IL CUORE DI TALLIN
ANIME BALTICHE
Se c’è una Capitale Baltica dove ho sempre voluto andare è Vilnius (Lituania). Il motivo è un regista lituano, Eimuntas Nekrosius, del quale ho visto un Otello alla Biennale Teatro, nel 2000. Quattro ore abbondanti di recitazione in lingua lituana, facevo fatica anche a capire quando pronunciavano Desdemona, ma. Non ho mai appoggiato la schiena alla poltrona del Teatro Piccolo Arsenale: tanta era la tensione emotiva che la messa in scena e il gruppo di attori sapevano trasmettere. Indimenticabili le taniche, piene a metà di liquido, venivano scosse incessantemente a simulare il Mare; gli attori apparivano e sparivano dentro vele ammainate, come gigantesche amache; i loro pugni sudavano “di rabbia”, colando liquido sulle assi del pavimento; il pianoforte suonava da solo, finché, a sipario calato, usciva dalla coda uno snodato picchiatore di corde. Avevo pensato: eccola la Ginnastica Sovietica, applicata al moto dei sentimenti! Dovevo, andare a Vilnius, sede di Meno Fortas, Teatro Studio di Nekrosius, il punto di origine. Invece, destino vuole che io sia stata a Tallinn (Estonia) e poi a Riga (Lettonia): nella prima, anno 2010, per un Progetto UE sui Trasporti Intelligenti, nella seconda per un Torneo di Scacchi, nel 2017. Vilnius resta nei miei programmi post pandemici e post bellici. Intanto, ho letto Anime Baltiche, un libro di Jan Brokken, olandese che fa una rassegna di personaggi più e meno conosciuti tra Finlandia e Bielorussia, sempre lì, lungo la Frontiera dell’ex URSS. Ci sono Rotcko, Hanna Arendt, Roman Gary, Arvo Part. Non c’è Nekrosius.
ALLA SCOPERTA DI:
IL CUORE DOPPIO DI TALLIN
Se penso a Tallin, ho due icone: il ghiaccio del Baltico e l’Assassino di Kopli. Due immagini lontane dall’idillio che ogni promotore turistico vi ammanisce, della Capitale Estone, Patrimonio Unesco: le torri della cerchia muraria, tonde e col tetto a cappello di strega, come in una fiaba nordica. Pago il mio debito, subito, con lo stereotipo turistico: le torri sono affascinanti, restauratissime, illuminatissime, meritano. Il cuore storico di Tallin è in realtà doppio: Vanalinn con le sue strade acciottolate e le case rinascimentali; Toompea, un borgo castellato che guarda i tetti di Vanalinn dall’alto. Come in poche altre situazioni urbane, il doppio cuore di Tallin consente solo fotografie pittoresche: scorci da cartolina, senza mai una sbavatura o un’intrusione del brutto. I tetti sono di tegole rosse, i decori delle facciate color pastello sono morigerati, lampioni e cancelli sono di ferro battuto in fogge eleganti, finestre e vetrine senza tende offrono interni e mercanzia da Paese dei Balocchi. Viene da domandarsi se sia tutto quanto “fatto ad arte”, in un restyling dopo l’Indipendenza del 1992, indirizzato all’Occidente e al Turismo. O se, invece, è proprio questa l’Anima Baltica. Chissà. Mi viene in mente un romanzo letto da ragazza, niente di speciale, in cui si diceva che, dopo decenni di grigiore sovietico, la Libertà era rappresentata da festoni di carta colorata, aggiunti nelle credenze delle cucine. Una stupidaggine da romanzo? Nel doppio cuore di Tallinn, girolavo di mattina presto o di notte (libera dai seminari UE) ed incrociavo pochissime persone, a parte le spazzine (come quelle di Odessa): quella di Vanallin, con un basco fucsia e un cappotto blu notte, è la più elegante che abbia mai visto. In una foto è insieme ad un omone che trasporta casse: lavori pesanti, nella neve, sembra proprio un disegno di Kazimir Malevic. Le strade di Tallinn, nonostante le alacri pulitrici, diventavano facilmente scivoli di ghiaccio, lingue di vetro scuro, infide. I cumuli di neve si sporcavano, si indurivano grigiastri. Faceva un freddo asdrubalino, per fortuna sopra il duvet avevo un mantello di (finta) pelliccia d’astrakan, cucito per l’occasione, prima di partire. I berretti di lana me li prestò Paola, uno comperato da Veta, a Vanalinn, mentre io mi concentravo sul Lino del Baltico, sognando l’estate. Ignoravo che i maggiori produttori di Lino fossero sul Baltico, dove io avrei messo solo l’Ambra, come materiale autoctono: invece portai a casa un top bianco, decorato con l’ajour ed un leggero poncho color sabbia, sognando l’estate.
Il cuore storico di Tallin è in realtà doppio: Vanalinn con le sue strade acciottolate e le case rinascimentali; Toompea, un borgo castellato che guarda i tetti di Vanalinn dall’alto.
Con gli altri europei, mangiammo in diverse delle taverne seminterrate di Vanalinn, come consigliano le Guide; l’ultima sera (rimasta sola) mi concessi il più famoso Restoran di Tallin, Gloria, locale sovietico di lusso retrò, con i separè in velluto rosso, per cenare appartati dietro tendoni pesanti, scostati solo dai camerieri, coi loro coprivivande d’argento. Mangiai agnello, bevvi un Domaine de la Jasse, chiusi col formaggio estone. Oggi Gloria ha un sito gloria.ee molto raffinato e vanta lo Chef Demjanov, nonché gli Awards del World Luxury Restaurants. Forse pagai 60 euro, valeva la pena. Per tornare in hotel, appena fuori dal doppio cuore, attraversai la Piazza degli Eroi per la Libertà 1918-1920 Vadabussoda, con una chiesa gialla ed un semplice monumento che li celebrava; da lì in avanti iniziava la parte moderna di Tallinn, i suoi quartieri residenziali dove i turisti non vanno. L’albergo, dentro il quale si svolgevano i seminari UE, era gigantesco e anonimo: direi che oggi, lussuosamente ristrutturato, sia il Palace Radisson. Nel 2010, Paola e Vincenzo si alzavano presto per andare in palestra, mentre io girolavo nel ghiaccio. Con un Capo dei Trasporti veneziani, andai ad incontrare la Capa dei Trasporti di Tallinn, proprio in Piazza Vadabussoda: mi era già capitato in Slovenija di apprezzare un orgoglio ed una competenza palpabili, nella gestione della Cosa Pubblica d’oltre cortina. Uscimmo meditabondi, come scolari che hanno assunto una bella lezione di stile. Non solo spazzine col basco fucsia, le donne del Baltico!
LE ANATRE DEL BALTICO
Se penso a Tallinn, vedo un’anatra nell’universo ghiacciato di Pirita, dove andammo in “visita guidata” usando il tram come sala conferenze, a vedere il Porto e i Traghetti coi quali, volendo, avremmo raggiunto facilmente Helsinki, altra nazione, stesso Mare. Avremmo potuto pagare il ticket online, sul cellulare. Nel 2010, in Estonia, i Trasporti erano moooolto più intelligenti che a Venezia. Vedere il Baltico, a gennaio, allarga la nostra concezione mediterranea di Freddo: il bordo del Mare è una bacinella, in cui galleggiano enormi ghiaccioli, rara l’acqua argentea che si muove appena, formando pozze, evidentemente meno fredde (tutto è relativo). Lì si affollano stormi (?) di bellissimi cigni e germani reali, dal piumaggio policromo. La mia anatra sembra l’insieme di placche vetrate fissate col piombo: blu inchiostro e verde bosco, panna e creta, l’arancio carico delle zampe. Lo sfondo di ghiaccio, a perdere. Oltre a Pirita, ho girolato un po’ nella Capitale, appena fuori dai due cuori. Sono riuscita a vedere qualche bella casa in legno, simile a quelle svedesi, a quelle Lèttoni, forse a quelle Russe, ma non posso dirlo; qualche campanile con cupola a cipolla, mitteleuropeo; qualche edificio modernissimo (specchi e vetri, total white); qualche recupero di aree industriali dismesse. Sempre immersa nella neve, sono stata anche in un Parco, forse Kadriorg, che ha un bel Salone del Tè, con torte da fiaba, sette strati, perfettamente decorate. L’edilizia in legno, cui la Guida Lonely Planet dedica un occhiello, è decisamente interessante e meriterebbe maggiori restauri, che forse verranno, anche grazie al Turismo e all’Occidente.
KOPLI, I’M AN ASSASSIN
A proposito di Trasporti Intelligenti, da parecchi anni (NON da sempre) ho l’abitudine di girolare le città, salendo su un qualunque mezzo pubblico e facendomi portare dove vuole, fino al capolinea, da una parte o dall’altra, e viceversa. A Tallinn, poi, questa scoperta del ticket col cellulare, mi ha galvanizzata; gli Estoni, possono farlo semplicemente utilizzando la Carta di identità che è, anche quella, caricata sul telefono, connessa alla carta di credito. Possiamo inorridire a questo controllo totale (stile KGB), ma riflettiamo anche che è tanto, tanto comodo. Dopo essere stata a Viru, Ulemiste, Metsankooli, Tonde e Kadriog, ho preso un vecchio tram per Kopli. Lo guidava una donna, tra le molte: giovani bionde e occidentalizzate o meno giovani dall’aspetto sovietico. Abbiamo percorso chilometri, lungo laghi interni di Tallin, insenature più e meno aperte del Baltico; lentamente, come accade, il Tram si è svuotato di passeggeri che raggiungevano le loro destinazioni periferiche. Alla fine siamo rimasti in 3: la femmina alla guida, io ed un maschio che poteva essere un attore di Nekrosius, uno che si faceva colare il sudore dai pugni. Si è alzato, è venuto vicino a me, mi ha mostrato le nocche delle mani, strette a pugno (CVD!): erano rovinate da moltissime cicatrici. Con la voce più naturale del mondo, forse addirittura con un tono dolce, ha detto: You see, I’m an assassin. Mi ha presa così alla sprovvista che gli ho risposto Nice to meet you. Per fortuna il tram si era fermato al capolinea di Kopli, di fronte ad un edificio sicuramente sovietico, che io ho deciso fosse la Prigione. Lui ha fatto capire che lì stava andando e che io non sarei potuta entrare. Ho cercato di spiegare all’autista che sarei tornata indietro con lei, ma lei diceva niet, niet finché non le ho mostrato sul cellulare l’acquisto di un nuovo biglietto con destinazione Toompea. Cercando l’edificio di Kopli in Internet, scopro che NON è mai stata una Prigione: è l’Accademia Navale, oltre la quale si accede ai vecchi Cantieri Russi del Baltico. Forse l’Assassin lavorava lì dentro, forse era lì che si era rovinato le nocche, chissà se uccidendo qualcuno o sopportando una fatica mortale; forse stava andando ad assassinare qualcuno proprio in quel frangente. Potrei scrivere una storia, non proprio fiabesca.