acquistare un volo last minute nelle Capitali Europee e fare una “scappata” durante il fine settimana o i ponti. Stefano ed io, no. Abbiamo viaggiato per migliaia di chilometri attraverso l’Europa continentale, arrivando fin lassù con la nostra automobile, a cercare le isole e il Mare del Nord, Isole, punti “estremi”, dove la Danimarca esprimesse qualcosa di veramente caratteristico. Copenaghen non era nemmeno nei nostri itinerari iniziali e mai ci saremmo fermati tre notti, non fosse stato per una inusuale consultazione dell’Ufficio Turismo, alle otto della sera: ci offrirono a prezzi stracciati un hotel Selandia, in pieno centro, con parcheggio comodissimo e ogni comfort. La Danimarca era molto costosa e abbiamo ceduto, chiudendo lì il nostro Girolo.

L’abbiamo iniziato, appena passato il confine con la Germania (dopo Lubecca e Husum): con l’isola di Rømo. In qualche misura è stata una delusione, perché il Mare non è diverso dalla Normandia o dalla Aquitania. Il Porto è abbastanza pittoresco ma non speciale. 

Abbiamo dormito in una specie di colonia marina, completamente deserta, spartana e un po’ gelida e cenato chissà dove, mangiando chissà cosa: Rømo non è stata all’altezza delle nostre aspettative. Così abbiamo cambiato del tutto itinerario e ci siamo spinti alla estremità nord dello Jutland, tra Skagerrat e Skattegat, grazie alle mie memorie di Bibi. Skagen è famosa e molto turistica: il suo vecchio porto peschereccio è sopraffatto dal pop. I magazzini che ho fotografato nel 2002, li ho cercati oggi nel web e sono radicalmente trasformati in bar e fast food.

Le deliziose pittoresche stradine di case basse, qualcuna a graticcio, qualcuna col tetto di paglia, sono ben tenute per i visitatori; ci sono (c’erano) anche del villaggi turistici ex novo, nei quali hanno cercato di interpretare l’edilizia locale a doghe di legno colorato, con canoni Moderni, senza concedersi al pittoresco. La punta su cui si incontrano i due bracci del Mare del Nord ha un bel paesaggio, di dune, lame d’acqua, miscuglio tra sabbia, piante pioniere, alghe secche, tanto vento. A me questo paesaggio piace molto, ma non tornerei fino a Skagen, perché lo si trova più a Sud, in Bretagna, sul Baltico tedesco e forse anche più vicino a noi. Tra l’altro, Skagen è di fronte al Bohuslan, la costa svedese che abbiamo percorso nel 2015 (Girolo Bohuslan) e che, nel suo complesso merita di più il lungo viaggio per raggiungerla. Chiedo scusa alle ragazze danesi!

Dopo questa percezione, che il Mare del Nord non sia così speciale, decidiamo di lasciare lo Jutland e passata l’isola di mezzo Odense (dove disertiamo la Ø di Thurø), approdiamo a quella della Capitale, e deviamo su quella minuscola di Møn. Le sue bianche scogliere, fatte di gesso dei cocclitofori, mi attirano prepotentemente. Lo spettacolo è affascinate: sono più selvatiche di Dover, e abbastanza diverse dalla Bretagna per non deluderci. L’isola di Møn ci riserva, inattesa, la scoperta di Liselund, sito di rara poesia e di alcune chiesette affrescate, originali nel loro genere e tipiche della Danimarca. Si chiamano Kalkmavierer e sono diffuse nella campagna;  pare esista un Maestro di Elmelunde (paese dell’Isola di Møn) che ha fatto scuola. Sono decori di rara semplicità, nulla a che vedere con il nostro superbo Medioevo, e il loro effetto di insieme ricorda una tovaglia ricamata a punto catenella. Dopo tre o quattro di queste chiesette, Stefano ha detto che potevamo ritenerci acculturati sul Maestro di Elmelunde e programmare un bel Girolo  Padovano a rivedere Altichiero e Giusto dei Menabuoi. Eccesso di orgoglio nazionalista, ma a ciascuno il suo talento, quando ci sta ci sta.

BARCHE E BICICLETTE

Parliamo un attimo dei Musei. Il Louisiana fuori København è ricco di Arte Moderna ma è speciale soprattutto per i suoi spazi all’aperto, affacciati al Mare, popolati di sculture. Il Museo all’aperto De Gamle By, a nord di Arhus, è forse il più bello che ho visitato insieme a quello delle Lande di Guascogna. Non ho simpatia per le case prese e trasportate tutte nello stesso sito, né per i figuranti in costume che recitano gli antichi mestieri, ma i nordici ci sanno fare. Pare li abbiano inventati loro questi ecomusei e ci crediamo. A ciascuno il suo talento. Se dobbiamo ricostruire il Passato, tuttavia, prediligo i siti come Roskilde, vicino a Ribe, con il suo  Museo delle Imbarcazioni Vichinghe: è ben organizzato e ricco sotto il profilo storico e didattico. Questo lato dei musei, luoghi dove i bambini possono imparare giocando, è nel resto d’Europa molto ben sviluppato: in Italia meno. A Roskilde, negli spazi aperti lungo il mare, fervono cantieri di costruzione con i vecchi metodi vichinghi e gruppi di giovani si imbarcano, su queste navi costruite come un tempo, per gite-esperienza agli isolotti della baia. Sono abbastanza soddisfatta, mangiamo anche le aringhe, seduti sui banconi e le panche, nei piatti di plastica di una mensa, in mezzo alle scolaresche e alle famiglie con bambini. 

Per innamorarmi delle barche danesi, devo approdare al Nyhavn della Capitale: forse il sito di questo Girolo che mi ha colpito di più, anche se terribilmente turistico. Parlare del Nyhavn è superfluo, perché è un luogo di cui TUTTI, persone, libri e siti, raccomandano l’esperienza. Un must di København h24. Noi siamo capitati a naso nel Kanal Caffeen, con i suoi velieri decorativi alle finestre: pare sia un luogo di culto, legato addirittura al Cuoco di Re Cristiano II tal Alphonse Cassabadau, a tutti ignoto, persino al web! Il sito del Kanalcafeen.dk mi esime dal parlarvi del cibo danese: il quale, chiedo perdono, ha pochissimo da dire. Nel Menù trovate TUTTI i possibili cibi da gustare (3: aringhe, salmone, crocchette) sotto forma di smorrenbrod, i famosi panini aperti danesi. Scontando il fatto che io adoro l’aringa cruda, il salmone persino col cetriolo crudo e per una crocchetta venderei un’anima, davvero sarebbe ingiusto fare raccomandazioni su come mangiare in Danimarca, così come in Olanda. A ciascuno il suo talento. Infierisco, ricordando che Babette allestisce una cena francese, essendo stata cuoca a Parigi ed è così che seduce l’anima dei mangiatori di smorrenbrod.

Un secondo Kanaal che abbiamo frequentato nella Capitale, quello di Christianshavn, ci ha portati alla Libera Città di Christiania, con le sue strane biciclette, dotate di largo cassone per trasportare bambini e pacchi (christianiabikes.com), un secondo amabile Caffeen, il Faerge  e persino un ristorante,  il Kanalen.

La distanza tra le navi rifatte “alla vichinga” e le magnifiche imbarcazioni “diventate case” del Nyhavn, con city bike e tablet ben in vista sulla coperta di prua, mi riporta ai contrasti tra la Danimarca di Bibi e Karin, con quella di Smilla e Magdalena: quel ponte sospeso tra super tradizione e super modernità, tra Reali e Comunità Utopiche, tra stato sociale e violenza domestica, tra idillio ecologico e delitti ambientali; un ponte forse non del tutto scorrevole. Le case a graticcio di Skagen e le nuove case tipo container; le dimore di Liselund e i condomini di Christiania; le porcellane della Royal Copenhaghen e il design venduto da Illums Bolighus, a prezzi proibitivi: una miscela da decifrare, confidando nell’aiuto delle compagnie ideali.

Dopo quasi 20 anni, appena riprendono le offerte last minute, varrebbe la pena di tornare a Kobenhavn.