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PROCUL NEGOTIIS

Derogo da ogni mio principio e abitudine e parlo di un sito, Corte Clocego a Verona, che è una locazione turistica, di amici. È un pretesto per un girolo breve, di avvicinamento, in occasione di una grigliata tra ex colleghi del Coses. Luca e Silvia ci ospitano con grande naturalezza, intonata al loro compendio: bellezza ariosa e semplice, un idillio senza smancerie. Da qualche anno locano ai turisti, li trovate su booking e su Air B&B e la mia promozione finisce qui corteclocego.it. A questa attività è destinato uno degli edifici della Corte, luogo concluso da muretti e cancelli, isolato anche se adiacente ad altre case di un nucleo abitato minuscolo: in aperta campagna, a 15 minuti dal centro di Verona e meno dalla tangenziale est (autostrada A4). Un secondo edificio, la originaria abitazione padronale, è tipicamente veneta, di armonia elementare, con porta e finestre riquadrate di pietra bianca. Sull’ingresso, lo zio di Luca, ha voluto scritto PROCUL NEGOTIIS, una citazione dagli Epodi di Orazio, (beato chi sta) lontano dagli affari, il tranquillo riposo fuori dall’urbe. Ozio, non tanto, per lo zio Gigino Ciro e per Luca che ne ha ripreso le fatiche: produce vino e olio certificati biologici, dai propri campi, che fuori la Corte si stendono a formare un golfo verde, con onde di tralci: uve Corvina Corvinone, Rondinella, Garganega e Malvasia. Le olive: Leccino, Grignana, Favarol, Frantoio, Pendolino (giginociro.com). La sua nuova vita, provenendo da un centro di studi e ricerche come il Coses, è una originale versione di allontanarsi dai negozi!  Non violerò la privacy dei miei amici parlandovi degli interni, che sono una collezione involontaria di mobili, suppellettili, camini e stufe, travature storiche e pavimenti con piastrelle d’antan, le comode, il monaco del tetto, le monache scaldaletto, la culla di legno, attrezzi rurali. Poi, c’è l’aia, con l’edificio aperto per le macchine e i raccolti; c’è una grande cantina con il “camino d’aria”, botole, gattabuie e pozzi misteriosi. La visita al compendio e ai campi, prende tempo: il resto, procul negotiis, è convivio, come raccomandava Orazio, gustando vino braciole e salsicce, fragole e amoli in amabile chiacchiera, nel prato all’ombra degli alberi. Le mie foto colgono dettagli, come un depliant mentale, oggetti contadini, finestre, verzura, che trasmettano la voglia di essere lì, in ozio rurale, senza stonature di fronzoli. Non riesco a riprodurvi il profumo d’erba luisa, che vi segue dal cortile di accesso, ai prati rialzati.

Vino e olio certificati biologici, dai propri campi, che fuori la Corte si stendono a formare un golfo verde, con onde di tralci

ALLA SCOPERTA DI:

PER ANFO, STORO E NAGO

L’ho presa (molto) larga, perché una Girolona girola. Leggendo una mappa cartacea (sempre con me), ho deciso che era ora di vedere i laghetti di Idro e Ledro, morenici come quello di Viverone (Biella), in terra di confini: tra Brescia e Trento. Un fuori rotta, rispetto alla Brescia del Garda o al Garda Trentino. Non sono premiata dal clima, che subito mi regala piovaschi, appena lasciata la A4 e infilata la SP 237 del Càffaro, con qualche difficoltà ad uscire dalle rotonde bresciane, intasate! Primo effetto: abbandonata la caotica periferia bresciana, si entra altrove, in una valle stretta, verde e bruna, poco popolata, che mi richiama subito le valli della lana, biellesi. Penso: se la Valle Cervo o la Valle Elvo avessero un lago, sarebbero così (Girolo Al Sarv, Girolo Elvo Dorado). Secondo effetto: il Lago di Idro (Eridio) NON è uno sbarramento artificiale (una chiusa sul fiume), è un lascito dei ghiacciai e non ha quell’aura verde menta, innaturale e immota (Girolo Cadini del Mis). E’ piccolo ma allungato, verde bluino, cenere e carbone, circondato da quinte di monti, boscosi e “sorgenti dall’acqua”, per dirla con Manzoni. Non si “elevano al cielo”, sono di altezza modesta, ma abbastanza scenografici, con qualche squarcio nudo e bianco. Noto l’insegna La Calchera, ora pizzeria ma nata come fornace di calce, archeologia industriale. Io, faccio sosta a caso, a Le Frasche di Preseglio (Val Sabbia?), tra lavoratori in pausa pranzo e gusto il persico fritto impanato, che a Capitan Findus gli fa un baffo. Salire fino a Crone e poi ad Anfo, è un girolo di un’ora e non ho idea dove sosterò per la notte, come da giovane (prima del web). Scendo al Lago, un sito idilliaco piedi nell’acqua, senza alcuna pretesa né di animazione turistica né di relais. Anche se, mi ha spiegato una madame bretone (Girolo Douarnenez), relais era il posto di sosta per i cavalli: solo il turismo di oggi lo identifica col lusso. Infatti, ad Anfo centro c’è una casa che fu “albergo con stallo recapito diligenze pel tramways”, ma non è più in esercizio. Non mi stupisce che il mio albergatore di Anfo mi domandi se sono una Fotografa (sennò che ci faccio qui?). I villeggianti sono tutti anziani (più di me), molti altoatesini (parlano tedesco), famiglie dei dintorni (tra Brescia e Cremona), nonni e nipotini. I turisti veri vanno sul Garda. Faccio due camminate lungolago (solo campeggi e noleggio di canoe): una la sera, con spritz al Mayaguana fronte spiaggia (3,50 euro), seguita da una buona pizza col bagoss (formaggio locale) al centro sportivo La Boa. Altra camminata, all’alba, verso la Rocca di Anfo (segnale turistico) che ha lungo il Lago un camminamento originale, di epoca Veneziana. I verbaschi sono alti quanto me, formano quasi un bosco, splendida fioritura gialla. Ci sono i pescatori (a canna) sui moli di imbarco di un traghetto che fa diverse soste sull’Idro; penso di prenderlo e farmi il girolo, poi opto per un mezzo periplo, verso Ponte Caffaro e Storo (famoso per la farina gialla), che è già in Trentino. Voglio scollinare verso Ledro, percorrendo la SS240 di Valle Ampola (vista sulla mappa di carta) verso il lago morenico, ancora più piccolo di Idro, che prelude al Garda. 

LEDRO, VALSUGANA E LESSINI

Altro tratto di viaggio non breve, salendo verso Storo e poi a Nago-Torbole. Il minuscolo Ledro, passato il paese di Pieve senza sostare, si vede bene dall’alto di Mezzolago. Mentre lo lascio, diretta a Torbole, intravedo le Palafitte, che sono un Museo palafitteledro.it. Terzo effetto: dopo una lunga galleria (che bypassa Riva del Garda?), improvvisa, la vista del Garda, dall’alto di Nago, me lo fa apparire proprio come un mare, il See del tedeschi, un’insenatura ampia (come fosse l’Adriatico in Croazia, che sembra spesso un lago); non si vede la terza sponda, persa laggiù a Sud, nel turchinicchio sfumato di Nievo. Poi un lungo tratto di Valsugana, tra Rovereto, Ala e Avio, quarto effetto: guido in mezzo ad un mare di vigne che ha inondato la Valsugana  (strada del Marzemino?) Rispetto a 40 anni fa, questa strada è molto meglio, hanno rifatto il fondo, allargato le carreggiate e soprattutto il turismo si è spostato sulle autostrade: incontrerò una fila ininterrotta, dalle uscite verso il Garda. Il mio Tomtom,  quando gli nego l’autostrada, diventa vendicativo e mi obbliga ad una deviazione bizzarra, facendomi salire sulla SP 57, dal bivio di Peri (con 10 tornanti pazzeschi), in Lessinia. Secondo lui è questa la strada più veloce per raggiungere Corte Clocego!!! Salgo incredula fino a Fosse, frazione di S. Anna di Alfaedo, dove l’aria è frizzante per altitudine. Lì però lo spengo e decido di scendere verso Verona città, vada come vada, basta Lessinia. Un’indicazione per Negrar mi rassicura: via Valpolicella, approderò a Verona, sicuro, è una zona che conosco, attorno S. Pietro in Cariano, dove a Villa Betteloni si locano suites di charme (betteloni.it). Nel compendio di Vittorio Betteloni, abita la mia sorella elettiva Cecilia (che avete conosciuto nei Giroli Arzachena e Ouverture Parigi), che mi ospita spesso. Il mio karma veronese mi porta dritta a San Zeno, sito prediletto; parcheggio che è ora di pranzo: ovviamente, mi siedo Al Calmiere. Trota scottata, tempura di cipollotti; uno Chardonnay trentino perfetto. E un tiramisù fatto in casa, adeguato al locale.

APPETIZER DI VERONA 

È dall’autunno 2022 che medito giroli a Verona (almeno tre giorni): invece ho solo 3 ore e ci sono 31 gradi. Mi delizio con gli interni della chiesa che son sempre da rivedere sanzeno.mymuseum.it: la Pala di Mantegna, restaurata di fresco, mi costringe a sedermi colta da un acme della sindrome di Stendhal (preludio di svenimento causa bellezza). Rivedo la cripta (meraviglia) e tutti gli affreschi del Maestro di San Zeno (meraviglia), la Crocefissione di Paolo Veneziano. Poi, commetto il solito peccato di presunzione giovanilista. Raggiungo scarpinando via Roma e sono già in fiamme; poco ristoro con l’aria condizionata delle botteghe di via Mazzini; in Piazza Erbe sono oltre il limite. Decido di infilare via Cavour verso Porta Borsari, un’altra traversata bollente. Solo la meraviglia della Porta romana (unica) e poi dell’arco dei Gavi (elegante) mi danno la forza di non chiamare un taxi. Passo Castelvecchio e lungo le Regaste (murazzi dell’Adige) guadagno San Zeno, dove crollo ad Abazia Vini. Dopo tamponi con la lattina ghiacciata di Coca Cola, il mio incarnato recupera colore umano. Non ho l’età (a proposito: Gigliola Cinquetti è veronese). 

VALPANTENA E CORTE CLOGECO

Se mi sono smarrita nelle rotonde di Brescia, che dire della superstrada che da Verona sale ai Lessini, passando per la Valpantena? La mia mappa di carta di mezzo secolo (era dalla zia Filippa a Biella), il mio Tomtom è vecchio di 72 mesi (per fortuna l’aria condizionata funziona meglio!!). Effetto finale: dal nuovo raccordo altezza Poiano, NON riesco ad imboccare la via Valpantena che sarebbe vicinissima, una complanare lì sotto!! Esco e rientro da questa nuova viabilità, per mezz’ora, fin quando decido di ricorrere alla vecchia cara informazione “in presenza”: alla rotonda di Quinto mi indicano la Corte di Silvia e Luca, a 800 metri. La sera ripercorrerò via Valpantena a piedi (2 chilometri andare e 2 tornare) per andare a cena alla pizzeria Quinto Miglio (veloci e gentili, pizza buona). I miei amici avrebbero voluto prenotare per me alla Osteria Poiana, un posto dove mi raccontano si mangi nella casa padronale, stanze piccole, mantenute com’erano (mi ricordo Adamo Canel a Valdobbiadene, anni ‘70). Ma è sabato sera, tutto pieno. Valpantena, Lessini e Valpolicella sono luoghi di turismo da fine settimana, fanno il pienone. Ragione di più per riparare a Corte Clocego, procul negotiis, nell’idillio senza fronzoli, tra ulivi e vigne, amolari e giuggioli, al profumo d’erba luisa.