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DOLOMITI PATRIMONIO

Sapete già le premesse:
1. ho uno strano rapporto con le Montagne
2. trovo pletorici i riconoscimenti Unesco
Patrimonio dell’Umanità.
Ciò detto: di fronte alle
Dolomiti di Brenta, MI TACCIO. Nel 2015 ho deciso di portare Stefano dove aveva fatto villeggiatura da ragazzo, a Pinzolo in Val Rendena. Mi parlava, da sempre, di una mitica torta di carote con panna. Prenoto un hotel fuori Madonna di Campiglio: la veduta, dalla sala colazioni è splendida. Loro, le Dolomiti, sono guglie grigie come nei disegni di Buzzati (Girolo Belluno e Nevegal), oppure lastre sfacciatamente rosa incastonate nel grigio. Sempre soffuse da nuvole-e-foschie, che allontanano i comuni mortali dagli spazi degli dei. Forse Giovanni Segantini ha dato testimonianza di queste atmosfere nel Trittico della Natura, conservato a St. Moritz: ma di lui vi parlo alla fine del girolo. Madonna di Campiglio (luogo troppo turistico) non è all’altezza e nemmeno le torte di carote, più d’una, che assaggiamo in giro per il paese. Abbiamo questa abitudine, in viaggio: arriviamo alla cena, pasto rituale che conclude la giornata, facendo varie soste per lo più dolci o di sole bevande, calde o rinfrescanti, secondo stagione. Graziosa la Pieve con la Danza Macabra, di tal Baschenis, fuori Pinzolo (ricorda quelle slave Giroli Luce Dalmata). Mi rimane, da quel girolo dolomitico, una fugace visione di Riva del Garda, che abbiamo attraversato, salendo a Nord.

Loro, le Dolomiti, sono guglie grigie come nei disegni di Buzzati, oppure lastre sfacciatamente rosa incastonate nel grigio.

ALLA SCOPERTA DI:

IL GARDA SEE

Il Lago di Garda è fortemente penalizzato, per chi risieda a Dolo, da due elementi: 1. è troppo vicino e non viene percepito come un viaggio o una vacanza (ci vanno i veronesi e i mantovani, che magari ci hanno la seconda casa) 2. è invaso da tedeschi e austriaci, costituisce il loro “primo sbocco al mare”, See come l’Adriatico. Essendo grande e lungo, il Lago, difficile percepirne i confini: potrebbe benissimo essere un golfo, come viene definito l’Adriatico, il Golfo di Venezia. Potrebbe essere un fiordo marino, come il Canal di Leme in Istria: ci sono punti di rare confluenze ventose, come Torbole, celeberrima per il surf in tutte le sue declinazioni (ci vive un campione del mondo, vascorenna.com). Bene: il ricordo di Riva (una immagine pseudo ligure, lassù già in Trentino) mi ha lavorato nella memoria per quasi 10 anni; estate 2024, appena cessano le grandi piogge, torniamo sul Garda See, un’escapade.

MALCESINE, TORBOLE, RIVA

Per vedere i paesi gardesani, prima veneti e poi trentini, dovete sorbirvi la gardesana, una strada statale bella ma trafficatissima, impossibile nei fine settimana. È mercoledì e ci fermiamo a Malcesine che sarebbe sicuramente graziosa, non fosse invasa dai turisti. È estate bellezza e questo è un luogo-di-vacanza. Per fortuna ci fermiamo a Cassone, una minuscola frazione, collegata a Malcesine capoluogo da una bellissima passeggiata lungolago, perfettamente organizzata “alla tedesca”. Cassone è deliziosa: un porticciolo con quattro case antiche o vecchie, un immissario torrentizio del Lago (Aril), molti bar, tante spiaggette ghiaiose che vantano un’acqua limpidissima e invitante. Da non credere che sia lago. A Malcesine giusto uno struscio tra la folla, forse bisogna venirci tra il 2 novembre e l’8 dicembre, di lunedì. Sono stupefatta dalle botteghe di specialità italiane, per i mitteleuropei: trovo una varietà impensabile di linguine al nero di seppia, animali che in questo See non ci stanno. Poi il Garda si stringe, diventa trentino e si vedono più montagne, incombere sull’acqua, quinte bluine. La scelta, casuale, di un hotel a Torbole si rivela felicissima: siamo fuori dalla mischia, fronte Lago, abbiamo una vista eccellente, una terrazza soleggiata e 5 dicasi 5 finestre in una larga camera, quasi-suite. Colazione ricca e accurata. Andiamo in centro a piedi, ci pare meno affollato di Malcesine; ceniamo in una trattoria appena defilata, casalinga. Grandissima attività di tavole a vela e simili, proprio di fronte alla nostra terrazza: ogni tanto scuffiano e potrebbero essere investiti dai traghetti, ma non accade. Qui fa scalo la linea che congiunge tutte le destinazioni del lago, veronesi, bresciane, trentine, ambo i lati: da Desenzano a Riva, 5 ore. Lo prenderemo per una gita a Limone del Garda (provincia di Brescia), per visitare la Limonaia del Castello. Grazie ai suoi limoni, Limone ha una densità turistica quasi insostenibile. La sera successiva andiamo a Riva (con l’auto) e ceniamo in una qualunque pizzeria, dopo un aperitivo. La mia impressione di liguria-sul-garda è confermata: le piazze che si affacciano al Lago sono pregevoli, case antiche o vecchie molto restaurate, una marea di tavolini e di ospiti, di negozi anche raffinati. Bella luce da See e clima giusto, per far maturare gli agrumi; con la brezza di monte per la gioia dei surfisti, dei velisti degli skate-qualcosa.

IL MART E LE ALBERE

Avevamo in programma una visita al MART Museo di arte contemporanea di Rovereto e Trento, visto un altro paio di volte (una Mostra su Depero?). L’edificio di Mario Botta spicca ancora, in centro a Rovereto: importante ed elegante, di semplicità monumentale. È (tristemente) deserto e ci godiamo la Mostra (idea di Sgarbi che è presidente del Mart), Arte e Fascismo: non eccezionale per pezzi esposti, ma molto ricca e accurata. Devo dire che quella di Milano, del 2020 era molto più “bella”, forse per la ricchezza delle collezioni milanesi del ‘900 (Girolo Milano). Rovereto ha un ricco archivio soprattutto futurista e di architettura razionalista, ma forse non così “sgargiante” e sicuramente meno noto. C’è una personale di tal Gaudenzi (artista penalizzato dai suoi rapporti col regime, infatti è pochissimo noto) ed una di Tosalli torinese specializzato in animali, un artista molto singolare (e poco noto). Così è il MART, ammirevole fondazione che procede nella sua missione di conservare e far conoscere l’arte del nostro Novecento, oltre Boccioni, Casorati, Morandi. Molte delle opere esposte (anche nella collezione permanente), sono della VAFT-Stiftung una Fondazione che nasce da un collezionista privato (tal Feierabend, commerciante) e ha puntato tutto sull’arte Italiana del Novecento: Futurismo e Metafisica, ma moooolto altro. Gabriella Belli (Girolo Venezia ‘900), incontra Feierabend e lo lega al Mart: voilà! E’ l’Europa bellezza: così l’arte nazionale girola in Germania ma anche da noi! Visitiamo l’origine del Mart, la Galleria di Fortunato Depero (nativo), allestita in una sua dimora: nulla di trascendentale, per chi conosce Depero, ma importante che ci sia per chi non lo conosce; un artista e decoratore eclettico, che si è dedicato a molte arti applicate (mobili, oggetti, tessili) e alla pubblicità. Decido di fare un salto ad Andalo, stazione montana di cui sentivo parlare ai tempi dell’università; avevo compagne trentine che sciavano benissimo e non perdevano un week end, Andalo, Fai della Paganella, Bondone. Madonna mi ha delusa, Andalo mi deprime: nessun panorama patrimonio dell’umanità ad attenuare. Com’è come non è ci troviamo alle porte di Trento, dove vive Paolo (Girolo Olanda in bianco e nero). Appuntamento al volo in Piazza Duomo, che è per me una assoluta rivelazione: NON ero mai stata a Trento, vergogna. San Vigilio è proprio bello: una toccata e fuga all’interno, poi Paolo ci porta alle Albere, il quartiere di Renzo Piano nell’ex area Michelin, sede del nuovo Museo della Scienza MUSE e della Biblioteca Universitaria BUC. Tre architetti (noi) e tre birre, il povero Renzo Piano ne esce ammaccato: non sono le Albere la cosa migliore che ha fatto. Fuori scala per un centro piccolo come Trento, manca l’interramento della ferrovia che lo separa dalla città vecchia. Penso a City life che ho appena visto a Milano, ma Milano è Milano. Qui, a parte la vitalità universitaria (soprattutto dentro la Biblioteca che ricorda Copenaghen (girolo), sarà difficile far decollare un ambiente urbano vibrante, come si dice. Dice Paolo che agli ultimi piani ci sono terrazze sontuose, vista Bondone, ma bisogna avere tanti soldi. Torniamo in città vecchia: girolo a piedi, vediamo la Scuola Elementare Sanzio di Adalberto Libera (nato qui vicino), una strada recuperata alla movida (San Martino), via del Suffragio, le vetrine di via Manci. Ceniamo alla Forst, con torta di patate trentina, gulasch coi canederli e uno strudel fatto come si deve. Non potrei chiudere questo breve girolo senza una citazione di Giovanni Segantini: pittore amato da Romeo, il nonno scultore di Stefano, che portò l’intera famiglia a vedere la prima grande Mostra sul divisionista trentino, nel 1958, noleggiando una vettura da Venezia. Nativo di Arco, Segantini ha una Galleria Civica dedicata nella sua città natale: ma le migliori opere sono sparse per l’Italia e il mondo e St. Moritz ha eretto un Museo attorno al Trittico della natura, dipinto in Engadina, dove il pittore andò ad abitare e morì. Ad Arco vi accoglie un film con Filippo Timi; seguono alcune sale. Ci colpisce una serie di incisioni assai simili a quella che abbiamo a Dolo, ereditata: la copia esatta del pastello Nella Stalla 1896 (a Milano), incisa magari dal figlio di Giovanni, Gottardo. Che l’ha siglata G.S./numero, come si usa. E, finalmente, ci spieghiamo quelle iniziali: Segantini, sì, ma non Giovanni! Girolando si impara