I DoloVE
AL DOLO SULLA BRENTA
La Brenta, quasi borgo di Venezia è una specie di atlante disegnato da Vincenzo Coronelli nel Settecento e conservato alla Biblioteca Marciana di Venezia: collezione di meravigliose vedute, incise e poi stampate. C’è addirittura chi sostiene che il Canal Grande sia la prosecuzione del fiume Brenta, che sfociava a Fusina, in Laguna L’immagine del Dolo forse più celebre al mondo (sì, al mondo!) è quella di Canaletto: Le Chiuse del Dolo 1728, ovviamente conservata in museo straniero, l’Ashmolean di Oxford (UK). Le sue riduzioni in incisione e stampe le trovate ovunque, riprodotte all’infinito, anche a pochi euro. C’è una seconda veduta, sempre di Canaletto che invece illustra le Porte del Dolo 1743, cioè la conca di forma ovale che metteva in comunicazione diversi rami del fiume (Brenta e Brentone?).
metmuseum.org
Così si tramanda una iconografia settecentesca, di luogo importante per i commerci e al contempo signorile, che rende onore a questo paese. Il luogo dove risiedo, da quando nel 1985 sono stata sfrattata dalla casa Montedison di Venezia.
Del Dolo, già in pieno Novecento, scrive un autore poco noto, che meriterebbe più fortuna: Luigi Monteleone il quale, ne La Pena e l’Oblio, il cui primo Capitolo si chiama Dolo, Anni Trenta illustra con un linguaggio innovativo, splendori e miserie di una provincia in rapida trasformazione. Racconta, inventando o rimaneggiando la cronaca, storie di famiglie e di personaggi che diventano icone: alcuni bozzetti strepitosi, di rara finezza, con amorosa cattiveria, se mi passate l’ossimoro. Per qualche verso, a me, ricorda Celine, Viaggio al Termine della Notte, ma forse sono condizionata dal fatto che anche Monteleone, come il francese, era un medico e dal fatto che vedo Dolo come borgo in una metropoli. Sta di fatto che Monteleone scrive di un paese che abbandona la cultura rurale per affacciarsi all’industria, di Porto Marghera e della Mira Lanza, dentro quella che oggi è “la città metropolitana di Venezia”, uno strano ibrido quasi-urbano. Pertanto ha ragione il nostro Sindaco Alberto Polo, quando in un video di youtube presenta lo sconquasso, positivo, che la street art sta portando in questa comunità rivierasca, quieta, legata alla tradizione e cauta verso i cambiamenti, da sempre abituata a diluirli per viver bene. Il video è una ottima documentazione sul festival urbano Idolove, che il Comune promuove dal 2016: guardatelo tramite la pagina Facebook @IDoLoveUrbanFestival e a idoloveartfestival.it. Per dire l’attenzione che ha suscitato, in 4 edizioni, suggerisco maxiart.it, dedicata in particolare all’artista Neve. Naturalmente vi consiglio anche il sito del Comune di Dolo alla voce Eventi, soprattutto per la presente Edizione 2021.
ALLA SCOPERTA DI:
LO SCONQUASSO DELLA STREET ART
Di street art e di neomuralismo capisco meno di zero: sono il cittadino ideale per dire semplicemente, mi piace o non mi piace. E mi piace, plaudo alla iniziativa che imbellisce alcuni muri tristi, alcuni edifici anonimi, alcune parti neglette anche se centrali. È gratificante, durante i cantieri dei murales, vedere gli artisti arrampicati sui trabattelli o sulle gru di Venpa: ditta che sta sulla A4 in zona Arino (frazione di Dolo) e si è rifatta il maquillage grazie a gigantesche pitture. Non si deve giudicare una Amministrazione solo dagli Eventi che organizza, ma anche sì. Qualche murales l’ho visto nascere, passeggiando nel 2018, in particolare quello della argentina-spagnola Hyuro, al secolo Tamara Djurovic e quello di Tony Gallo in piazza Pinelli. Molti altri mi è capitato di vederli per la prima volta, quando girolo per Dolo. Al di là del singolo/a artista, il loro valore è proprio questo: sono dappertutto e anche io, che qui abito, li incontro per caso, andando a fare la spesa o al Mercato, in un sottoportico o su una panchina, al Centro di vaccino anticovid, vicino alla Piscina, nei miei Giroli lungo i canali o guidando in A4. C’è persino una guida turistica Silvia che propone sul web un Tour di Idolove. Il mio Girolo è facile perché le immagini sono tutto e i miei commenti anche no. Quello che potrei dirvi l’ho letto nel web, cercando le biografie degli artisti ed artiste, che non conoscevo affatto: sono ferma a Bansky e anche lui l’ho scoperto tardi, grazie al collega Icio, del Comune, che lo conosceva per via di sua figlia. Prima mi riferivo a Basquiat e Keith Haring: nonostante le pretese di seguire l’arte contemporanea, sono rimasta una Signora del Novecento, per non dire una damina dei tempi di Canaletto. La street art, la associo ai graffiti urbani, ai writers, ai murales delle Brigade cilene: faccio un mesclùn da inesperta e posso solo imparare. Trovo molto importante che a svecchiare la mia cultura figurativa, sia la mia città sulla Brenta, senza nemmeno doversi scomodare fino a Venezia e ai Padiglioni della Biennale!
La street art è blur, fringe, gulp, spritz
ZED1, BR1, HYURO, PAO, DADO, NEVE, ETNIK, KARIM, PEETA, MR THOMS, e Co.
Negli anni Novanta, mi occupavo di “heritage”, i beni ereditati dal Passato utilizzabili per turismo: nel caso della Brenta, le Ville, i Giardini, i borghi. Gli spettacoli teatrali, le letture, i concerti e le cene teatralizzate sono un ottimo modo, che ha preso piede ovunque e funziona. Discutevamo, al tempo, se fosse solo quella la strada per ri-vivere i luoghi, privati o pubblici che fossero. Idolove è questo e altro, fa un notevole passo avanti e nello specifico svincola la Riviera del Brenta dalla iconografia Settecentesca, dallo stellone di Venezia, favoloso ma col rischio dello stereotipo e della divisione tra quello che facciamo vedere ai turisti e quello che siamo davvero, qui ed ora. Ospitare i nomi della street art italiana e non solo, ci porta oltre questo rischio e questo limite, dentro un circuito urban che qualcuno troverà esagerato per Dolo, ma che le nuove generazioni sentiranno più vicino delle damine settecentesche. Moltissimi artisti hanno un nick-name, usando il quale troverete tutte le informazioni che volete nel web: che è il loro luogo naturale, perché sono contemporanei e globali e giustamente punto com.
singulart.com; streetart.com; streetartplace.com; artbooms.com; artribune.com; modalitademode.com
Sarebbero troppi i siti da indicarvi e la miriade di filmati youtube, che vi fa veramente apprezzare la loro arte, in divenire e indica dove girolare per vederla: un atlante senza confini, come giusto che sia, da Baronissi a Carpi fino alla Grande Mela. E qui torna l’anima del Dolo: metropolitana con misura. Le mie fotografie non indicano (se non si vede la firma) l’autore/rice; non c’è la data e non si individua il sito preciso. La Girolona non è una Guida, semmai vi da suggestioni. Girolando nel web ho maturato le mie preferenze, ho scoperto che alcuni/e non dipingono solo sul muro, vendono quadri, illustrano libri, fanno installazioni, decorano. Carloni mi ricorda Moebius e Neve dicono si rifaccia a Caravaggio. Nel 2021, a settembre, aspettiamo altri 3 artisti, nelle Scuole, in centro e nelle frazioni Burla22, Kos DOS e CO110. Se l’Arte ha perso i confini, la street art non li ha mai avuti, è blur, fringe, gulp, spritz.
STREET SPRITZ
Mi viene da associare la street art metropolitana al rito del fare aperitivo. Il nesso tra neomuralisti e spritz magari genera sconquasso, ma spero che chi legge mi capisca. L’Isola Bassa del Dolo, una mandorla chiusa tra due rami del Naviglio visibilissima in qualunque mappa anche al guardatore meno acuto, per decenni è stata a rischio di degrado e di isolamento. Si vedeva il magnifico Squero Cinquecentesco (già nelle opere di Canaletto), passando sulla statale e poi regionale n.11. C’erano i Molini, per i cultori, recuperati a suo tempo e poi diventati un noto locale di ristoro. In Isola le attività stentavano ad affermarsi, il vecchio Albergo ai Do Mori decaduto e poi chiuso, i primi pionieri degli anni Ottanta non fortunati. Finché, il nuovo Secolo ha portato buon contagio, i locali hanno iniziato a prosperare, a diventare numerosi, a recuperare spazi abbandonati, a popolarsi densamente di spritz lover. Il recupero di una delle famose Porte del Dolo, liberata da brutti edifici abitativi. I due rami del Naviglio sono di nuovo uniti da un percorso dove l’acqua è rievocata da ciottoli di fiume, una veduta degna del famoso Passato. Io continuo a prediligere lo spritz e ciò che lo accompagna de I Molini del Dolo e il gelato de Il Canaletto (!), adoravo il ristorante Cantiere 24 di Thomas Mattiello, che ora ha cambiato gestione e si chiama La Sentina. Però la scelta e il metodo è provarli tutti, magari non tutti la stessa sera. La Caneva del Cristo, Casa Mia, Mivida, Carpe Diem, Squero, Harley Pub e lo stesso Do Mori, nonché la new entry 2021 di Ginza (un orientale all-you-can-eat).
Seduti negli amplissimi dehor, su Naviglio, Conca, Molini: un brindisi a Canaletto!