Top
  >  Icone   >  LE PUGLIE (1)

Le Puglie

Nicola è di Lecce e Tommaso di Bari, Giuseppina di Foggia (anzi di Sannicandro). Hanno ragione loro: le Puglie sono plurali, c’è poco di simile tra Canosa e Gallipoli, tra Porto Cesareo e i Laghi Alimini, tra Martina Franca e Bovino, tra Altamura e Mattinata. Quando siamo scesi la prima volta nel 1989 io volevo vedere LE CATTEDRALI: era primavera, clima ideale e fu un girolo magico, indimenticabile. Tommaso (al tempo eravamo compagni di stanza al Coses) ci raccomandò Ostuni una iconissima– e l’Osteria del Tempo perso. Talmente bene ci trovammo che ci andammo più sere, anche se dormivamo altrove e Stefano che odia il pomodoro crudo e diserta la rucola, si mangiò ogni volta le orecchiette pomodorini e rucola che non erano ancora banali. Poi si innamorò dei mostazzuoli: dolcetti di pastafrolla e mosto, fatti in casa, uno-tira-l’altro. Come è avvenuto per altri locali, tornandoci dopo anni (2014), non abbiamo ritrovato la magia della prima volta, ma è fatale: in compenso l’Osteria ha anche degli alloggi, un albergo diffuso nelle bianche case tetto-a-terrazza. Andiamo con ordine.

ALLA SCOPERTA DI:

Le Cattedrali

La notorietà delle Cattedrali romaniche delle Puglie, mi veniva dalla mia amica Paola, che ci era stata con i suoi genitori al tempo del Ginnasio: Ruvo di Puglia restava nella mia memoria di ragazzina, come un posto dove assolutamente andare. Ed era proprio così, la Paola aveva sempre ragione (girolo Strassoldo). Le girolammo tutte, Ruvo, Troia, Bitonto, Trani, Molfetta, una più bella dell’altra. Erano, prima degli anni Novanta, abbastanza isolate all’interno di cittadine e paesi non proprio tirati a lucido, non proprio mete turistiche. Ancora c’erano strade afose, deserte, non fosse stato per qualche raro gruppo rigorosamente maschile in esterno, seduti all’osteria, a controllare cosa succedeva o fuori del Salone (barbiere) in attesa del turno. Le mie foto in bianco e nero aumentano l’effetto d’antan. Sono ormai storiche anche le immagini dei rosoni, delle bestie stilofore, dei capitelli e portali: tutto è stato restaurato e ripulito, per fortuna. Scoprimmo, nell’itinerario inventato giorno per giorno, posti sconosciuti come Mattinata, Monte Santangelo, Peschici, i Laghi di Lesina e Varano, i Laghi Alimini, Canosa: luoghi quasi neorealisti, da foto in bianco e nero, appunto. Saltammo Foggia e disertammo Bari perché ci avevano detto di stare moooolto attenti ai borseggiatori e ai ladri di auto. Non era ancora arrivato qualche sindaco che sapesse usare i fondi europei: il centro storico barese era tra i peggio famosi, come Salerno (spiace dirlo, prima di De Luca). Tra una Cattedrale e l’altra, facemmo soste casuali, sempre stupiti del bello che scoprivamo e di cui non sapevamo. Secondo Nicola, al Nord, si studia la geografia fino alla Linea Gotica: il resto è “terra incognita”; pur essendo girolona, figlia e nipote di giroloni, devo dargli ragione. Delle Puglie sapevo pochissimo, a parte Ruvo, il Tavoliere e il Gargano. La costa era bella anche se dopo lo “sperone” boscoso, il mare  si appiattiva e si vedeva poco, oltre prati incolti o file di condomini. Inattesa, la visione di Santa Maria di Siponto: che ci sorprese strada facendo, preziosa. Bellissimo trovammo l’interno pugliese (forse era quello il Tavoliere?!!), con spianate di grano biondo, a perdere. E molto suggestive erano le cittadine: un sali e scendi di case rustiche e bianche, quinte ad anfiteatro sulla costa, vie principali col fondo in lucida pietra sulla quale “lo struscio” della sera era davvero fenomenale: ricordo a Canosa (pressoché sconosciuta alla geografia dei nordisti) un via vai torrenziale in Corso San Sabino, ogni età e ogni stile, tra il Mausoleo di Boemondo (una perla) e decine di cafè e gelaterie coi dehors affollati. Finché, poi, raggiungemmo la zona dei Trulli, la Valle d’Itria.

Trulli e masserie

Naturalmente andammo ad Alberobello e a Locorotondo. Forse abbiamo avuto la fortuna di trovare la Valle d’Itria in una fase intermedia, prima dell’esplosione turistica delle Puglie e del Salento in particolare: i trulli erano già monumenti ma non ancora “leccati e patinati”, quelli costruiti ex novo o ricostruiti erano rari, non tutti erano accessibili come bar, ristoro, negozio, non c’era Airbnb. Ci siamo tornati, nel 2014 e le mie diapositive sono quasi-cartoline: bellissimi i trulli, ma già troppo turistici: in una diapositiva del 1989, c’è un uomo col basco e un sacchetto di monnezza. Direi che soggiornando a Bari, nel 2014, abbiamo toccato i trulli appena e siamo quasi fuggiti. Negli anni successivi al nostro esordio pugliese, siamo stati al mare a Porto Cesareo, con Susi e Nicola, diverse estati, a partire dal 1992 (Girolo Olanda in bianco e nero). Il mare, lì, è bellissimo: al mitico Tabù è come una illimitata piscina, dove può camminare metri e metri, sabbia bianca immobile, riverberi acquamarina, piccole onde garbate sembrano i pizzi di Sangallo che gli emigrati (in Svizzera) vendono qui, nei mercati ambulanti. Il ritmo delle nostre vacanze era scandito dai pasticciotti per la colazione (due o tre ore in terrazza), le granite per merenda, gli aperitivi per una cena che mai prima delle 22. I nostri amici avevano amici con ville e giardini e con le barche per andare in alto mare; noi affittavamo un appartamento contiguo a quello della mamma di Nicola, finché c’è stata (si spostava da Lecce, in estate). Prima che il Salento salisse nelle quotazioni turistiche (fine anni Novanta? Effetto Taranta?) le masserie che disseminavano le campagne, in mezzo a onde di ulivi, erano siti remoti e fascinosi, quasi onirici nello sfarfallio luminoso della calura. Poco dopo il macchinario turistico ha cominciato a promuovere le masserie come fossero pietre preziose: venivano affittate grezze e spartane, oppure a seguito di lussuose rivisitazioni, quasi regge. Azzarderei a dire che architetti, arredatori e immobiliaristi “abbacchiarono” le masserie (o ciò che rimaneva di loro) come fossero olive: il raccolto fu imponente e non sempre ecosostenibile. Faceva tendenza affittare una masseria per le vacanze: calavano i nordici, non solo d’Italia, i modaioli di turno, fino alle super star internazionali. I nostri appartamenti pugliesi sono stati la negazione del patinato alla Borgo Eganzia: a me ricordavano la Bellaria degli anni di Pensione Sirena (Girolo Bellaria), ero felice.

Le masserie che disseminavano le campagne, in mezzo a onde di ulivi, erano siti remoti e fascinosi, quasi onirici nello sfarfallio luminoso della calura.