Top
  >  Sorprese   >  IL GRANDE SERPENTE

UN LAGO CON 5 CONSONANTI

É noto che il posto col nome più lungo del mondo sia nel Galles Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch 58 lettere di cui 39 consonanti, una impronunciabile filastrocca: è il retaggio della lingua gaelica, che introduce perfettamente quella regione d’Europa, poco omologata sotto ogni profilo. Ha qualcosa della Scozia, dell’Irlanda e della Cornovaglia: un mix di quelle “finis terrae”, nelle quali è facile credere ai mostri d’acqua, alle fate e ai folletti. Per un progetto Europeo, nel 2011, sono andata al Lago di Vyrnwy, Efyrnwy, nella Contea di Powys, in Wales: anche se il nostro impegno era lanciare quella destinazione turistica, non mi sentirei di mandarvi fin lassù, con diverse ore di aereo e altrettante di treno e di taxi. L’Albergo isolatissimo, lungo una sponda isolatissima del bacino artificiale, è affascinante col proprio stile vittoriano e con il servizio di tutto punto, ma il paesaggio è davvero rude e brumoso, troppo se messo in relazione alla distanza. Finito l’incontro con i partner europei, i colleghi mi hanno lasciata alla Stazione dei treni di Shrewsbury, primo avamposto civilizzato, fuori dai boschi di Powys. Non erano affatto convinti che me la sarei cavata da sola, in giro per quelle lande alla fine della terra, col mio inglese poco disinvolto e la mia sacca a tracolla (bagaglio che si svuota on the road, perché contiene indumenti vecchi): mi hanno mandato SMS ogni giorno, per controllare se ero sana e salva. Io non ho mai avuto l’aspetto di una globetrotter disinvolta, sembro una che si è persa in aeroporto: la tempra della girolona si attiva se necessario. Così, ho scoperto il Galles, Snowdonia e Anglesey, facendo campo base a Chester, senza programmi, informazioni e destinazioni prescelte, con una Guida comperata DOPO, tornando. Alla ventura, just a bit.

ALLA SCOPERTA DI:

CHESTER CAMPO BASE

Di Chester sapevo solo quello che avevamo utilizzato per costruire una “brochure turistica” della Unione Europea, in un altro progetto “alternative routes in cities of art” (Ferrara, Genova, Bologna, Granada, Coimbra); scelsi a caso un hotel di fronte alla Stazione, perché il treno sarebbe stato il mio mezzo di girolo. Mi trovai benissimo, in un albergo di lusso vecchio stile, con salotti, quadri, pianoforte: la stanza a piano terra, probabilmente era una “riserva”, vicino agli alloggi dei dipendenti e costava molto meno. Gli alberghi, in UK, sono cari o carissimi, anche se con tutti i limiti della vetustà: confortevolmente d’antan. A Chester girolavo di sera, al rientro da lunghe gite gallesi, verso i castelli sul mare nei villaggi pittoreschi. La definirei un misto di normale città inglese (come Reading e Guilford) e di gemma turistica minore, con le sue attrazioni: mura, cattedrale, cloister, moltissime case a graticcio ed edifici in mattoni, quays and canals. Nemmeno a Chester vi farei andare, apposta per lei, anche se con me è stata ospitale: anyway è un perfetto campo base, per girolare il Galles, a meno che non siate attratti dal cambiare ogni notte albergo, fermandovi nei villaggi e prendendo di giorno in giorno il treno o i bus di Arriva. Potrebbe essere molto suggestivo, se amate quel modo di viaggiare: viceversa, quando si è da soli, pernottare in una città può essere di maggiore “compagnia”, più scelta per il ristoro, più distrazioni di shopping, qualche Museo in cui riparare e l’animazione urbana, che nei villaggi della finis terrae, in febbraio, sta a zero. 

Del treno vi devo dire qualcosa: si tratta di un trenino locale, che fa un servizio di tipo metropolitano, corse molto frequenti e tratti assai brevi tra le fermate. Con una peculiarità: che alcune di queste vengono saltate, se nessuno “chiama” il treno mentre passa. In altre parole dovete fare come con i bus: sporgervi sui binari per vedere il treno in arrivo, agitare un braccio, con determinazione, facendo capire al conducente che vorreste salire. Altrimenti il treno entra in Stazione ma non pensa assolutamente di fermarsi e tira via dritto. Me lo ha spiegato un ragazzo del Pub a Caernarfon: siccome non era sicuro che capissi bene, si è spiegato a gesti. Ha fatto il gesto di fermare il treno sventolando il braccio, con la mano ben aperta in segno di ALT e poi ha aggiunto il gesto che avrei potuto fare se il guidatore non si fosse comunque fermato, il dito medio alzato. L’ho trovata una comunicazione gestuale particolarmente efficace. In qualche occasione ho temuto di dover tornare al pub della stazione per cercare un alloggio, non senza aver utilizzato il secondo gesto verso il treno che mi sfilava davanti. Tutt’altro tipo di treno è il lussuoso British Pullman, definito l’Orient Express dell’UK: vi porterebbe da Skegness proprio a Llandudno e a Great Orme. Godetevi le proposte e assorbite con filosofia i prezzi. I miei erano ticket da 2 sterline e mezzo.

VILLAGGI CASTELLATI 

Ho trovato adorabili i castelli del Wales: fanno totalmente parte del paesaggio marittimo e del loro villaggio, sono inscindibili e non prepotenti. Quando sono scesa a Conwy mi è parso di stare dentro una icona: una row di case talmente tipiche da non crederci. Bellissimo invito al grigio gelido del Mare, che si vedeva in fondo, oltre archi medioevali. I Castelli di Conwy e di Caernarfon erano chiusi, perché era febbraio e praticamente NESSUNO fa escursioni nei giorni feriali dell’inverno gallese (aprono dopo marzo). Spesso, non trovavo nemmeno un Pub aperto e mi è capitato di essere “adottata” da un gestore gentilissimo che stava restaurando il locale, con una tuta bianca e gli stivali gialli. Si è infilato un Barbour e mi ha accompagnata al Pub di un amico, dove si serviva la Ale locale (Snowdonia Ale), assicurandosi che mi desse anche da mangiare un piatto caldo (fish and chips, neanche a dirlo). L’atmosfera, inclusi gli umani, aiutava molto a immergersi negli avamposti alla fine della terra e mi piaceva un sacco. Mi piacevano i pescatori che ripulivano barche e ceste, mi piacevano le barche in secca per via delle maree, mi piacevano persino i gabbiani che di solito trovo odiosi, appollaiati sulle cassette della spazzatura (litter), come fossero (I gabbiani) di legno o di ferro dipinto. A Llandudno ho deciso di andare proprio per quella ridda di consonanti nel nome e perché prometteva una stazione balneare vittoriana, genere di luogo che mi affascina a prescindere. E poi sarebbe stato il primo paese non castellato, con una edilizia diversa. Non sapevo che ci fosse il trenino per Great Orme, Y Gogarth, il Grande Serpente, né cosa fosse questo Sito: l’ho scoperto per caso, camminando sulla Promenade vittoriana, quando ero già molto soddisfatta di aver trovato la larga spiaggia sabbiosa, il Pier perfettamente restaurato e un sole quasi italiano. Adoro l’urbanistica inglese delle casette e ville aggrumate sulle colline, bianchissime con i loro decori liberty, i bow window, le verande, i portici: quel sapore signorile ma non troppo, che hanno anche Sidmouth e Tunbridge Wells.

LLANDUDNO – THE GREAT ORME 

Il Tramway che sale (di ben 260 metri!!!) da Llandudno a Great Orme era ovviamente fuori servizio, data la stagione. Non ci crederete ma il gatto di piombo (che sono io) ha affrontato la salita a piedi, perché talvolta la promessa di un paesaggio abbatte le mie resistenze mentali e fisiche alla fatica e ho un sesto senso sul fatto che “valga la pena”. La Lonely Planet recita: impressive Site, jaw-dropping, imagination-firing. La mia piccola fatica è stata ripagata con generosità indicibile: le colline del Serpente e le vedute a 360° che regalano, mi hanno davvero incendiato l’immaginario e fatto cascare la mascella. C’era un vento freddo e insistente, fotografare era complicato, le mani gelate, le palpebre che tendevano a chiudersi per protezione: nei selfie ho le gote incendiate, rosse come la sciarpa che mi riparava le orecchie. Il paesaggio è entrato da solo nell’obiettivo e parla. La foto con il disegno nero sulla sabbia è solo la più spettacolare, graficamente. Ma tutte fanno quello che possono per raccontare le vedute che mi circondavano, tenendomi inchiodata in cima alla testa del serpente, per ore, nonostante il freddo. Vi manderei fino a Great Orme, senza dubbio: ore di volo, di treni, di trenino che forse non si ferma, di bus Arriva: è uno spettacolo imperdibile. Prima le colline quasi Irlandesi, verdi e brune, brulle perché con questo vento provate voi a vegetare. Poi i prati comunque, con greggi di pecore e capre del Kashmir a macchiare il verde incredibile. Poi il cimitero, con le sue croci gaeliche, la sua pieve pietrosa, ricorda la Cornovaglia e la Scozia. Poi, soprattutto e oltre tutto, la costa che si frastaglia, si alza ed abbassa, si intrica con l’Oceano grigio e gelido, con quinte altrettanto fumose, ma anche con luci bronzee su prati smaltati, all you can eat. Infine, quel banco di alghe, nere, sulla sabbia bionda. Il resort vittoriano di Llandudno, come una lontana memoria, laggiù. Se dovessi fare un film sul mio ideale del Mare Freddo lo girerei a Great Orme. Nelle vedute aeree, sembra proprio la testa di un grande rettile proteso in acqua. Magari il Serpentone viene dal Lago di Vwrnvy, dove era troppo malinconico e solo: è arrivato fino al grande Oceano Mare, fermandosi qui, senza minacciare i bagnanti vittoriani. Un serpentone buono, in fondo, nel magico Wales.

Le colline del Serpente e le vedute a 360° che regalano, mi hanno davvero incendiato l’immaginario e fatto cascare la mascella

LE MIDLANDS

Tornando verso l’aeroporto, cambio treno a Birmingham. Il tempo per una Snowdonia Ale e le vetrate di St. Philip disegnate da Burne-Jones maestro preraffaellita, che adoro. C’ero stata nel 2005, in un viaggio di studio sulle aree industriali dismesse delle Midlands: Manchester, Liverpool, Sheffield. Ricordavo solo la Rotunda, che è di fianco alla Stazione, niente di che. Le fanciulle di Burne-Jones, invece, sono uno schianto, imperdibili.