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  >  Viaggio con i libri   >  LAVATOIO, MON AMOUR (4)

SOSTEGNO

Anche questo Girolo è una ispirazione combinata tra il libro di Dematteis sulle Case Contadine nel Biellese e in Valsesia e la mia rabdomazia per i lavatoi. Non ho ancora affrontato il vero territorio dei Walser, la Valsesia di Alagna e la Valle del Lys. Mi limito, qui, a completare la mia (prima) serie Lavatoio mon amour, con una incursione veloce nella Valle della Sesia: dalla propaggine Biellese di Sostegno (a nord-est di Masserano), seguendo il corso della Sesia, superando Borgosesia, fino a Doccio e nella frazione di Varallo che si chiama Locarno.

Perché Sostegno? Dematteis mette, in mezzo alle foto in bianco e nero delle abitazioni contadine (Girolo Lavatoio mon amour 3), di per sé interessanti, una immagine di pittura sul muro: un affresco di Santi che ormai riconosco a colpo d’occhio per opera di Gaspare da Ponderano, un pittore semplice (come lo definisce Claudia Ghirardello nel suo libro del 2014, introvabile): il suo tratto mi è diventato familiare, girolando nel Biellese, e trovo che abbia notevoli peculiarità.

Devo aggiungere, ai motivi per questo Girolo, che mio fratello Mau, quando lavora a Roccapietra fa la pausa pranzo al Bar-Tabacchi Teresa, simpatico chalet sulla rotonda che collega le due sponde della Sesia, all’altezza di Doccio. Mangia un panino con due artigiani come lui: un elettricista e un meccanico, che sa tutto sui Lavatoi.

Girolo brevemente per il centro di Sostegno e trovo subito Gaspare sul muro: è un bel San Sebastiano con un altro Santo (vescovo) e una Santa femmina. Di Gaspare mi piacciono molto i volti e in special modo gli occhi: 6 tratti che riescono a conferire espressione, come un abilissimo fumettista ultra moderno. Sembra che i suoi personaggi guardino con intenzione chi li guarda e sappiano dirti qualcosa: Sebastiano non è sofferente ma ti dice guarda qui, che fine ho fatto, tutto traforato di frecce. Poco oltre Gaspare, ci sono le case fotografate nel 1984 nel libro di Dematteis.

Arrivo ad una piazzetta con una Chiesa chiusa (Santissima Trinità?), che sotto gli archi del portico ha una inattesa pittura di Compianto sul Cristo Morto: la trovo bellissima. I visi non sono quelli di Gaspare, mi posso sbagliare, forse di un emulo o di un allievo: occhi e labbra delle due donne sono molto più drammatici di quelli di Gaspare, probabilmente più tardi. Di sicuro questo affresco (e altri?) è stato mutilato proprio dalla costruzione aggiunta dopo. Amen. Ridiscendo, lasciando più in alto una seconda Chiesa con tanto di cartello giallo turistico (forse la Parrocchiale di San Lorenzo? Forse Sant’Emiliano?), tentando di fotografarla da sotto: non reggo l’idea di arrampicarmi fino in cima per essere delusa,e sudata come un asino, trovarla chiusa. Nella terza Chiesa, forse Oratorio di Sant’Antonio, entro e fotografo un particolarissimo organo, chiuso dentro una armadiatura raffinata: legno dipinto, con vasi di fiori, volute e le canne dell’organo stesso. Una finezza, degna del miglior trompe l’oeil (inganna l’occhio) e della boiserie settecentesca. Sostegno mi stupisce, minuscolo paese (settecento anime) con tutte queste preziosità, anche se non incontro lavatoi (magari ci sono!).

ALLA SCOPERTA DI:

LA SESIA

Non resisto a fotografare la Sesia, dopo Borgosesia, quando si stacca la deviazione per Agnona (sissì proprio quell’Agnona lì diventata famosa in tutto il mondo con la sua griffe). Io ho avuto una stola di Agnona a 16 anni, quando il marchio lo conosceva soltanto una stretta cerchia di cultori: sembrava tessuta a telaio, trama a vista, color nocciola, muschio e panna. L’ho amata alla follia, come una Coperta di Linus, e ha determinato il mio stile, se ne ho uno: MAI senza sciarpa.

La Sesia, in questo tratto è sontuosa, ha delle cascatelle perpendicolari al corso, come lame che si formano per espansione sugli argini, per poi tornare al letto con una bassa frangia d’acqua, estesa in lunghezza. Il colore è verde inverosimile, si capisce che è fredda e sembra anche pura. Con tutte le fabbriche che sversano, i depuratori devono funzionare benissimo.

DOCCIO

Prima di raggiungere la rotonda di Teresa, entro rapidamente a Doccio, incuriosita da una serie di Chiese dipinte, che lo annunciano. Mi domando se ci sia un “effetto Sacro Monte”, per cui da Varallo si è diffusa in Valsesia la consuetudine di dipingere le pareti esterne delle Chiese, degli Oratori, delle Pievi nei cimiteri: ricordo appena prima di entrare a Varallo una facciata decoratissima, a grandi e ridondanti figure. Devo approfondire.

A Doccio, trovo un sontuoso Lavatoio a tre vasche con unico lato inclinato per lavare i panni, ben tenuto e con l’acqua: semplice, con una protezione semplice, senza pitture, senza cartelli a parte l’avviso “acqua non potabile”. Nello slargo del lavatoio ci sono altri edifici vecchi e Doccio potrebbe meritare una visita più approfondita. Mi riprometto di tornare, quando comincerò i Giroli seri sui territori dei Walser.

LOCARNO

Mi attrae di più Locarno, che ho sempre associato al  Festival del Cinema e alla Svizzera: invece Dematteis mi racconta che è uno dei luoghi più ricchi di edilizia tipica valsesiana e le foto del libro Priuli & Verlucca editori nel 1984, promettono bene. Leggo sull’insegna stradale che Locarno è una frazione di Varallo, il paese del Sacro Monte, una delle perle turistiche della Valsesia, con Alagna. Le analisi di Dematteis sono accurate e veritiere: si tratta di una concentrazione insospettabile di begli edifici tipici, case, fienili, chiese, oratori, cappelle votive e -per la soddisfazione della rabdomazia due Lavatoi. Il primo, addirittura, mi accoglie all’ingresso della frazione, nemmeno il tempo di parcheggiare.

É restauratissimo, come la piccola edicola votiva che lo affianca e che c’era pari pari anche nella foto del 1984. Interessante la regola dipinta sul muro: 

É vietato sotto pena di multa di lavare prima delle ore 8 di mattina.

Dalle 3 alle 6 di sera è vietato anche lavare carne o pesce nella fontana.

Sotto l’avviso, c’è anche un burnel, il mestolo per bere, di alluminio: un classico delle fontane di questa parte di Piemonte (celeberrimo il Burnel di Oropa). Le regole mi dicono che il lavatoio è in uso e che c’era qualche abuso, sia di orario (molesto per la pubblica quiete) che di materie lavate. Forse la lingeria prescritta al Lavatoio di Forgnengo, voleva escludere anche gli alimentari, oltre a ciò che non era biancheria.

Camminando in giro per la frazione trovo alcune case delle foto del 1984, altre che non c’erano, con qualche ballatoio in tronchi di legno che richiamano già le meravigliose travature Walser. Ci sarebbe una Chiesa in cima alla frazione, di cui intravedo il campanile, ma devo andare dalla Teresa. Mi limito a fotografare archi, balconi, fienili, ponti di pietra su un torrentello che ruzzola verso la Sesia. Tutto molto pittoresco, quasi un presepe, con qualche restauro accurato: una grande edicola votiva che si affaccia su una forra; una legnaia con tocco d’artista. Devo notare che oltre alla coppia tribunale delle donne-tempietto dei Santi, a Locarno si aggiunge l’Albo Pretorio, vale a dire l’edicola del potere civile. E rifletto.

Mentre girolo tra legnaie e fienili, una sorpresa: c’è un secondo lavatoio, proprio lungo il torrente, coperto con una recente tettoia di legno e tegole. Unica vasca, tutti i lati forniti di pietra inclinata e acqua corrente. Nessun cartello. Per poche anime che vivano a Locarno, qualche lavandera deve ancora esserci!

 

LAVATOIO MON AMOUR FINE SERIE??

Per chi si sia stufato dei Lavatoi, la miniserie è finita. Ma se c’è viceversa chi ci ha preso gusto, la mia sindrome di lavandera è ben radicata e la mia rabdomazia sempre viva. Ne troverete qua e là, nei Giroli (Girolo Cadini del Mis, per esempio o Le mie Passioni, a Sordevolo), e non è detto che non maturino nuove puntate.