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Non v’è più mondo fuori dalla cinta delle sue quattro porte rosse

A. SAVINIO, 1919 FRÀRA CITTÀ DEL WORBAS

CONOSCENZA CON FRARA

Ho conosciuto Fràra (Ferrara) a metà anni ‘70, quando lavoravo alla Tesi di Laurea su Territorio e Turismo: una delle aree studiate era il nascituro Parco del Delta del Po con i Lidi di Comacchio parcodeltapo.it. Mettevo la sveglia alle 5, arrivavo in treno a Ferrara e lì salivo su un bus che mi portava a Comacchio e poi al Lido di Volano e di Spina: andavo ad intervistare progettisti (rigorosamente cooperative) ed amministratori (rigorosamente del PCI). Lo facevo anche a Ferrara, dentro il Castello Estense, dove aveva sede la Provincia. Così, mi affezionai alla capitale estense, che era il mio campo base: conobbi artisti non troppo noti, come Tura, del Cossa, de Roberti; mi abituai a sentir nominare Marfisa e Schifanoia, incontrai le donne di Boldini, nelle loro tre stanze polverose, a Palazzo Diamanti. Era di là da venire la società FerraraArte ferraraarte.it (voluta dal Sindaco Soffritti, Assessore alla Cultura Franceschini) che avrebbe dato luce alla città estense attraverso Mostre sui contemporanei stranieri: Pissarro, Monet, Gauguin, Picasso. Proprio per quei successi, Fondazione Carife mi chiese uno studio, sulle possibili ricadute di Diamanti per il turismo cittadino (1995); in quel periodo, Antonioni (ferrarese) e Wenders giravano Al di là delle Nuvole, si incontravano Malkovich e Rossi Stuart. Poi, seguii un progetto della UE, per promuovere Alternative Routes in Cities of art: raccontammo Ferrara con le proprie Mura (oltre 9 chilometri) e con Biagio Rossetti, l’architetto rinascimentale che “diede il volto alla città”, nel Rinascimento Estense. Non è merito mio, ma Ferrara entrò nel Patrimonio dell’Umanità di UNESCO. In qualche modo ero affiatata con Fràra, città che non si concede facilmente ai forestieri; la conoscevo un po’ attraverso Maria Chiara (Itinerando.it), Valerio, Ilaria e il “gentiluomo del Papa”, che presiedeva Carife. Fu lui a farmi conoscere le fotografie di Paolo Zappaterra (ferrarese): introducono a Ferrara, partendo dal Delta come avevo fatto io, grazie alla Tesi del 1977 e come spesso fa Bassani (ferrarese) nei suoi romanzi. E, pare che sia proprio così: Ferrara è principalmente il Po, già dentro le Mura ci sono spazi di campagna (le Delizie Estensi), ci sconfinate subito, l’urbano si smorza e siete nei giardini, sui rampari, sui bastioni, sugli argini. Le riunioni del 1995 a Palazzo Muzzarelli-Crema, di fianco al Duomo, mi fecero intravedere il mondo dorato delle Fondazioni e dei loro patrimoni, tanto ingenti quanto discreti. Mi pareva di cogliere una cifra particolare, che miscelava le ideologie e le radici, con una idea di quieto vivere comune: i comunisti insieme ai gentiluomini del Papa, i post comunisti in giunta con i ragazzi di Zaccagnini, in un posto dove Italo Balbo era stato qualcuno, amico del Podestà ebreo, fino al 1938.

[…] di fronte al lato nord del Castello era steso un enorme scarlatto telone pubblicitario, che invitava amici e avversari del socialismo a bere concordi un APERITIVO LENIN

BASSANI, GLI OCCHIALI D’ORO

A Ferrara avevo i miei posti, il Nazionale di fronte al Duomo (mi è capitato di partire da Venezia e andarci a fare l’aperitivo, quando assolutamente non era una moda), il mercato sui Bastioni (che poteva competere con Mantova), via Ghiara e Ripagrande, il parcheggio comodo all’ex MOF, la Piazza Ariostea, la Darsena, l’unico ristorante che resiste dai miei tempi, I Tri Scalin ed un hotel tracollato col terremoto del 2012. Già, il terremoto. 

ALLA SCOPERTA DI:

FRARA RINNOVATA

Si parla spesso di cosa non è stato fatto per l’Aquila o addirittura per Gibellina, ma parliamo poco di quanto è stato fatto, per i beni culturali delle città emiliane. Non ci vogliamo bene, noi italiani, che siamo anche alacri ed abili, quando vogliamo: da un male, trarre un bene. La sorpresa di Ferrara, 10 anni dopo il 2012, è grande anche per me che credo di essere una sua “lontana parente”. I fasti dei Diamanti (anni Novanta) sono remoti, passati sono la mia confidenza e i miei studi: Fràra è come una cugina, perduta di vista dopo i giochi di gioventù. Adesso, da Padova ci si arriva in 31’, comodi comodi con Frecciarossa o Italo. Non conosco più nessuno, nessuno mi ha dato appuntamento, faccio la turista qualunque e seguo il suggerimento di Sgarbi di vedere il Rinascimento Ferrarese ai Diamanti rinnovati (bando del 2017). Spiace dar ragione al collerico personaggio televisivo, ma di Arte ne ha sempre capito, fin da quando era in Soprintendenza a Venezia, sconosciuto. La Mostra ai Diamanti (zeppa di visitatori) è molto bella. Offre quel che promette, cosa alla quale ci siamo disabituati, dopo decenni di titoli altisonanti e poco veritieri: ci sono sale e sale di opere del rinascimento, provenienti da ogni dove (musei pubblici, collezioni private e prestatori anonimi). Credo che molte opere si vedano in Italia per la prima volta. Artisti come Ercole De Roberti, Cosme Tura, Dosso Dossi, Lorenzo Costa e Tissi detto Garofalo, non sono propriamente notissimi al grande pubblico; per non dire di Mazzolino, Ortolano, Scarsellino, Bastianino. Qui viene mostrato il loro cospicuo apporto al rinascimento, che siamo abituati a pensare come toscano e romano (ve lo spiega davvero bene Sgarbi su youtube). Mi viene voglia di approfondire e di approfittare della Pinacoteca Nazionale, riallestita dopo il terremoto proprio qui, ai Diamanti (c’era anche negli anni ‘70, per i cultori: era polverosa com’erano allora i musei; com’erano le 3 stanze dedicate a Boldini). Fantastica visita, bellissimi i soffitti (anch’essi restaurati), evidenziati i legami con gli autori in Mostra: bravi, bravi, bravi. Nelle foto, vedete solo alcuni dei dettagli che mi hanno catturata. Sosta in cafeteria, nuova di zecca, luminosa, fornita e con personale squisito, come il croissant al cioccolato. Non è sempre così nei nostri Musei. 

LA CERTOSA DI BIAGIO

Potrei stare contenta così: una immersione rinascimentale, gratificante oltre ogni attesa. Invece, decido di strafare e di passare dal Duomo, dove forse non sono neppure mai entrata e la cui facciata ricordo sempre, in qualche misura, coperta. Nemmeno questa volta ho fortuna, anzi sì: il terremoto ha compromesso 8 pilastri su 12 e nel consolidamento, ecco emergere sotto intonaco e mattoni, i capitelli medioevali originari! Siamo Il paese delle meraviglie (Sgarbi, 2011), davvero. Così il cantiere è tutt’ora aperto e per consolazione si può visitare: si possono vedere i ritrovamenti con un Qrcode via cellulare o a casa su youtube. Adesso affronto un’altra camminata importante, verso Piazza Ariostea (che mi piace tanto, coi suoi bar sotto i portici di Palazzo Bevilacqua) e poi verso La Certosa nel Cimitero Monumentale dove Biagio Rossetti si è preso largo spazio. Non ero mai entrata in San Cristoforo se non nei racconti di Bassani (Clelia Trotti) e nei film di Florestano Vancini (la notte del ‘43 tratto da Bassani). La trovo elegante, luminosa, grande ed ha una sorpresa per me, che vado matta per i paliotti d’altare a tarsie marmoree: pieni di fiori e di uccelli coloratissimi (Girolo Padova).

Il Cimitero della Certosa è talmente bello da risultare consolante

BASSANI, CLELIA TROTTI

Poi attraverso la città, nel senso corto, e approdo ad un bar in via Carlo Mayr, quasi morta dalla stanchezza. Ma non demordo. Ripercorro via delle Volte (medioevo pieno), passo la piazza di fianco al Castello Estense e Piazza Trento e Trieste, il Liston, dove continuano ad affascinarmi le Loggette dei Merciai, in contrasto con la imponente mole della torre-campanile. Ricordo una foto degli anni ‘70, una “prova colore” per l’intonaco delle Loggette: era il periodo in cui poche città si dedicavano al recupero dei loro centri storici, sull’esempio di Bologna. Tradisco il Nazionale (ormai si fanno aperitivi ovunque) e mi godo un gelato al Duca d’Este, seduta per poco. Mi infilo in via Mayr e poi in via XX settembre, fino ad un altro palazzo di Biagio Rossetti, Costabili, sede del rinnovato Museo Archeologico dedicato a Spina. Il 2023 si è aperto all’insegna degli Etruschi (girolo Ritorno a Viterbo) ed ecco che anche Spina, la città greco-etrusca del polesine, rivela i propri tesori, con una Mostra. Voglio dire che Spina è stata scoperta grazie ai lavori delle bonifiche (1922), nel Delta ferrarese. In mostra ci sono stupendi crateri a figure e coppe decorate sia all’esterno che all’interno, con eleganza magistrale:  Spina, Tarquinia, Cerveteri, Chiusi, Roma. Al piano terra (è rinnovato anche il Giardino all’italiana) mi colpiscono le due piroghe di dimensioni straordinarie e (tutt’altra cosa) parte dei 100 capolavori “tornati a casa” tramite un investimento del Ministero Beni Culturali cultura.gov.it per toglierli dai depositi e mostrarli al pubblico. Qui ci sono dei Garofalo che completano la mia scoperta di oggi. Esco esausta. Secondo un pdf che vi suggerisco di scaricare metrominuto (iniziativa deliziosa), ho percorso Fràra in lungo e in largo dentro la cinta delle sue quattro Porte, per oltre 10 chilometri; un tempo, erano la norma della Girolona; ma non avevo 70 anni. Due siti ugualmente raccomandabili: filomagazine.it che tiene aggiornati su Ferrara e tourer.it del Segretariato Emilia Romagna, Ministero Beni culturali, che vi fa scoprire un sacco di bei siti.

Ho un buon ricordo di altri monumenti ferraresi, visti quando la frequentavo “come una  cugina”. È bella la Palazzina di Marfisa (Loggia degli aranci?), imperdibile Palazzo Schifanoia coi suoi Mesi dipinti. Boldini, negli anni ‘70 NON lo conoscevo e lo rivedrei volentieri nel nuovo allestimento a Palazzo Massari (dopo il terremoto). Le sue donne sono sicuramente particolari: non meno fascinose di quelle di Sargent, per dire.