La piazza metafisica
Questo Girolo a cavaliere tra le province di Venezia e di Padova (Strà, Vigonza, Pianiga) è tipico della rubrica in Clausura: si tratta di un itinerario casuale, ricostruito ex post, con tappe casuali e una scoperta imprevista. Qualcosa che trovi per caso, non sapevi esistesse e ti piace o ti interessa molto. Quintessenza del girolare.
L’ispirazione agisce quando torni a casa. Il luogo che hai scoperto mette in moto connessioni, ricordi ed immagini. La curiosità si sbriglia, per capire meglio cos’hai visto e, anche per darti ragione del perché, così vicino a casa e occupandoti per mestiere dello sviluppo territoriale, non ne hai mai sentito parlare.
Queste indagini, postume, non sono necessarie e non le conduco soltanto perché voglio sottoporle ad altri: è proprio la mia indole, quella di girolare anche tra libri, immagini e in rete. Perché mi piace imparare. I giovani europei che viaggiavano in Italia, durante gli anni del Grand Tour (da cui viene fuori il turismo), lo facevano per diletto e formazione: venivano ad imparare, non solo la somma Cultura che albergava nel nostro Paese, ma anche l’Arte di Governare. Ci pare impossibile, eppure è successo, sappiatelo.
Alla scoperta di:
Domenica 22 febbraio 2021. Decido di fare un breve girolo in automobile, vicinissima a casa. Il clima è tiepido ma c’è foschia o, meglio, una luminosità fasulla che dissimula il paesaggio, facendo risaltare molto il verde dei prati, come brillasse. Il sole non riesce a decidere se uscire allo scoperto, o rimanere dietro un velo di tulle, giocando con gli effetti di luce. La campagna urbanizzata che c’è in tutta la parte centrale del Veneto è quella solita, senza punti di rara bellezza, ma con molti scorci gradevoli: avendoli fotografati spesso, mi accorgo che si assomigliano tutti, da Campagna Lupia, a Mestre e fino a Mogliano e Meolo. Prati verdi, terra quasi nera se lavorata di fresco, terra secca come se avessero sparso crusca. E, poi, alberi capitozzati che segnano i fossi, siepi boscate a dividere le proprietà e tanti tanti rii, canali, cavini (scoline agricole), con i loro argini bassi o rialzati. Sullo sfondo, più o meno distanti, casolari, case, gruppi di edifici che sono o sono stati agricoli, con qualche trasformazione moderna (l’Era degli Arconi). Raramente, una Villa o una barchessa (gli annessi di villa destinati a magazzino), o quello che resta di loro.
È per una villa, che ho intravisto tornando da Bassano, che intraprendo questo girolo, verso Vigonza: il primo comune padovano, al confine con Strà che è ancora provincia di Venezia. Chissà se la ritrovo.
VILLE VENETE MINORI
Sono fortunata. Dopo aver girolato a vuoto in mezzo a lottizzazioni qualunque di Perarolo, Capriccio Busa e Codiverno (tutte frazioni di Vigonza), ritrovo la curva di una strada provinciale SP88, angolo via Recanati, in frazione Pionca. Ecco la Villa veneta con annessi, un Oratorio dedicato a San Gaetano ed un edificio rurale adattato a Trattoria La vecchia Fattoria ia ia ho. Prima di tutto noto che la trattoria è chiusa, nonostante sia domenica, il giorno più probabile per venire fin qui a pranzo. L’effetto della Pandemia è fortissimo su questi ristoranti fuori città: ne ho visti a decine lungo i miei Giroli e mi chiedo se mai riapriranno.
L’Oratorio è grazioso, direi settecentesco, né degradato né restaurato: nel sito del Fai si racconta che fosse annesso ad un Palazzo Badoer evidentemente scomparso. Deduco che la Villa minore, molto ben tenuta, con parecchi annessi contigui e laterali, sia forse essa stessa parte delle proprietà Badoer. Ho letto che furono i Treves Corinaldi (padovani) a costruire sui ruderi dei Badoer. In ogni caso, oggi, è una delle tante proprietà private che ho incontrato nei miei Giroli, anche in provincia di Treviso (Giroli lungo il Sile): dimore padronali adattate ad appartamenti, con parco o giardino, autorimesse, porticati, talvolta piscine. Un ottimo modo di abitare, in queste campagne urbanizzate, manutenendo il paesaggio storico.
Riprendo la strada SP88 stretta e serpeggiante, ma mi devo subito fermare.
In lontananza, nella luce falsa della foschia, appare una massa gialla, importante ed inattesa, in mezzo ad un grumo di alberi ancora spogli. Immagine affascinante.
Dopo averla immortalata, decido di avvicinarla. Ci arrivo quasi subito e posso fermarmi proprio all’ingresso della massa gialla, che sul lato di accesso, dietro il cancello, è bianca e mostra di essere un’altra Villa minore, con corpo centrale a tre piani e due ali laterali, a formare una C. Scoprirò, dopo, a casa, che è sede di un Agriturismo Selvatico (dunque era della famiglia veneziana omonima), con belle camere e giardino con piscina. Pare riapra in primavera. I campi intorno, che dovevano costituire l’originario dominio della Villa (destinato alle colture agricole), sono rimasti liberi e sono delimitati da un canale (forse il rio Tergola), i cui argini sono popolati (molto moderatamente) da cittadini in passeggiata col cane o a fare jogging. C’è un ponticello che da via Selvatico immette in via Gerla e decido di prenderla. Da lì, vedo bene la massa gialla, lato B della Villa, che appare meno suggestiva di quanto fosse la sua visione nella foschia. Lungo via Gerla, colgo in un lampo una seconda villa, piccola ma con un pronao, chiusa dentro un giardino. Troppo fugace perché possa capire se vale la pena di fermarmi, forse un Girolo in via Gerla potrei farlo, col sole: a piedi, senza cane e senza correre. I Giroli son come le ciliegie: uno chiama l’altro.
Percorro via Gerla, poi via Campolino e via Ampezzon, poi via Cognaro: mi paiono tutte denominazioni rurali, legate alle cultura agricola di questo territorio, fino a pochi decenni fa. Pare che ampezzon identifichi un luogo ampio ed inospitale con sterpaglie; cogno potrebbe identificare la Mela Cotogna. Chissà se Gerla è un cognome o semplicemente la cesta per portare le fascine sulla schiena.
Mi trovo nel mosaico di frazioni che le due province di Padova e Venezia mescolano tra loro, senza soluzione di continuità: Murelle, Mellaredo, Capriccio.
IL BORGO QUIRINO DE GIORGIO
Sto riflettendo su questo intrico di confini e di frazioni intercomunali, che non sono più campagna e non sono del tutto città: una marmellata edilizia, che tecnicamente chiamiamo sprowl o scattered city, città diffusa. All’improvviso ho la netta percezione di essere entrata in una pittura metafisica, di De Chirico o di Carrà. Torre rossa a destra, con pino marittimo; archi e colonne di mattone di fronte; su ambo i lati edifici di laterizio, due piani fuori terra; un pozzo in mezzo ad una piazza lunata. Dove diavolo sono capitata?!! In un Borgo della Bonifica laziale?! O dentro una finzione urbana di qualche giovane architetto visionario? Nella città diffusa?!!
Cerco di non inchiodare in mezzo alla strada, per altro assai poco trafficata, anche se siamo nel capoluogo di Vigonza, all’ora della Messa di domenica. Trovo facilmente parcheggio (non uso il disco orario) e inizio l’inatteso girolo, dentro un quadro.
Per fortuna leggo subito un cartello che recita Borgo rurale Quirino De Giorgio. Confesso che ignoro del tutto chi sia: il che, per una Signorina Sotutto come me, è già un’emozione. Comincio, in ogni caso, a rassicurarmi che non si tratti di un contemporaneo estroso che ha realizzato un revival Fascista. Le fotografie parlano.
Dietro gli edifici originari, della fine anni Trenta, lo studio Archipiùdue, attuando un Contratto di Quartiere (una modalità di recupero urbano finanziata dallo Stato), ha scelto di mantenere lo spazio non costruito e di trattarlo a Parco urbano, intitolato a Olev e Robert Baden Powell (fondatrice e fondatore degli scout femmine e maschi). Oggi è popolato da parecchie famiglie, bambini con le biciclette e giovani che corrono: bello. Fa effetto, in un paese di campagna, un parco da nuovo quartiere metropolitano. Trovo questo intervento urbanistico veramente pregevole. Sono contenta che sia stata la volontà di un piccolo Comune e che sia stato condotto con tanto garbo. Ce ne fossero.
Mi sento quasi colpevole di aver ignorato fino ad oggi l’esistenza di questo sito novecentesco così particolare, e così intatto (lo trovate nel sito del FAI): pare sia stato Demanio dello Stato fino ai trasferimenti degli anni Duemila, il cantiere è durato dal 2004 al 2017 e ci sono ancora alcuni edifici in restauro. Approfondendo scopro che di Giorgio ha edificato analogo Borgo a Candiana (vicino a Correzzola) e la Casa del Fascio di Pontelongo e ci andrò di sicuro. Quanto all’architetto mai sentito nominare, è nato a Palmanova e morto a 90 anni ad Abano: anche voi, come me, potete leggere di lui nel web. È autore, tra l’altro, del Cinema Quirinetta, a Padova dove mio marito ha giocato per anni a biliardo (senza sapere di Quirino).
Mi sento di dire che questo sito di Vigonza sia quasi unico nel suo genere, un museo all’aperto della Bonifica Novecentesca e dell’architettura fascista: meriterebbe maggiore notorietà e visite organizzate, almeno tra gli studenti di architettura e urbanistica. Ma su quel periodo architettonico abbiamo tanti tabù.
Io, essendo reduce da un Girolo nella Biella Novecento, tra architetti di quegli anni, più e meno noti, non ho potuto ignorare la coincidenza. Potrei dire che avevo l’occhio educato a vedere architettura Fascista, ma la verità è che in mezzo secolo di vita in Veneto, non avevo mai attraversato il centro di Vigonza.
Eppure, a Capriccio, c’è una delle nostre Pizzerie predilette, Agli Amici. In origine aveva il suo locale a Campoverardo di Camponogara, vicino alla Villa minore Manfredini, nota come Palazzon, oggi restaurata. Era un locale come il divano di Pane e Tulipani, di cui Bruno Ganz dice “l’aspetto lo penalizza”, ma le pizze di Ottorino erano, come sono ancora, da premio. Bisognava prenotare con almeno due settimane d’anticipo: adesso il locale di Vigonza è adeguato e si trova posto.
Quando nel web trovo il Programma del Teatro Quirino De Giorgio di Vigonza, per associazione di idee e di geografie, fa capolino nella mia memoria recente, il Teatro di Aldo Rossi di Borgoricco: un comune non distante da Vigonza e sempre in provincia di Padova. Ci sono stata nel 2010, ad un Festival delle Città organizzato dalla Unione di Comuni del Camposampierese che aveva invitato niente di meno che Jimbo Wales: sì, proprio lui l’inventore di Wikipedia. Il quale aveva tenuto un talk, nel suo americano dell’Alabama, spiegandoci come Wiki era nata e come intendeva evolvere. Era il periodo in cui il cosiddetto Terzo Veneto e il web.3.0 volevano andare mano nella mano. In ogni caso, per la Girolona, è interessante riflettere su come una regione possa offrire ispirazioni infinite su come essere guardata.