GIOVENONE E MASOLINO
SEGUENDO GIOVENONE
Sapete che, cercando Gaspare da Ponderano, ho fatto molti Giroli biellesi valsesiani e novaresi; ho scoperto De Bossis, Maestro di Postua e i Cagnola. Ad inizio estate del 2022 ho trovato, in una Chiesa di Trivero (Santa Giuditta e Quirico), un Giovenone (GB), che ha dato origine ad un nuovo filo rosso di ricerche e scoperte. I Giovenone sono tre: Gerolamo (da Barengo), Giovan Battista (da Vercelli) e Raffaele; ma compare anche, nelle Guide, uno Pseudo Giovenone (??): forse un quarto o forse un Alias dei tre quando gli esperti non sanno attribuire. C’è uno Pseudo Giovenone nella Sagrestia del Duomo di Biella, bello. Tutti originari delle terre del riso e delle baragge; tutti attivi nei dintorni, fino a sconfinare in Lombardia. Nessuno di loro è un Raffaello e nemmeno un Perugino, ma se la cavano: il Compianto sul Cristo Morto del Museo del Territorio Biellese è una bella tela e depone a favore di giroli per rintracciare quelle rimaste in giro in giro. Grazie ai Giovenone mi sono recata in due località improbabili che, nel mio immaginario, sono sempre state esclusivamente “snodi ferroviari”, posti dove si cambiavano i treni e nei quali si frequentava il “bar della Stazione” quando si perdevano le coincidenze, cioè quasi sempre. Immaginare che esistesse un paese intorno ed addirittura una Chiesa con una Pala d’artista non era possibile, nemmeno per una Girolona. 2022, agosto torrido (33°), arrivo in Piazza a Santhià (dunque il paese esiste!), parcheggio col disco orario: tutto rigorosamente chiuso, Municipio, Caffè e Parrocchiale di Sant’Agata. Accidenti. Giro intorno alla Chiesa, che ha un bel campanile medioevale a torre, arrivo in una piazzettina desolata, che ha un’altra facciata di chiesa in mattoni (seicentesca?) ed una ex sede dei Carabinieri Reali. Sono contrariata e sto meditando di rivolgermi a Qualcuno, se ci fosse, per chiedere gli orari di Sant’Agata (sono le 16). Si apre un cancello e mi appare un signore monumentale: evidentemente sta aspettando qualcuno, che non sono io. Scusi, approfitto: come mai la Parrocchiale è chiusa?! Lui garbatissimo mi spiega che al pomeriggio è aperta la SS. Trinità. Già, ma io sono venuta per vedere il Giovenone! Beh, dice lui, senza scomporsi, allora le apro ed estrae dalla tasca (monumentale) un mazzo di chiavi degne di San Pietro, ne infila una nella porta laterale della Chiesa che è di fronte al suo cancello. Stia attenta agli scalini della cripta, dice e si accenda pure le luci, poi le spenga, per favore. Il destino è destino: così mi godo la Pala d’Altare, che è composta di ben 10 tavole (ne manca solo 1) ed è vistosamente restaurata e proprio bella. Non so se mai l’Uomo delle Chiavi leggerà la Girolona e si riconoscerà, ma voglio ringraziarlo.
ALLA SCOPERTA DI:
SAN LORENZO A MORTARA
Due giorni dopo, ringalluzzita dalla fortuna, decido di sfidare il caldo agostano e di raggiungere il secondo snodo ferroviario: Mortara è più distante da Biella di Santhià, bisogna passare Vercelli e scendere verso Pavia, entrando in Lomellina. Ci sarebbe un Giovenone anche al Museo di Vercelli, ma è chiuso per tutto Agosto: oh, Italia Beata, ma quando pensate che i turisti possano venire in visita?! Direi che i Giovenone prediligano gli snodi ferroviari, che forse erano già nel Rinascimento crocevia di signori, pellegrini e mercanti. Mortara mi stupisce ancor più di Santhià: non solo esiste, al di fuori della propria Stazione Ferroviaria ma è persino animata, nelle sue vie e piazze centrali. Vai a conoscerlo tu, il Bel Paese, anche nelle sue cittadine minori e non segnalate ai turisti. Passo ben due piazze prima di parcheggiare in una terza (Beato Olivelli?), col disco orario. Due passi, di numero, e sono in piazza Monsignor Dughera, religioso emerito che si è preso a cuore la Chiesa di San Lorenzo e ne ha promosso migliorie e restauri, nei primi anni del Novecento. La facciata è un classico gotico lombardo, in mattoni a vista, tetto a capanna e rosone: semplice, composta e ben conservata. Dentro trovo una quantità di opere assolutamente insospettabili, di epoca e pregio diversi: c’è Paris Bordone (veneto), c’è Bernardino Lanino (piemontese), ci sono altari intagliati di gran pregio, un presepe ligneo con dozzine di figure, affreschi medioevali staccati chissà dove, dei bellissimi lampadari (rifatti nel ‘900), un pulpito neo-qualcosa molto elegante che sembra un’opera cubista. E, ovviamente, il mio Giovenone: un pregevole polittico, con Madonna, san Rocco e San Sebastiano trafitto, ma ben in carne, quasi sensuale nel suo pallore sofferente. Forse la cittadina meriterebbe un girolo più approfondito, ho intravisto un bassorilievo fascista e un edificio bianco con due ali che chiudono un piazza: ma fa troppo caldo e decido che Lomellina e Pavese saranno nei miei itinerari invernali. Grazie ai Giovenone, perché mi hanno portata dove mai.
Trovo una quantità di opere assolutamente insospettabili, di epoca e pregio diversi
CASTIGLIONE OLONA
Non cercavo più Giovenone, ma ero comunque sconfinata dal Piemonte alla Lombardia e, tornando verso Gattico (ombelico del mondo), decido di fermarmi a Busto Arsizio, dove c’è una Chiesa di Santa Maria della Piazza o dell’Aiuto, che si ispira a Bramante. Purtroppo la Chiesa, che trovo proprio dove inizia l’isola pedonale e devo lasciare l’auto, è chiusa e riaprirà solo dopo due ore: troppo, anche se mi delizio con un gelato di Ciuén (ricotta e fichi, favoloso!). Risalgo verso il Ticino, lungo l’Olona; passo un Polo petrolchimico che mi sembra Porto Marghera senza la Laguna; passo Magenta che mi ricorda un colore e una battaglia. Raggiungo Castiglione Olona, di cui ho letto che sia la Toscana Lombarda, con pitture di Masolino da Panicale. Confesso che l’ho ignorato fino a 67 anni, una vergogna. Però sono soddisfatta, perché avevo pensato, proprio inseguendo i Giovenone: il Talento non basta, se non incontra il Potere. Ed ecco la controprova: se non fosse stato per il Cardinale Branda Castiglioni, nobile religioso, ben introdotto presso il Papa (Martino?) e con una carriera romana (presso San Clemente), chi mai avrebbe portato sull’Olona Maestri toscani, fiorentini e senesi?! E, invece, eccolo qui, un borgo insospettabile, appena appena elevato sulla piatta Lombardia Pavese, appena appena fuori dal conglomerato metropolitano Milanese, appena appena discosto dal “playground” dei Laghi: un borgo che sì, davvero, potrebbe essere in Toscana, perché nel nostro immaginario turistico, posti così ci sono solo nel centro d’Italia, non nella periferia Padana. Si parcheggia nella prima piazza, dove c’è il Palazzo Branda che è un Museo (o casa museo), in attesa di diventare più grande tra poco (2023?). Dentro c’è un aperitivo di quello che vedrò alla Collegiata, salendo una ripida strada acciottolata: affreschi decorativi nelle stanze (un Paesaggio Ungherese di Masolino, di rara originalità); decori della Cappella privata, di Masolino e colleghi, Lorenzo di Pietro detto Il Vecchietta e Paolo Schiavo. Prima di inerpicarsi, a sinistra, una Cappella quadrata, che potrebbe stare a Firenze, con due strane statue giganti in arenaria, a fianco del portale; dentro, alcune figure affrescate ed una originale abside con una tenda drappeggiata trompe l’oeil, nera e decorata a fiori. Bella.
Poi si arriva all’apice del borgo: Collegiata gotica lombarda in mattoni e Battistero. C’è Luciana, già professoressa di storia dell’arte, ora volontaria che mi accompagna e mi spiega. Senza di lei non capirei quasi niente a parte la forte emozione, che mi prende entrando nel battistero e nell’abside della chiesa, immersa negli affreschi mirabili di Masolino e soci. Due cicli strepitosi che non dovrebbero essere ignorati e che “se fossimo in Francia”, avrebbero mille volte i visitatori che hanno. Grazie a Luciana so che gran parte della Collegiata era bianca ed è stata affrescata dopo, in stile neo-medioevale: solo il catino dell’abside è originario e a tratti rovinato dalla ripulitura dello scialbo (la calce, stesa senza remore ai tempi della Peste). Forse non sarei stata in grado di accorgermi dei “falsi decori”, o forse sì ma mi sarebbe rimasto il dubbio che avessero “rifatto gli originali” (si vede che sono nuovi!). Masolino e soci, gli Originali, hanno lasciato dei veri capolavori: a tratti di superbo e pieno Rinascimento (alla Mantegna), a tratti di gotico tardivo (alla Pisanello); comunque magnifici. In più, molto originali a cominciare dal Transito della Madonna (sul sottarco del transetto): una iconografia rarissima, dove è Gesù a tenere in braccio l’Anima della Madonna, la quale giace nel proprio sepolcro. Nel Battistero si intrecciano episodi di storie diverse e personaggi misti, in parte voluti dal Cardinal committente, come lui medesimo e Leon Battista Alberti. Alcuni volti, mantelli e copricapi sono dei capolavori, che tengono testa a quelli Senesi (alcuni colleghi come Bicci di Lorenzo e Apollonio, sono esposti nel piccolo Museo del chiostro). Nelle foto vedete alcuni visi ed alcune mani che mi hanno colpita; serie di teste degne dei Lorenzetti e di Giotto; tonalità di turchini, bruni e lapislazzuli da lasciare di stucco per la modernità. Per non dire delle prospettive: portici, piazze, facciate di chiese, guglie e Paesaggi. Totale assenza di oro: è andato perso o trafugato (ci sono aureole color fumo e stelline spente, che ci fa notare Luciana); direi che il cielo risentisse di Giotto, e fosse azzurro all’origine.
Anche di queste meraviglie toscane, devo ringraziare i piemontesi Giovenone, che mi hanno messa in girolo. Eterogenesi artistica e memento di alcune verità basiche, che mi ripeto quando i 33° mi inchiodano all’ombra di casa (persiane chiuse, ventilatori a palla) a leggere thriller, che vanno avanti da soli. Da cosa nasce cosa, aiutati che il ciel ti aiuta, chi cerca trova, la fortuna aiuta gli audaci. Anche ad agosto e anche partendo dai “luoghi di scambio ferroviario”.