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RITORNO A STOCCARDA

Eravamo passati a Stuttgart, nel 1992, salendo verso l’Olanda (girolo Olanda in bianco e nero). Una fotografia di me, abbracciata alla Donna di Moore, due scatti all’Ala Stirling della Stadtgalerie e via.  A Luglio 2024, invece, la meta è proprio lei, campo base, per visitare un pugno di musei d’arte moderna e contemporanea della Germania occidentale. Organizzo un girolo rischioso, perché queste città non sono accreditate come mete turistiche, i loro monumenti (se ci sono) sono completamente ricostruiti dopo la seconda Guerra, come la maggior parte del tessuto urbano. Resistono le grandi residenz e gli schloss, una tipologia che non ci affascina. Le Guide raccomandano spesso castelli isolati (talvolta fintarelli) o monasteri barocchi, suggestivi a vederli da lontano, con torri e cupole. La Girolona è biellese, testa dura: ho letto un sacco, in rete, sulle collezioni contemporanee nei Musei tedeschi, sulle fondazioni che le sovvenzionano e sulle nuove architetture che le ospitano: Kube a Stoccarda, ZKM a Karlsruhe, Wilhelm Hack a Ludwigshafen am Rhein. Prenoto 3 hotel e si parte. Al ritorno, devo dire che è stata un’ottima idea e le cittadine tedesche ci hanno (di nuovo) stupito per la loro gradevolezza, per numerose architetture contemporanee belle e per qualche “monumento” (molto) poco noto: magari rifatto o fintarello, come vi racconto. Sorprese.

ALLA SCOPERTA DI:

AUTOBAHN CHE DISASTRO

Il viaggio fino a Mannheim è lunghetto (900 chilometri) e non siamo più i giovani che attraversavano mezza Europa, fin oltre la Manica (giroli Cornovaglia, Lisbona): fatelo assolutamente, entro i vostri primi 50 anni. Inoltre, insospettabile, le autostrade tedesche, pregevoli in quanto gratuite, sono un mezzo disastro di manutenzioni e cantieri: c’è una coda ogni venti chilometri, se va bene. Al Fernpass siamo stati bloccati due ore, un inferno. Non molto meglio in Austria (dove pure si paga) e poco ci consola di non essere noi Italiani, per una volta tanto, la maglia nera d’Europa. Prima notte a Kempten Allgau, cittadina sconosciuta, in posizione felice per interrompere la distanza. Il centro è un manuale di manutenzione urbana: le piazze circondate di case “tipiche”, un’enorme abbazia con relativo palazzo, zeppa di visitatori; tanti cafe e birrerie nelle piazze, difficile trovare un tavolo. Entriamo, dopo un piacevole passeggio serale nel reame dei wurst, dei crauti, dei rosti di patate e di qualunque cosa messa in un unico piatto (di cui capiamo 2 ingredienti su 10). In questa zona della Germania, il visitatore italiano non è contemplato: a stento parlano inglese e nelle TV di albergo non esiste un canale per tenerci informati su quello che succede “da noi”. 

 

SANTUARIO DEI LIBRI

Ed eccoci a Stoccarda, hotel in mezzo alla foresta di Waldau, a 12 minuti di metropolitana dalla Piazza del Castello, cuore urbano. Sistemazione eccellente, in un’area destinata agli Sport, gigantesca in mezzo al bosco. Con i suoi 600 mila residenti, Stoccarda è estremamente espansa, spruzzata sulle colline di vigneti tutto intorno: solo alcune parti molto recenti, oltre la Stazione centrale, si stanno verticalizzando, con architetture innovative. Tra queste, lo scopriamo per caso sul web, una Bibliotek che è un gioiello, vero santuario per gli adepti del libro. Ci andiamo subitissimo, a piedi e ci beiamo della visita, alle otto di sera, ovviamente gratuita. Mangiamo lì presso in una quartiere che mi richiama l’ultima Milano (Giroli Milano); in generale, le città tedesche fanno lavorare architetti tedeschi che non sono diventati famosi, anche se lo meriterebbero. Mangiamo un hamburger, da Jan mit gosen, una catena che avevo già apprezzato a Francoforte (girolo Frankfurt). C’è una certa separazione tra il vecchio stile delle gasthaus e stuben (quello che abbiamo in mente pensando al cibo tedesco o austriaco) e il trendy urbano, che si è orientato decisamente verso il fast food (la pizza, i burger, il kebab), quasi rimuovendo wurst e crauti. Quanto al cibo orientale, si sa che le maggiori città turche fuori dalla Turchia sono quelle tedesche. MA, ecco che l’Italia e Milano, invadono le stazioni della U-bahn con la pubblicità dello Spritz Campari, una tendenza che suona come un culto (girolo Biella Spritzante).

STIRLING, LE CORBUSIER

È sempre il web che ci regala una seconda sorpresa: sapevamo di Weissenhof, ma non ricordavamo fosse quartiere, siedlung, di Stoccarda: si tratta di una delle maggiori concentrazioni di archistar del passato, un insieme di case d’appartamento e ville individuali, costruite nel 1927. Mies van der Rohe e gli altri del Bauhaus (Gropius, Hilberseimer, Taut), con ospite speciale Le Corbusier, che non apparteneva al club tedesco (ci sono anche Beherens, Oud, Stam, Sharoun). Nella stecca di Corbu c’è un piccolo museo documentario, con i progetti del 1927, gli edifici perduti e quelli che restano, ancora abitati, per fortuna. Una bella immersione nell’architettura razionalista, una sorpresa. Ricordavamo bene l’esterno del Museo Statale, con l’Ala Stirling: mattoni, metallo verde, azzurro e fucsia, segnano il tempo). Dentro è ricchissimo di opere e benissimo allestito: un altro banchetto con l’Arte. Del tutto inedita, invece, la collezione permanente del Kube, un edificio recente, che si inserisce come rottura, proprio di fronte al Castello (brutto). Ci sono molte opere di Willi Baumeister (vissuto proprio qui, fino a metà del Novecento) e di Fritz Winter (studente al Bauhaus ma a noi sconosciuto). L’edificio è un elegante cubo di vetro, il cui ascensore sbuca nel nulla, in ampie balconate-serra che danno una vista inattesa sulla città. Non diventa bella, Stoccarda, ma ribadisce la sua natura di “guantiera” edificata intensamente sul fondo e poi diradata sui bordi, in mezzo alle colture di vite, ordite perfettamente. I vini che ho bevuto qui, sono mediamente aromatici, fruttati e buoni; non mi sogno nemmeno di bere uno “spritz milanese”, figurarsi. Andiamo anche al Mercato, raccomandato dalle Guide, ma non è niente di speciale; facciamo più volte le strade centrali di negozi, beviamo al Bar del Kube, raffinato e costosissimo.

SORPRESE ULMA, TUBINGA, SPIRA

Salendo da Kempten a Stoccarda, abbiamo fatto sosta a Ulma (non prevista): una sorpresa, perché è una cittadina piccola, che ha un imponente Dom gotico (la torre in pietra più alta del mondo), al centro di un nucleo storico conservato, molto ricco e gradevole, tenuto benissimo. Tanto ci sorprende, con la sua immagine “tradizionale” (case a graticcio, decorate, tetti aguzzi, finestre dai contorni affrescati), che decidiamo di tornare nel viaggio di rientro, per visitare la Stadthaus che è di Richard Meier, architetto preferito da Stefano. Ci sorprende anche Tubinga, dove andiamo da Stoccarda, con pochi chilometri: in questa parte di Germania, le città sembrano raggruppate in costellazioni. Tubinga è davvero una chicca: minuscola e molto conservata, ha un tessuto esemplare: case tipiche, lungo rogge e canali, ponti e ponticelli ovunque, stracolmi di fiori che sembrano “spontanei”. Si vede che è turistica, ma i visitatori non sono invasivi (come pare succeda ad Heidelberg, dove NON andiamo), ci sono tante botteghe di mercanzia, ma ci si passeggia volentieri. Il contrasto tra le architetture contemporanee e queste enclave storiche è un manifesto della Germania, per quanto ne capisco: un piatto misto, come il mio risotto al limone con contorno di falafel. Da Mannheim faremo una veloce gita a Spira (vicinissima): oltre la sua celeberrima Cattedrale (romanica e maestosa), ci sorprende una Gedachtniskirke con bellissime vetrate: scoperta perché ci abbiamo parcheggiato vicino (col disco orario!). Neppure la sua rara conservazione ci fa dubitare che sia “fintarella”, un caso unico di Neogotico Storicista, perfettamente compiuto nel 1904. La sorpresa è doppia, perché le Guide NON ne parlano e due architetti non dovrebbero confondere il fintarello con l’originale: ma ci assolviamo, perché la Germania è tantissimo “ricostruita” (girolo Dresda) e induce in equivoco.

Il contrasto tra le architetture contemporanee e queste enclave storiche è un manifesto della Germania

ZKM KARLSRUHE

La seconda destinazione del mio itinerario artistico era Karlsruhe dove transitiamo, diretti a Mannheim. Il Zentrum per l’Arte e i Media ZKM occupa un ex deposito di armi, immenso, c’è spazio per grandissime installazioni, cinema, teatri, allestimenti immersivi, robotica, atelier di qualunque arte applicata, performance filmate (c’è un omaggio a Bill Viola). Ci affascina Black Flag del coreografo Forsythe, (americano, ha lavorato a Stoccarda e a Francoforte). Due robot industriali muovono, in una danza elegantissima, due enormi bandiere nere: magia. La vera sorpresa, tuttavia, è un allestimento provvisorio della Kunsthalle cittadina, che ci regala un salto di secoli artistici, arditissimo e prezioso, fino ai primitivi fiamminghi e ad un Paolo Uccello.

 

MANNHEIM – LUDWIGSHAFEN AM RHEIN

In centro a Mannheim, per gli amici MA, la Kunsthalle è divisa in due edifici contigui: il vecchio art Decò, prezioso, e il modernissimo, spazi immensi, bianchi, scale, corridoi, ascensori, terrazze. C’è arte per ogni gusto, installazioni, animazioni, grandi tele, sculture: in una hall Boccioni e nell’altra Brancusi, per dire. Erano le ultime due tappe del mio itinerario artistico e non ci deludono: né le collezioni (splendidi Kiefer, per dire), né gli edifici, né gli allestimenti (ci sono mostre a rotazione, di artisti/e ignoti contemporanei). Attraversando il Reno (con la ferrovia 5 minuti, con l’auto 7), si raggiunge Ludwigshafen, per gli amici LU: qui ha sede il Museo Wilhelm Hack, collezioni di un mecenate, dal V° secolo avanti Cristo a Scully, passando per Nolde, Mache, Malevic, Mondrian, Pollock. Fuori un gigantesco Mirò di ceramica, rende l’edificio inconfondibile, in un paesaggio urbano qualunque (più degradato di MA); dentro dominio del bianco, corridoi, scale, balconate, spazi giganteschi, vetrate. Ormai non ci sorprendiamo più: è la cifra tedesca.