Dresda
CESKY KRUMLOV
Estate 2014, il Comune dove lavoro dal 2012 è commissariato: poche ferie, meglio presidiare. Da tempo, Stefano ed io abbiamo scoperto le città tedesche, belle e sottovalutate: Francoforte, Lipsia, Bamberga, Ratisbona, Lubecca, per non dire la “solita” Berlino (Girolo: Berlino d’antan). Così invento un girolo Dresda e Boemia: una decina di giorni alla scoperta. Dresda, “Firenze del Nord”, fu sede di una corte principesca, frequentata da artisti italiani, con una Pinacoteca tra le più ricche d’Europa. Nel 1945 gli alleati ne eseguirono distruzione pressoché totale (di dubbia morale): pertanto è ricostruita, quasi tutta, esempio grandioso di volontà e perizia: rifarla dov’era e com’era (secondo un modo veneziano) è stato possibile anche per la numerosità dei paesaggi dipinti dal veneziano Bellotto, nipote del più celebre Antonio Canal detto Canaletto (Girolo Idolove). Il vedutista girovagò per molte corti d’Europa per celebrare le glorie urbane. Così, forzando un po’ la rubrica Viaggio con i libri, decido di prendere come compagnia di girolo un Catalogo di Alberto Rizzi su questo artista: Bellotto a Dresda, Vienna e Monaco. E, già che ci sono, prendo un secondo libro d’arte, dedicato ad Egon Schiele, nella cui città materna facciamo la prima sosta, nella lunga salita a Nordest. Cesky Krumlov (al tempo Krumau) l’abbiamo scoperta per caso, andando a Praga nel 2009. Sta lì, al posto giusto, appena lasciate Austria e Germania ed entrati in Repubblica Ceca, quella che una volta era la Cecoslovacchia, (quando andai a Praga la prima volta, con la Zia Filippa e le sue amiche nel ‘72). Pernottiamo all’Hotel Ruze, con terrazza sulla Moldava e camere “storiche”, con curiosi seggioloni finto antico che dissimulano il water. Nel sito online del 2023, le comode neomedioevali sono scomparse (per fortuna!) e le stanze rimesse a nuovo; c’è anche una piscina che non c’era. Decisamente mitteleuropea, Krumlov vive della presenza di Schiele e non si può girolare per le sue stradine, piazzette, rive, ponti, file di facciate, tetti e finestre, senza vederle immediatamente come le ha viste lui, nella sua sintesi inconfondibile, geniale e vagamente ossessiva. Adoro Schiele, prediligo i suoi disegni che trovo superbi; forse non gli perdono di aver molestato ragazzine (accusa per la quale fu incarcerato, prima di morire per la febbre Spagnola), ma i nudi come li ha visti lui, nessuno/a. Il libro, per dovere di citazione è The Garden Studio (casa fuori Krumlov) di Lèna Perron. Per onorare Schiele, mi sono comprata, nella Dlouha, 24 pastelli magici della Koh-i-noor, famosa ditta ceca. In questo girolo entriamo ed usciamo dalla Boemia (in ceco si chiama Cecky ed è la regione di Praga): un cuscinetto verde tra Sassonia e Cechia, a dirci che i confini boh. Non vi rifaccio i discorsi che ho scomodato a proposito di Col ferro e col fuoco, nel Girolo Varsavia: Polonia, Prussia (Germania), Austria-Ungheria, un mesclùn dove è difficile distinguere nazioni nate dopo le Guerre e rimaneggiate, a fine Guerra Fredda.
ALLA SCOPERTA DI:
DRESDA
Dresda è una bella città, molto piacevole da girolare per qualche giorno ed è una base confortevole per girolare la Sassonia. Abbiamo preso una suite in un Art’otel che adesso si chiama Penck, un po’ fuori dalla Innere Altstadt, oltre il Parco di Zwinger, con la Semperoper. Era salutare fare a piedi un paio di chilometri, forse tre, andando e tornando: ci sentivamo in diritto di mangiare kipferl o sorseggiare birra boema sulla Brühlsche Terrasse. Dalle parti del nostro hotel (Stazione Dresden Mitte), c’era un monumento bizzarro: la ex fabbrica di tabacco in foggia turchesca, Yenidze (ora teatro e ristorante). Il tragitto era tutto lungo un gran viale, Ostra Allee, ma manco a dirlo ci siamo avventurati nelle laterali, scoprendo un po’ di Dresda contemporanea, né bella né brutta, normale: qualcosa di molto degradato (voragini di cantieri mai decollati) e qualcosa di anonimato millennial, la nuova Germania unificata. Poi si entrava nel Parco, piacevole, con i suoi edifici ricostruiti (ci sono foto di Zwinger nel 1945, allucinanti, in un libro di Richard Peter); da lì si entrava nella bomboniera ricostruita bene, un insieme di grandi salotti urbani: piazze, cortili, loggiati, vicoli tortuosi, aperture sul fiume (come Praga, Riga, Budapest), murazzi, rampari e Terrazze lungo l’Elba; e poi kirke, musei e palazzi da visitare. Bella Dresda, e mette tutti coloro che storcono il naso alle ricostruzioni spalle al muro. Ironia del destino: la Gemaldegalerie per cui ho scelto Dresda è in restauro, chiusa: niente Raffaello (la Madonna Sistina, quella degli angioletti famosissimi), niente Vermeer, niente Bellotto e niente Correggio, che qui è meglio che a Parma (Girolo Parma). Per fortuna esiste il web e posso girolare, oggi, virtualmente albertinum.skd.museum: così scopro un bellotto click che vi fa girolare Dresda partendo dalle sue vedute. Mangiamo qualche sera nella piazza del Mercato Nuovo (che è come stare dentro un Bellotto) alla Freiberger Schankhaus (che è una vecchia Apoteke): turistica ma ci piace. I tedeschi, da almeno due decenni, hanno elaborato una ristorazione accettabile, mantengono i propri piatti robusti (salsicce, stinchi e ginocchia di porco, cavoli coi mirtilli) ma li hanno addomesticati, per palati internazionali. Urto i puristi delle cucine etniche, ma sono una turista anch’io, alla fine, e una girolona ghiottona. Il grasso da scarponi del ginocchio mangiato nell’89 a Berlino, mi è rimasto sullo stomaco per sempre.
un insieme di grandi salotti urbani: piazze, cortili, loggiati, vicoli tortuosi, aperture sul fiume
CONTRASTI
Se devo dire due cose imperdibili di Dresda, dico i bastioni sull’Elba, Brühlsche Terrasse e l’intervento di Libeskind al Museo della Storia Militare. Quelli che si chiamano Terrasse sono i murazzi che riparano la città storica (ricostruita) dal corso dell’Elba (Labem in Cechia): belli alti, rampano dalle fondamenta di attracco dei battelli, su in quota: la vista si allarga e il cuore del cuore (ricostruito) acquista magia. Mi piace anche la Piazza del Mercato Vecchio, con la sua Chiesa (Hofkirche?) i cui santi di pietra osservano una mongolfiera nel vespero. Sulle Terrasse ci sono i Cafè (come il Vis-a-vis) che rendono questo balcone accogliente e godibile. Per vedere Liebeskind fingiamo di interessarci alla storia bellica, uno sforzo ampiamente ripagato da una arditezza raffinata, tipica dell’archistar. Qui a Dresda, ha conficcato la punta di una alabarda spaziale proprio in mezzo al vecchio edificio (insignificante). Per vedere l’interno (merita) ci adattiamo ad una visita, che avremmo disertato, fosse stato per l’argomento. Stefano è fotografato mentre osserva i dettagli tecnici e pare che stia accarezzando l’architettura, con sentimento. Andiamo anche a Moritzburg, parco suburbano con castello: c’è un casino isolato, rosa, che sembra un Bellotto vivente. Infine, come disertare la famosissima Latteria dei fratelli Pfunds: un santuario di piastrelle che però, in barba a Meissen (porcellana di Dresda), sono di Villeroy&Boch, originali (siamo quasi in periferia e non l’hanno bombardata). Vicino c’è un negozio di spazzole, me-ra-vi-glio-so: ho ritrovato il sito (imperdibile) redecker.de. Più in periferia andiamo col tram, per vedere la prima Città Giardino (operaia): a Hellerau, quasi in mezzo alla foresta.
BOHEMIAN RAPSODY
I Queen non c’entrano, ma il titolo era ghiotto: sintetizza bene le nostre incursioni in terra Boema, dalle due sponde, tedesca e ceca. Anzi tre, perché senza nemmeno accorgerci, sconfiniamo anche in Polonia (i principi di Dresda son diventati re di Polonia, per dire). Da Dresda, seguendo la Lonely, facciamo una gita nella Svizzera Boema, giroliamo col trenino Kirnitzschtalbahn attorno a Bastei. Forse, per noi alpini, questo paesaggio non è poi così magico. Molto di più ci piace Goerlitz, attraversata dal confine tra Germania e Polonia: una piccola gemma, dove si passa dal restauro più accurato (molto barocco) al degrado più impietoso. Comperiamo delle ceramiche polacche, bianche e blu, di cui le vetrine sono invase (marchio Wiza, Poland ceramikawiza.com). Poi, lasciamo la Germania, traghettando in Cechia, sull’Elba-Labem.
Prima tappa un Museo Etnografico a Prerov nad Labem: ambientazioni rurali boeme, popolate di manichini. Mi porterei a casa scialli ed ombrelli con i loro fiori chiassosi, decisamente slavi. Passiamo Praga e raggiungiamo il castello (zamek) che ho prenotato online, letteralmente perso in un immenso parco, nel cuore della campagna boema. Oggi, nel sito chateau-hostacov.cz trovate un albergo di lusso, perfettamente riforbito, elegante, curato, con piscina: nel 2014 era tutto in divenire, forse gli americani che ci accolsero, avevano appena ereditato. Nella nostra camera gigantesca, come il salone da bagno privato, gli arredi originali navigavano; il letto era troppo sfondato, divani e poltrone avevano visto tempi migliori, stampe, brocche, specchi e lampade di tutte le epoche (o imitati negli anni ‘50) erano lì, come le avevano trovate, i tendaggi di nylon inguardabili. Un fascino d’antan che a noi piacque, un’alea di signorile abbandono, in un angolo di Europa remotissimo. E’ stato tutto rimesso a nuovo, come al Ruza di Krumlov. Dal nostro castello (che era appena a sud est di Praga), siamo arrivati fino a Kutna Hora, raccomandata per la Cattedrale di Santa Barbara. Cittadina graziosa, stile mitteleuropa, chiesa con infinite guglie e merletti: non si sa quanto sia originale (gotica) e quanto rifatta, senza troppa attenzione alla filologia. Il TCI riempie Kutna Hora di stelline e ci manderebbe a Sedlec, ma non ci andiamo. La Boemia è terra ibrida: potrebbe essere tedesco, austriaco, ungherese, polacco anche Trebon (Cechia), dove facciamo una breve sosta tornando a casa: portici, piazza, facciate coi decori, insegne di negozi (zelenina, zelezarstvi, sporitelna, kavarna) e un tocco di razionalismo slavo. A Brno, non possiamo tralasciare Villa Tugendhat di Mies van der Rohe, un archistar davvero. Per trovarla, giroliamo in periferia, (il quartiere si chiama Campagna Nera, Cverni Polje), animati da sacra fede nel razionalismo tedesco. Oggi la Villa ha un sito tugendhat.eu che promette visite guidate nel fine settimana, prenotando: noi nemmeno ci proviamo, a ferragosto. La perlustriamo da fuori, ci pare abbia bisogno di cura: speriamo l’abbia avuta, come i nostri hotel.