
GRAN SASSO
IMPERATORE GRAN SASSO
Voglio condividere una mia meschinità: dopo la Brexit ho deciso che se gli inglesi non ci vogliono non ci meritano. Se devo fare un Passaporto per andare ai Brecon Beacons, nella Why Valley o lungo il Vallo di Adriano (che c’era andato senza chiedere permessi), non ci sto: l’Italia offre di certo altrettante bellezze sceniche e cominciamo dagli Abruzzi. Così, da qualche anno, mi girolava in testa questo ritorno, dopo il nostro Girolo del 1988 (Girolo Con Libro Gli Abruzzi). Ho tirato fuori le vecchie diapositive, poche e rovinate, ma ci siamo Stefano ed io di una giovinezza commovente: mi pare giusto tornarci per i miei 70 anni.
Il regalo è sorprendente, perché Campo Imperatore è, insieme al Cratere dell’Etna che erutta (Girolo Sicilie), lo spettacolo naturale più potente che ho visto: col sole d’autunno o con maree di nubi, con delle luci che solo qui. Naturalmente le fotografie non possono mostrare: è uno di quei siti che vanno vissuti, in piena immersione, chilometri dopo chilometri, salendo e scendendo, stando in piano, angolo giro che cambia ad ogni tornante e quota (fino ai Laboratori CNR). Nota turistica: uscite dall’autostrada ad Assergi (salire per le strade provinciali è a rischio blocco per cantieri), avrete panorami superbi comunque e ovunque. Anche la superstrada L’Aquila-Teramo regala paesaggi strepitosi, semplicemente andando. Anche l’Altopiano delle Cinque Miglia. Anche quello che vedete da Borgo Rivera, dalla Fontana delle 99 Cannelle a L’Aquila. MA lui, l’Imperatore Gran Sasso, è stupefacente, tanto da farci salire due volte, in sei giorni. Il giorno del mio compleanno, festeggio con una focaccia pecorino e fichi rossi, scaldata in un camper, unico puntolino umano (oltre a qualche biker) dentro il Paesaggio: niente potevo desiderare di più. Rientrando in hotel a Marina di Vasto, Stefano dice “penso che questo sia il girolo più stupefacente che abbiamo mai fatto”: un regalo più grande non potevo pensarlo, che mio marito riconoscesse il talento della Girolona. Si riferisce a Campo Imperatore, ma anche a diverse scoperte d’arte, a noi completamente ignote (essì che ne sappiamo di Arte, modestamente).
penso che questo sia il girolo più stupefacente che abbiamo mai fatto
ALLA SCOPERTA DI:
BOMINACO
La scoperta più inattesa è il compendio di Bominaco, frazione di Caporciano, cui arriviamo con difficoltà per via dei cantieri stradali. Il Terremoto del 2009 segna ancora gli Abruzzi e molto (leggete Bella Mia di Di Pietrantonio). A Bominaco si visitano (con Guida) una Chiesa e un Oratorio: nella prima, inattese meraviglie di pietra gentile, ambone, ciborio, capitelli, colonna tortile per il cero pasquale; nel secondo un ciclo di affreschi che fanno parlare di “cappella Sistina”. Non c’entra nulla col rinascimento: lo stile è ancora bizantino, il tempo Alto-Medioevo, le mani di artisti senza nome che la Guida definisce “maestranze colte” (non di paese). L’impatto è fortissimo, amplificato dal non averne mai saputo nulla. La Guida esalta gli affreschi dei Mesi, ma io sono calamitata dalla Deposizione e da un Cristo flagellato di inedita flessuosità, quasi femminea. Bominaco non è sola a stupirci: c’è anche S.Giovanni in Venere (a Fossacesia) e ci sono altre cripte preziose, insospettabili per decorazioni antiche, quadri o figure isolate. Altra scoperta ad Atri che, con la sua Santa Maria, regala bella facciata ma ancor più prezioso interno: abside affrescata da tal De Litio (a noi ignoto), che rimanda a Mantegna, Piero della Francesca e Signorelli. La mia sindrome di Stendhal è a dura prova. Introdotti a tanta bellezza, visitiamo anche il MUNdA, dove sono temporaneamente raccolte alcune delle collezioni, spostate dopo il sisma dalla Fortezza Spagnola di L’Aquila. Bellissime statue lignee, severe ed eleganti. Ci racconta la Guida di Guardiagrele (cittadina da visitare) che gli Abruzzi hanno il primato delle Madonne del Latte, una iconografia poi censurata per via di quei seni della Vergine, usati come biberon nelle mani del bambinello. A Guardiagrele, si producono le Sise delle Monache: un pan di spagna dalla ricetta segreta, morbidissimo e ripieno di crema a forma di sise; pare che le monache avessero tre, due come di natura più una che era il fazzoletto aggrumato a mascherare la provocante fessura interposta. La nostra Guida, che si chiama Mariella in onore alla Maiella, è un fiume in piena: ci tiene a Guardiagrele per ore, ci esalta ogni cosa e ci convince che in paese sono tutti “maestranze colte”, lavorano pietra, legno, intonaci, ferro, oro e argenti, dolci.
SANTA MARIA DI COLLEMAGGIO E LE 99 CANNELLE
Anche se a L’Aquila vi porto nel Girolo Gli Abruzzi, qui parlo di due monumenti che rischiano di essere gli unici molto famosi del capoluogo abruzzese. Io stessa, che sono Bastian Cuntrari, avevo in mente queste due “cose da vedere” e non sapevo quasi nient’altro della città (ignoravo la Fortezza Spagnola e anche l’Auditorium di Renzo Piano): nel 1988 ero praticamente fuggita dopo una sosta davanti a San Marco, dove eravamo approdati, casualmente (lo testimonia una mia diapositiva, altrimenti avrei negato tutto). I due monumenti stellati, sono giustamente famosi anche se collocati all’estremità del centro antico, appena fuori. Quello che ho scoperto, visitando la zona rossa, è che L’Aquila ha questo fascino doppio: le bellezze isolate (che pare siano rivolte al resto della regione) e il sistema interno di chiese-piazze, che si legano in un continuo saliscendi labirintico, come una “girella con le uvette”. Penso a quando tutte le facciate saranno restaurate, coi loro rosoni simili (girelle di zucchero), le loro piazzette raccolte, le loro scalinate di sassi, i loro portoni eleganti: sarà una meraviglia, coi tramonti o con le “mille luci” che hanno messo, dopo il sisma, in cima ai palazzi come fossimo dentro lunghi corridoi (non hanno messo lampioni). Ecco: l’atmosfera aquilana è di un unico palazzo dagli incessanti meandri, saloni, salotti, gallerie, androni e terrazze, scaloni, soppalchi, pianerottoli. Può darsi che fosse più genuina l’impressione avuta nel 1988, quando volli scappare per la cupezza? Questa L’Aquila luminosa recuperata dalle macerie è scenografica, quasi onirica, mondo dello spettacolo: sconta il rischio di un restauro simultaneo ed esteso. Dalle 99 Cannelle, in un remoto angolino della Porta Rivera (pensate che lì affaccia il Munda che era un Mattatoio, più periferia di così!!), si vede il Gran Sasso, appena sopra le tre pareti di conci bianchi e rosa. E sopra San Vito, la chiesetta col suo rosone di fronte alle Cannelle, mentre l’acqua gorgoglia e stormi di uccelli in batteria solcano il cielo, le nubi si indorano, si arrossano, fanno atmosfera di borgo remoto, altro che capoluogo. Lo stesso senso di “fuori porta” si ha a Collemaggio, dove la Cattedrale appare, col suo rosone (importante) e la sua facciata tronca a decori geometrici bianchi e rosa, in fondo ad un vasto prato verdissimo dove non vi stupireste di vedere armenti (come a Campo Imperatore). Noto che attorno a Collemaggio molte persone camminano strano e mi stupisco, se non che, tornando dove abbiamo parcheggiato, realizzo che siamo dentro un compendio della ASL, dedicato al recupero motorio. L’interno della chiesa è gigante e maestoso, completamente spogliata da orpelli barocchi: mostra la struttura primitiva essenziale, potente ma leggera. Ci sono lacerti di pitture murarie e il Mausoleo di Celestino V, Papa aquilano onnipresente (un bel monumento). È lui l’inventore di una particolare forma di giubileo detto La Perdonanza, che si festeggia ad Agosto. Non manco di riguardo ai due monumenti storici, se noto qui l’Auditorium che Renzo Piano ha progettato per accogliere le funzioni prima svolte nella Fortezza Spagnola, terremotata. È un edificio che lui definisce temporaneo ed effimero: forse per questo voluto semplice e “giocoso”, rivestito di listelle coloratissime, di legno (è stato donato da Trento, che ama questi rivestimenti anche se degradano prestissimo, Girolo Trento). A me ricorda una scatola di pastelli e un tavolo, progettato negli anni Ottanta da Citterio per Malobbia, il Caran d’hache, che aveva le gambe colorate all’anilina, simili a matite. Occasione, Piano e Citterio, per chiacchierare un po’ di design, Stefano ed io, nel nostro cafè Nurzio. Ci compero dei vasi di Nurziatella (una crema cioccolato e torrone) e delle ciambelline tortili (come i decori dei rosoni), farina, vino, olio che mi ricordano i dolcetti di Alkimia a Vasto. Anche L’Aquila è un po’ nostra, dopo soli 3 giorni. Ci si sta bene. (leggete il Girolo Gli Abruzzi).