
EGITTO (1)
LORD CARNARVON
Ripartiamo dal MET a NYC (Girolo NYC). Nel salone d’ingresso, stanno le porte del Tempio di Dendur, località a 80 km da Aswan, più o meno ad Abu Simbel: i resti stanno al MET proprio perché “salvati dalle acque” del Lago Nasser, formato sul Nilo, tramite la famosa Diga voluta dal Presidente egiziano. Anche ciò che è rimasto in Egitto è stato “spostato” per metterlo in salvo dal nuovo Lago: i veneziani divertivano solo fiumi (Girolo Foce del Brenta), mentre gli egiziani han divertito parecchi templi ed uno è finito sulle rive dell’Hudson. Il mio Girolo sul Nilo, diviso in due, risale al 2010 ed è unico, nella mia esperienza, per parecchi motivi. È il mio unico viaggio organizzato, non so da chi, anche se a Malpensa ci diedero le borse con il logo (gettate) e avemmo per tutta la settimana una Guida locale, molto bravo. È la mia unica crociera, dato che nel 2012 avremmo dovuto essere a bordo della Costa Concordia, ma per ghiribizzo della sorte, pochi giorni prima di imbarcarci, mi licenziarono e decisi che era meglio restare e presidiare; il naufragio della mia carriera mi salvò da quello al Giglio. Una Crociera sul Nilo mi sembrava un cinepanettone, con De Sica e Boldi, e avevo tutte le remore delle persone snob: Stefano, nella sua somma saggezza, disse che dovevamo accettare la proposta di mia sorella Ceta (che per essere snob, batteva chiunque), perché “in quei posti si va solo organizzati”. E naturalmente aveva ragione. Con il suo panama e il gilet color sabbia intonato a jeans e camicie, fu subito battezzato da mia sorella Lord Carnarvon, l’inglese che accompagnò Howard Carter agli scavi della Valle dei Re. La Ceta aveva una cultura sterminata, citava sempre a proposito e individuava la perfetta definizione di ciascuno: resta celebre quella di “economicamente sexy” per indicare uomini facoltosi pieni di amanti. Aveva, inoltre, una profonda predilezione per mio marito e diceva che, in seconde nozze (sue e mie), l’avrebbe certamente sposato (diventando Lady Carnarvon). Una ulteriore rarità del girolo in Egitto sono le molte fotografie di umani, non solo Lord Carnarvon: di solito restia ad immortalare i nativi, mi ritrovo con moltissimi primi piani di egiziani, che sembrano al posto giusto nel momento giusto. Altra rarità assoluta (mappe di carta sempre con me!), in Egitto viaggiai SENZA MAPPE, nemmeno quella che c’era nella borsa omaggio a Malpensa: non ho un itinerario e non possiedo Lonely Planet o Routard comprate in loco! L’affidamento alla organizzazione, alla Guida locale e al gruppo (Ceta, Berti, Lori e Costa) fu completa ed assoluta e non ebbi neppure una delle mie tentazioni solitarie, non fuggii nelle periferie di Aswan con un bus qualsiasi, diretto chissà dove. Ultima, ma non ultima, eccezione: tutti i pasti venivano consumati a bordo della nostra Queen Isis, una specie di condominio, basso e lungo, talvolta ormeggiata in tripla fila. Si mangiava bene (incredibile) e una sera riuscii ad ottenere una piramide (!) di falafel che venne portata solo al nostro tavolo, su mia esplicita preghiera ad un cuoco, immenso, forse nigeriano o sudanese, nerissimo nella bianca divisa, tra i vapori di una cucina infinita. Non c’è posto del mondo, nemmeno Tom’s deli a NYC o l’As du falafel in rue Rosier a Parigi (Giroli Parigi), dove ho mangiato falafel tanto squisite.



ALLA SCOPERTA DI:
LA VECCHIA TEBE
I siti di cui vi racconto sono talmente celebri che non posso aggiungere nulla. Non ricordo l’ordine con cui li visitammo: quasi sempre ci svegliavano in piena notte (alle 3 o alle 4), e ci mettevamo in viaggio per evitare il caldo, che già alle 6 diventa insostenibile per le visite. Oppure ci andavamo direttamente di notte (Girolo Sul Nilo 2). I templi di Karnak e Luxor direi di averli visitati di giorno e dopo girolammo in città, dove la vita normale pulsava, coloratissima. Il primo impatto con le dimensioni egiziane è scioccante: i pezzi, visti nei Musei, non riescono a dare il senso che si prova nei siti originali: di essere lilliputziani. Avevo visto il British, il Louvre e da brava piemontese il nuovo allestimento dell’Egizio di Torino (che è stupendo). Ero innamorata degli hippo di pietra azzurra e delle bocche statuarie di uomini molto femminili, labbra perfette e piene, come se la pietra fosse botox. Mi piacevano molto alcuni sarcofagi, di pietre turchesi e d’oro e certi gruppi fittili, appartenuti a corredi funebri, con imbarcazioni, rematori e cortei di carri. MA. Nulla mi aveva preparata al gigantismo architettonico, alle enormi figure ieratiche che sono lì proprio per farti sentire insignificante. A Luxor ebbi diverse vertigini, per la compressione delle cervicali: sempre naso all’insù e forse qualche altro effetto magico di dei con la testa di civetta o di lupa. Magari mi si stava aprendo il terzo occhio, come nei libri di Wilbur Smith. I romanzi ambientati nell’antico Egitto non mi hanno mai attratto e dell’Africa mediterranea avevo sempre desiderato andare ad Algeri e Beirut più che al Cairo, dove comunque non saremmo andati, perché la nostra crociera faceva il tratto Luxor-Aswan. Dentro i templi frusciavano uomini in tunica, coi turbanti, la barba lunga o corta, nera o grigia e le sciarpe magnifiche (con quel caldo). Qualcuno era addetto alle pulizie (aveva scope), qualcuno agli scavi (aveva secchielli), qualcuno era certamente “una comparsa”, devota a frusciare con aria misteriosa, a suggestionare il visitatore occidentale. La gita all’antica Tebe, la necropoli di Deir el Medina, le Tombe dei Re (andammo anche dalle Regine??), fu sicuramente una immersione emozionante, come tante sale di museo nel posto giusto, dov’erano e com’erano. Assolutamente proibito fotografare. Tuttavia, per tener fede alla mia indole da Bastian Cuntrari, le figurine stilizzate, nel profilo impossibile tipicamente egizio (un solo occhio, busto e addome rivolti verso chi guarda, gambe di profilo che stanno andando), mi piacciono di più “senza colore”, in “sabbia-e-ombra”, quando sono incise nella pietra invece che dipinte a fresco. Colorate sembrano semplificazioni didascaliche, anche quando sono superbe: geroglifici umanizzati. In bassorilievo diventano elegantissime, come un fregio liberty, rendono l’arenaria d’oro.
IL NILO
Quello che veramente mi sorprende è proprio il Nilo. Vero protagonista di questa crociera, come era difficile immaginare, da casa. Le lunghe ore di navigazione (c’è sempre qualcosa da guardare o da mangiare) sono uno spettacolo inatteso. Lungo le rive non solo vegetazione insolita (per noi), paesaggio con “qualcosa di africano”, tramonti spettacolari. Ma, durante il giorno, (da Luxor a Edfu?), passiamo tantissimi villaggi: caseggiati di stile diverso, ugualmente poveri o decadenti, vagamente urbani o decisamente rurali, con guizzi di colore come fosse passato Rothko. Le paraboliche (come nelle favelas uruguayane) svettano tra pilastri non finite, da cui sbucano i ferri di armatura, come a Nazareth. Tante persone, figurine di un quasi-presepe, capre e asinelli che potrebbero essere di Vittore Carpaccio o di Zoran Music. Bambini dagli abiti coloratissimi, come in Madagascar; donne che lavano tappeti messi ad asciugare a terra; maschi che guidano imbarcazioni rudimentali, quasi piroghe, trasportando erbe gigantesche. Guardiani di tubature (carburante o acqua), pastori di capre, giocatori di pallone, indifferenti a mucchi di immondizia. Quasi sempre c’è un’atmosfera fumosa, per fuochi accesi a terra o per brume e foschie che si dispongono a strisce, parallele al fiume; forse salgono proprio da lui e si mescolano con aria asciutta, luce, pulviscolo. In alcuni punti, prossimi ad Aswan, compariranno feluche, imbarcazioni a vela bellissime, tipiche del Nilo. Sono le fotografie migliori e rendono la calma straordinaria del nostro navigare, silenzioso e mosso dalle figurine remote e dalle grandi vele, con delicatezza. Come può un cinepanettone essere meraviglioso. Mi sento di dire che nemmeno la Valle del Nilo, come il Madagascar, sia Africa-africa (il Kenya della Contessa Blixen, per capirci o il Congo di Conrad). Ma il discorso è troppo complesso e non lo so fare. Risolviamo dividendo il continente africano in Mediterraneo, sahariano e subsahariano? Ma, dove mettiamo il Nilo, che arriva in Sudan?! E, poi, direste voi che l’Europa di Roma è la stessa di Oslo?!! Lasciamo perdere.
Quello che veramente mi sorprende è proprio il Nilo. Vero protagonista di questa crociera
ASWAN E LAGO NASSER
La nostra crociera va da Luxor (dove siamo arrivati da Malpensa) ad Aswan, dove il Nilo di allarga nel Lago Nasser. Arriveremo ad Abu Simbel, al confine col Sudan, sui bus scortati dai militari egiziani, in carovana, per motivi di sicurezza: attraversiamo un deserto (della Nubia?), più melanconico che affascinante (sembra una route californiana). Anche i Templi di Abus Simbel sono così famosi e fotografati, che poco potrei aggiungere. Giganteschi, ça va sans dire e anche zeppi di turisti lillipuziani, come noi arrivati sotto scorta: le statue a guardia dei templi, ci guardano come innocui microrganismi, dall’alto dei secoli. La Guida ci racconta la storia della “diversione”, della messa all’asciutto dei monumenti nubiani (hanno spostato anche molta popolazione, per dire): il Lago Nasser si vede lì davanti. Per una biellese, regione dove si sprecano i laghi di sbarramento dei torrenti (Giroli Biellesi), il Nasser viene a modificare il concetto: le foto sono quelle di un quasi un mare, coi colori di una insenatura dalmata. Ho una traveggola: le rovine delle fabbriche biellesi salvate dai laghi artificiali, messe in sicurezza o magari donate al MET di NYC o all’Egizio di Torino; deve essere un effetto delle cervicali compresse per guardare all’insù, o è il terzo occhio che mi si è spalancato grazie a Isis. Il quale occhio, premonitore, mi sposta in avanti, alla Sala del Dendur Temple che vedrà solo qualche anno dopo al MET di NYC!! Nel prossimo Girolo Eumondo Sul Nilo vi porto a Edfu, Kom Ombo e Philae e al Mercato di Aswan dove ancora vendono il ghiaccio a blocchi.