FRANCOFORTE
LA FEDIFRAGA E LA CHIMICA
Ho trovato un cofanetto del 1914: dentro, meravigliosi cartoncini rosso cirene, giallo luce solida, blu oxydiana, bruno scuro, verde antacromo, violetto metile. Incollate ai cartoncini, foto d’epoca (1913) di mio nonno Luigi, studente a Fechenheim da Cassella, il tempio della chimica europea. Mio nonno in laboratorio, mio nonno che suona la balalaika, mio nonno a spasso lungo il Meno con la magiostrina e il papillon, insieme alla Fedifraga, maliosa sconosciuta (a noi), che lo guarda con intenzione. Così ho ricostruito questo soggiorno del nonno, che poi si sarebbe scritto sui biglietti da visita Louis, Voyageur Technique, avrebbe lavorato per Poma, Bonelli a Milano, ACNA fino a diventarne direttore, a Biella. Questo soggiorno pieno di fascino, la sconosciuta definita fedifraga dall’amico biellese A. Gallo (in una cartolina postale), le scarpe di Chrudim regalate a mia nonna e che ancora io indosso: come potevo non andare a vedere coi miei occhi dove era ambientato tutto ciò? Nel 2019, cento anni dopo che i miei nonni si erano sposati (archiviata la Fedifraga dentro il cofanetto) ho deciso un girolo a Francoforte sul Meno. Ho preso una stanza al Motelone, ottimo rapporto qualità prezzo, comodissimo a dieci passi dalla Hauptwache e dal Romerberg, il cuore del cuore.
ALLA SCOPERTA DI:
RITORNO A FRANCOFORTE
Avrei giurato di non esserci mai stata a Francoforte. E, invece, ci eravamo fermati Stefano ed io nell’estate 1992, andando in Olanda (Girolo Olanda in bianco e nero). Mi sono messa alla ricerca delle vecchie diapositive e sì, c’era proprio la skyline che fa definire la città tedesca come Mainhattan, la NY sul Meno. E’ riemerso dalla memoria il fiume con questa prospettiva modernissima, in contrasto con qualche casa a graticcio; poco altro. Al tempo, ignoravo tutto di mio nonno e dei suoi Atlanti Chimici, delle sue prove colore, dei suoi quaderni fittamente scritti in tedesco o “tradotti dallo spagnuolo”. Andato in altro mondo nel 1942, la sua Nucciona lo segue nel 1980, restava la Zia Fil che rimpiangeva la Bella Vita (Girolo Cogne) MA si guardava bene dal raccontare la favolosa storia del Voyageur Technique (della Fedifraga c’erano documenti fotografici, ma non si sarebbe mai fatta parola, per rispetto alla nonna).
Quando ritorno, nel 2019, ho una missione: ripercorrere i passi del viaggiatore tecnico, colori, atmosfere, malìe, birre, balalaike. Vi ho già spiegato che girolare soli scatena una peculiare gamma di istinti: siete responsabili di tutto e anche di voi stessi, di non mettervi in pericolo (zone industriali desolate, per esempio). Siete gratificati dal vedere, sperimentare, trovare, capire: perché non avete compagnia con cui condividere il programma e nemmeno il suo compimento (o meno). Alla fine divento più socievole di quando viaggio in compagnia (e mi isolo): devo parlare con qualcuno/a, farmi raccontare qualcosa, scambiare delle idee. Del nonno ho solo alcune fotografie delle stazioni dei battelli sul Meno, della ferrovia di Mainkur (che ritrovo tale e quale!!) e di alcuni strani edifici in stile eclettico che sembrano un Parco (tipo il Valentino di Torino) o forse sono una “città Cassella” andata perduta. Trovo solo vecchi edifici di mattoni, in disuso e non riesco ad accedere al compendio che sembra davvero una città nella città: sbircio dai cancelli, tutto chiuso e desolato, percorro a piedi tutto il perimetro (chilometri) ma devo rassegnarmi; fotografo pipeline coloratissime che sanno di chimica, ma chissà. Mi devo accontentare del sobborgo di Mainkur, che sembra un minuscolo paese tedesco, da favole dei Grimm.
MAINHATTAN
Si sa che le città tedesche sono state bombardate oltremodo. Anche Francoforte è un mesclùn di vecchi edifici quasi tutti rifatti dalle fondamenta, com’erano-dov’erano: meno che a Dresda, ma insomma (Girolo Dresda). La prima sera, girolo vicino al Motelone e ceno in una birreria proprio nella Piazza della fontana brunita, Romher, col suo carattere (rifatto) pittoresco e tipico: potrebbe essere la scenografia di un’opera. Bevo una romher pils, Binding e mangio Handkäse mit Musik, che mi ricorda un altro formaggio marinato (Girolo Praga). Pare che mit Musik alluda all’aria che genera nella pancia e poi esce come sinfonia. Non distante, si è salvato dalle bombe qualcosa del Dom, oggi perfettamente ricostruito: non è bellissimo fuori (a parte la torre scura), è bruttino dentro a parte vetrate geometriche che sembrano di Braque, molto originali. Nella maggior parte però la città è Mainhattan, moderna o modernissima, con i grattacieli delle multinazionali e delle Banche che qui dominano ogni cosa: un altro nomignolo della città è infatti Bankfurt. Ci sono anche alcuni palazzi barocchi, come la Sachsenhausen (graziosa) e alcuni decò, alcuni eclettici neo qualcosa: nulla che mi prenda il fiato. Invece, ritrovo molto bello il Museo di Richard Meier dedicato alle arti applicate: inaugurato nel 1985 e riforbito nel 2012, ospita una mostra singolare sulla moda araba, Contemporary Muslim Fashions, (molte polemiche, scrupolosi controlli antiterrorismo): mi faccio una cultura su stili e stilisti a me ignoti, come Elie Saab che veste, nientemeno che, Rania di Giordania. Talmente bella che starebbe bene in saio, anche se l’abito di Valentino di piume e tulle mozza il fiato (lei veste anche Ferragamo, Scervino, Givenchy). Come l’abito di Dior, per il matrimonio di Soraya Esfandiari moglie di Reza Pahlevi scià di Persia. La Mostra allo Stadel Kunstinstitut, Titian Rinascimento Veneziano è sublime: quasi interamente allestita con opere italiane dei musei tedeschi, mannaggia. Non ci si stupisce mai abbastanza di quanta arte nostra sia conservata dagli altri europei. A Francoforte c’è uno schizzo col guazzo di Jacopo da Bassano (Giroli Bassano e Asolo), di sconvolgente modernità, che vale il viaggio (mi perdoni mio nonno).
Le innovazioni urbane a Francoforte, come nel resto delle capitali europee, sono vistose: una per tutte MYZeil di Fuksas, un centro commerciale che nasce da uno “spruzzo” centrale e ricade all’intorno, formando una specie di gigantesco “blob”, acciaio e vetro. Bello. Ospita, ovviamente, negozi e locali di ristoro tra cui Pommes Freunde dove ritrovo le Tattie’ potatoes (Girolo Londra beginner), con la loro giacchetta e i topping a scelta. Qui, però, utilizzano le patate con la pasta arancione; sono in uso sul Meno perché le ritrovo, fritte, da Hans im Gluck (favola dei Grimm) di fianco al Museo di Arte Moderna MMK (la fetta di torta, viene chiamata) che è di Hans Hollein. Di fianco a Myzeil, vedo entrare lussuose limousine, in un ristorante col portiere in livrea. Sono tentata dall’esperienza, almeno una volta vedere dove si spendono tanti soldi (se vale la pena), osservare quelli che tanti soldi li hanno e chi ci portano per fare figura. Poi, vado dalle mie amiche patate e amen. In generale, Francoforte è una bella sorpresa, il mesclùn mi piace e c’è qualcosa di cool in giro, sarà per le Banche. Forse era cool anche nel 1913, quando venne il nonno, per diventare “uomo di mondo”. La zona dell’Opera e della Borsa è piacevole: altro misto di edifici storici (tutti ricostruiti) e di grattacieli bancari. Prenoto un concerto jazz alla Alte Oper e scelgo di cenare nella sua cafeteria, ricostruita bene.
Francoforte è una bella sorpresa, il mesclùn mi piace e c’è qualcosa di cool in giro
ERNST MAY
Non sono qui per l’architettura, ma mi rumina in testa una Nuova Francoforte, di Ernst May (che era a capo dell’Urbanistica, poi andò in URSS): dovrei andare verso la Niedda dove confluisce al Meno, dalle parti di Hochst (Zickzack Hausen). In quell’area, intorno alla Farbwerke Hoechst A.G., ha lavorato Ernst May, nella sua più celebre Siedlung. Non solo: alla Hoechst A.G. colosso chimico, aveva insegnato Lucius Bruning, autore di un Catalogo di fine ‘800 (del nonno), con tutti i campioni di tessuto, nomi e formule chimiche delle tinture. Ma, nel mio girolo 2019, ho preso confidenza con Francoforte Ost, diserto Hochst, risalgo sul bus che mi ha portata a Mainkur (direi il 14) e scendo ad una promettente fermata Ernst May, al volo. Sono nella Siedlung Ketteler (lui, un precursore della dottrina sociale della Chiesa), progetto di May 1930. Le palazzine sono senza dubbio razionaliste, finestre, scale e portoni non mentono; qualche decoro decò, orti sociali; ne parlo al telefono con Marina (Giroli Midlands e Lyon), faccio foto. Oltre che dal nonno, sono accompagnata dai miei Meister di Architettura, i miei numi tutelari. La sera in albergo urto la tela che ho sul letto e ci piove una serie di credit card gold: penso sia il nonno che mi vede volentieri nei suoi luoghi, dovrei usarle per andare al ristorante riccoso sullo Zeil, brindare a Louis e alla Fedifraga (mi perdoni la nonna). Invece consegno le credit card alla reception e continuo ad usare la mia (che non è gold) nei locali cool. Nota sulla rivalutazione del wurstel, che molti buongustai snobbano: nella mitteleuropa (dove wurst sta per salsiccia, quindi tacciano i cultori del cibo tipico locale solo se lo dice slow food), ogni regione e città ha le proprie salsicce a chilometro zero e anche nei supermercati ne trovate di squisite. Sono per un movimento di riscatto dei wurst: ho ritrovato mie ricette degli anni ‘80 quando li usavo perché costavano poco ed erano veloci da mettere nel piatto (hotdog). Forse li avevo mangiati proprio a Vienna, Budapest e Praga nel primo viaggio oltre cortina (allora erano Paesi del blocco sovietico anche se erano gli anni di Jan Palach), regalo di promozione della Zia Fil. Uso il wurst come aperitivo dei miei ritorni nelle capitali orientali (Praga 2009, Praga 2016, Budapest 2018, Vienna 2019). Tutti da scrivere, nel 2024 appena iniziato (e già fitto di giroli da fare e/o rifare).