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  >  Viaggio con i libri   >  I LOVE NY (3)

THE MILLIONAIRE’S ROW 

Il libro l’ho preso in Biblioteca a Dolo, maggio 2013: Miss Guggenheim, la storia di Peggy. Poiché non esistono coincidenze, mi sono trovata tra Venezia e NYC, tra 1941 e 1958. Peggy ha una relazione con Max Ernst e cerca a Manhattan una “casa per la propria collezione” di arte degenerata che ha messo in salvo dalla Guerra in Europa (dove viveva). La zona a Est di Central Park viene definita la linea dei miliardari e molti caratteri sono rimasti tali: 5th ave, Madison, Lexington, i full-service flat con i portieri in livrea, i Musei e le city mansions (Girolo ILOVENY 2). Lei vive con Ernst a Hale House e trova la sua Gallery Art of this Century, in questa parte di NYC che è adatta al mercato dell’arte (ci vive o ci passa la gente danarosa). Peggy va spesso al bar Ruby’s dove si confida con la barista, al Central Park da sola, ma frequenta anche il Village, che gli expatriate d’Europa abitano come surrogato di Parigi: c’è un hotel (The Brevoort, che non esiste più), l’unico posto dove si possa bere all’aperto, come nei dehors. La collezione Guggenheim di NYC (quella che troverà casa nella spirale bianca di Wright), è dello zio di Peggy (il lato ricco della famiglia, precisa lei!) che lo gestisce all’antica. Peggy al contrario è naturalmente incline alla sperimentazione, guarda al futuro, cerca il diverso, acquista e colleziona sconosciuti. Mentre organizza party e cene (lei ed Ernst preparano il cus-cus), con Bretòn, Tanguy, Brancusi, Mondrian, Duchamp, intuisce il talento di Jackson Pollock e investe su di lui, garantendogli vitto-e-alloggio perché sia libero di dipingere, senza fare il lavapiatti. NYC è il milieu di tutto questo: mentre vado in cerca su Internet dei miei luoghi, di 10 anni or sono, trovo quelli di Peggy di quasi 100 anni or sono. I giroli si rivivono in tanti modi diversi, i luoghi dove siamo stati prendono sfumature diverse. Ma i lettori della Girolona lo hanno già capito.

ALLA SCOPERTA DI:

NYC SULL’ACQUA

La sfumatura che voglio proporvi qui parte dai piccoli galleggianti colorati sulla terrazza di Luke’s Lobster a Brooklyn (dove fanno sandwich con l’aragosta). In questa città, allargando lo sguardo, nel mio obiettivo entrano barche a vela: NYC è un posto di mare. Uno dei miei libri sacri è Le Strade Blu di East Moon, un girolo per le coste degli USA che rivela un grande paese di oceani e di pesci, alternativo ai canyons. Per fortuna NON mi sono accorta che dalla fermata di East 35 str. sotto il Palazzo dell’ONU (dove lavorano Gwyneth Paltrow in A Perfect Murder e Nicole Kidman in The Interpreter), partono traghetti per Martha’s Vineyard, Nantucket, Cape Cod, luoghi-mito letterari. Ci vivevano Lillian Hellman e Dashiell Hammett, per dire. Avrei convinto Stefano ad andarci, per forza (come al Dizzy’s Club). Non ho nemmeno sospettato l’esistenza del Long Island Sound, a East di Harlem, che vedo, adesso, sulle mappe di carta (non sempre con me, acci!!). Sulle sponde del Sound si aprono spiagge di sabbia e castelli fintarelli coi propri parchi. Nemmeno arrivando fino a Upper Manhattan, col treno che ci ha portati al Cloister MET (Girolo ILOVENY 2), nella zona messicana dove pullulano le tanquerey, ho avuto il presentimento che, poco più in là, la Mela diventasse città di laguna, riviera, oceano. Perdo colpi e ci devo tornare: almeno 9 settimane e mezzo!! Ferro ed acqua si mescolano bene a Coney Island e a Brighton Beach, dove, invece che messicano si mangia russo o ucraino (che lì è proprio lo stesso, pensa tu). Sotto la ferrovia (anche quella, vista in mille film) si snoda Little Odessa, con grocery e deli, dove riesco a comperarmi una vaschetta di pierogi (sono appena stata a Warsaw, Girolo) e me li mangio seduta su una panchina, vista binari, come una delle varie babuske in pausa pranzo. Lì, a Coney, è noto che ci sia l’oceano (la fermata è Ocean Drive PKWY), la città dei divertimenti, la Promenade molto molto pop. Bastian cuntrari, come sono, alla ruota panoramica fotografata da tutti, avrei preferito di sicuro Pelham Manor (a nord di Long Island). Ma NYC mi ha messa in scacco, coi suoi siti troppo celebri e i suoi cibi troppo comuni. È stato banale anche cercare un concerto jazz e forse solo il Village sono riuscita a disertarlo, nonostante le Guide e i must della neofita. Poca Chinatown, se non per il set cinematografico che ci ha inchiodati due ore; pochissima Little Italy se non per un Museo Lower East Side Tenement’s Museum, che mi ricorda quelli di Glasgow e di Lyon (Girolo the Glaswegian e Lyon). Invece, item inatteso a NYC, ho visto molte vele, roba di mare come le aragoste di Luke’s. C’è una vela contro i grattacieli tornando da Ellis Island; ce ne sono parecchie a Coney (al largo), ma molte sono sull’Hudson, contro i grattacieli di Jersey City. Ci sediamo per un hamburger, al 79th street Boat Basin, una mezza rotunda scenografica, in un locale raccomandato dove mi aspetto di vedere Tom Hanks e Meg Ryan (C’è Posta per te). Ma, la Grande Mela conferma il proprio stile perché in un marina dove si sprecano gli 11 metri, sui tavoli svettano bottiglie di ketchup e senape in plastica, nemmeno troppo immacolate, come nei chioschi ambulanti. Great. Infine, come non citare la vela di Hopper, al Whitney (ma secondo me è a Martha’s Vineyard e sopra ci sono JF e Jackie Kennedy). 

NYC è un posto di mare

GIROLA, MANGIA, COMPERA

La mia Guida è la Lonely e devo riconoscere che funziona. Anche come “giornale di viaggio” perché a distanza di 10 anni ricordo e non ricordo, confondo. Invece ci sono i miei ILOVENYC, cuoricini sui siti che mi hanno commossa, punti interrogativi e boh dove sono stata delusa. Come a Bloomingdale, impero della merce: non fosse per un frozen yogurt del quale sceglievi il topping, da un bancone infinito, con qualsiasi cosa. Scelsi, alla fine, una mestolata di ghiaia multicolore che era evidentemente edibile, croccante come granola e di sapore tuttifrutti. Ho segnato come negozi notevoli Macy’s, dove andava anche Peggy Guggenheim (great), fosse solo per il suo edificio Deco; Anthropology dove vendono abbigliamento d’antan (ovvio); William Sonoma per casalinghi luxury (fanno anche corsi di cucina); (mi ripeto) Zabar’s (dove NON incontro Tom Hanks e Meg Ryan, accidenti) e la Libreria Rizzoli che supera di gran lunga qualunque altra (compresa Barnes&Nobles) e ogni piccolo bookshop indipendente, immortalato nei film (anche se potreste incrociare Martinez, l’amante di Unfaithful, buttalo via). Dei luoghi italiani, Salumeria Rosi Parmacotto o Eataly al Flatiron o Grom a Columbus circle, che dire? Non andrei a NY per trovare quello che c’è a Trieste o a Parma, ma c’è chi si sente a casa (con una puntina di orgoglio). L’unico brunch, l’abbiamo affrontato al Village, dove pare che questo rito sia imperdibile, naturalmente dopo aver fatto shopping al Mercato, in un Duck’s Eatery che serviva piatti etnici addomesticati, dalle aragoste alle pizze, niente di memorabile. Invece, devo ammettere che è notabile il Green Market di Union Square, in una delle radure edilizie di NYC, dove gli edifici sono mediamente più bassi, c’è molto mattone e si aprono diversi rettangoli verdi come Washington Sq. (che ha anche un Arco di trionfo, romano fintarello), Union, Gramercy, Tompkin, Madison. Sono tutti vuoti verdi nella radura, circondate da brulicanti attività cittadine, negozi, locali, servizi pubblici e privati, università, scuole per artisti come la celeberrima Strasberg: Leo, il signore che insieme a Stanislavskij, moscovita, ha dato il proprio nome ad un metodo di recitazione. Il mercato di ortofrutta di Union è un luogo per vegan-chic, le sue esposizioni di frutta verdura e fiori sono arte; trionfano i Cuore di Bue, le melanzane bianche, le carote multicolori e biete minuscole, dalle coste porpora, che spiazzerebbero un natura-mortista fiammingo. 

TIME SQUARE 

Se, invece, stiamo alle arti del palcoscenico, avendo abitato per due settimane a Broadway, i cartelloni dei Musical e delle Commedie, sono entrati nelle mie foto e nel mio ricordo visivo: come vi ho detto. Mi fa sorridere che il Michelangelo Hotel (un extra luxury in 5th ave) abbia, nel proprio sito, tutte le immagini che noi vedevamo dal nostro BW vecchiotto, 49th str. angolo 8th ave. Compresa Radio City, Brills Tower e i negozi di strumenti musicali ormai out-of-business dove pascolavano i jazzisti storici. Mr Steinway (come Mrs Carnegie e Mrs Vanderbilt) ha lasciato una city mansion nel Millionaire’s row: alcune di queste sono visitabili in quanto diventate Musei (del Design, dell’Ebraismo, whatever else). Il negozio celebra i 70 anni dalla nascita di John Lennon con una edizione limitata del Piano Imagine. Mentre finisco di raccontare questo terzo girolo a NYC, finisco di leggere il libro sull’assassinio di Lennon, romanzato da James Patterson (l’inventore di Alex Cross), un altro modo di rivisitare NYC. Tutta l’attesa dell’assassino, davanti al Dakota Bld. È, per me, come tornare a Central Park. Penso: in fondo nella Grande Mela ci siamo stati tutti, tantissimo tempo, guardando film e serie TV, leggendo thriller e biografie e forse la conosciamo meglio di Biella e Dolo. Siamo entrati nei loft, nelle city mansion, nei full-service flat, nella Temple of Dendur room al MET, sulla spirale del Guggenheim di Wright. Siamo stati seduti a Central Park, saliti e scesi dai grattacieli guidati dai lift boys in splendidi ascensori deco, mangiato un panino di fronte a Tiffany; quante volte abbiamo preso un yellow cab con Hanks o Douglas, spento incendi con Bruce Willis o Nicholas Cage, siamo andati ad audizioni con Hugh Grant e altro di più intimo o peccaminoso. Sex and the city. 

LE COSE CHE NON TI HO DETTO

Chissà quante cose non mi ricordo dei troppo pochi giorni a NYC, nel 2013. Chissà quanti angoli non ritrovo, nemmeno con le mappe di carta (sempre con me), i miei cuoricini sulla Lonely e nelle mie 1.203 fotografie digitali. Chissà i dettagli, anche sentimentali, che sono andati nella foschia della mente: verranno fuori, all’improvviso, chissà quando e spinti da chissà cosa, magari un libro o un film. Un esempio casuale: nel Museo Archeologico di Cividale (Recall Friul), tra gli splendidi gioielli bizantini ce n’è uno proveniente dalla necropoli di Castel Trosino (Ascoli Piceno). Aspettandomi che l’Archeologico Nazionale delle Marche abbia la più parte dei ritrovamenti di Castel Trosino scopro che NO: sono dispersi in ogni dove, incluso il MOMA di NYC. Great. E, forse, tra le mille ragioni per passare almeno 9 settimane e ½ nella Grande Mela c’è anche questa: che molte delle cose belle del mondo intero, le potete vedere lì.