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LA FINIS TERRAE, LAND’S END

Nel 2003 ho pensato che era ora di passare la Manica, come aveva fatto Cesare nel 55 a.c., affrontare la guida a sinistra e vedere se le due Finis terrae, quella Bretone e quella Cornica si assomigliavano. Secondo Daphne Du Maurier, che la Cornovaglia l’aveva scelta per vivere (a Menabilly) e che la vedeva vanishing già nel 1966 (!!) è così: dice che c’è qualcosa in comune tra gli estremi europei sull’Atlantico e ci assimila pure l’Irlanda. Passato il fiume Tamar, nel Devon si entra in un mondo a parte. Non avevo ancora letto  “La Balena alla fine del mondo” (2015) deliziosa favola moderna, che si svolge in Cornwall nel paese inventato di St. Piran: il libro me lo ha prestato la Robi e le assomiglia, concretezza fiabesca. Già, la finis terrae: in Cornwall c’è Land’s End, un avamposto, pieno di vento, sassi, ginestra spinosa, gettato verso l’Atlantico, l’Europa ci è alle spalle e davanti chissà. Dopo averci girolato due settimane mi verrebbe da sintetizzare così: la Cornovaglia è la Bretagna senza il burro, meno morbida, più rude. Ma andiamoci, passo passo, guidando a sinistra la nostra automobile, da Dolo. Decidiamo di imbarcarci sul Traghetto da Roscoff che ha un nome poco francese (russo?) ma lo è moltissimo. Soprattutto lo è la nostra cena all’Ecume des jours (di Proustiana evocazione), ristorante costoso, dove ci ammalia con un dessert che potrebbe trattenerci per sempre di qua della Manica: chocolat, crisposo fuori come un wafer, scioglievole dentro come una mousse, servito in una cupola di caramello dorato. Ecco, la prima differenza: crossed the Channel, dovremo dimenticare l’alta cucina e il buon vino: birre di St. Austell dai nomi cornici, Trelawny, Smuggler, Tribute (anche loro rudi) e, se va bene, i crostacei atlantici. Lavorando sui negativi di 20 anni fa, mi accorgo che, come quelli della Bretagna nel 1992, sono popolati di scie fumose e miriadi di lucine. Benché siano a colori, le stampe sembrano in bicromia: torba e petrolio, argilla e verde alga, carbone e pomice. Può essere che alla fine della terra siano ancora attive le Piski, spiritelle birichine, che interagiscono con i bromuri fotografici.

ALLA SCOPERTA DI:

POLPERRO, FOWEY E LANHYDROCK

Il paesaggio, l’ho detto, non ha molto da invidiare ai dirimpettai francesi: però si rivela soltanto quando arrivate a destinazione, sulle Punte. In Cornovaglia, infatti, viaggiate sempre in trincea, non potete confidare in aperture di panorama: gli arbusti lungo strada sono altissimi e fitti, come due muraglie inestricabili, che vi imprigionano. Non sapete MAI dove state andando, anche perché i segnali stradali sono praticamente sconosciuti: a loro non servono e voi avete deciso di venirci, arrangiatevi! Improvvisamente arrivate in un luogo, di solito un Cove, un hole, un lock, intagliato nelle rocce. Dovete abbandonare la macchina e procedere comunque a piedi (tranne i residenti). Di burroso, nulla. Come massimo conforto sperabile una pilchard e una Trelawny, o un cornish blue che sembra anche lui roccioso. Una Bretagna con qualcosa di Basco. Nel romanzo di Ironmonger (2015) queste strade in trincea vengono messe in bella evidenza e la mancanza di segnaletica è addirittura utilizzata come strategia (CVD). Facciamo dei nomi. Approdati, dopo una notte in traghetto, a Plymouth, attraversiamo il Tamar e vicino ad una chiesa dal magnifico portale (St.Germans?) vorremmo visitare Antony House (del National Trust) ma è out of business a causa della Foot and mouth disease, che ha colpito il bestiame e si sta propagando sugli umani (siamo nel 2001, e il “salto di specie” ci lascia indifferenti!!). Procediamo verso Polperro che ho scelto (per il nome): ottimo approccio ai paesini sul mare, arroccata, rude, pittoresca. Fowey, invece, si presenta diversissima, le sue case indubbiamente inglesi, sdraiate lungo le coste, alte sul Porto, con inserti di prato. Moltissime imbarcazioni, tra cui velieri da diporto, ne fanno una stazione di villeggiatura visibilmente ricca, con hotel e case private sontuose, boutique, librerie, ristoranti. Pare sia stata una base Inglese per il D-day del 1944 e forse risente di questo pedigree, anche per i tur isti USA. Compro qui il libro di Du Maurier Vanishing Cornwall e scopro tante cose: le miniere di timber e di copper, le cave di caolino, il carattere pietroso, una rude povertà diventata stile. A Fowey cerchiamo di mangiare bene spendendo tanto e dobbiamo dare atto che sanno trattare i granchi e gli astici. Poi ci spostiamo in un lussuoso hotel in mezzo ai boschi, deeply English: a chi mai potrebbe venire in mente di moquettare il bagno, in tonalità panna, se non a Loro. Mi immedesimo e mi faccio servire il cream tea nella vasca, che occupa un bow-window sul parco. Dopo il conto del Landsdale e del ristorante di Fowey scendiamo a più miti consigli e ci adattiamo ai B&B, qualcuno ha il bagno in comune, anzi il loo, la latrina. Niente a che vedere con le bathroom di Lanhydrock, lungo il fiume Fowey: una dimora storica, gestita dal National Trust (antesignano del FAI). Un sito davvero bello: cucine e dispense gigantesche, le scullery, le larder, le dairy; la nursery wing e la servant wing, la drawing room e la gallery, la billiard room, la luggage room, la linen lobby. Girolate nel Sito del NT, nationaltrust.org.uk, anche se sono avari di immagini. Nel Dorset, a fine girolo, visiteremo Castel Drogo, altra dimora NT, che adesso si prende cura anche delle Miniere dismesse, di Lizard Point e Boscastle.

IL TIPO COVE E IL TIPO ROW

Perdonate la mia semplificazione urbanistica: in Cornovaglia si trovano due tipi principali di insediamento. Paesi minuscoli, appollaiati sulle colline rocciose, o prative, guardano il mare attraverso un imbuto e hanno un piccolo porto (il cove), con una calata in pietra, sulla quale le barche sono tirate a secco. Li proteggono moli e banchine in pietra locale color fumo rugginoso, spesso doppi a chele di granchio. Ci sono cottage “tipo tudor”, casette isolate di pietra, con tetto in scandole o paglia; prati molto verdi, forse una torre di chiesa e qualche tomba celtica (a Church Cove). Un secondo tipo affaccia sul porto che è più largo, riesce ad ospitare uno o due fronti di case messe in fila (row), di due o tre piani, con un “lungomare”, abbastanza in alto da mettere in sicurezza l’abitato dalle maree e dai marosi. Non sempre c’è la spiaggia (sabbiosa) ma l’accesso al mare è più ampio e parecchie barche restano all’ancora e quando la marea rifluisce, sono sostenute da impalcature di stecche, come la sottogonna della dame. Le cittadine maggiori, come St. Ives (ritrovo di Artisti e sede di una Tate Gallery) e Penzance, ma anche Newquay e Looe appartengono al secondo tipo, pur addensandosi ai bordi, come fa Fowey. La combinazione di questi tipi, si ritrova lungo tutto il South West Coast Path (percorso da Raynor Winn nel libro Il sentiero del Sale 2022). Facciamo qualche nome. Mevagissey, dopo Fowey verso ovest, è del tipo cove; così sono anche Coverack e Cadgwith. Poi arriviamo a Lizard Point, una delle finisterrae, che somiglia molto alle punte Bretoni: bellissima. Mullion Cove è di nuovo un imbuto strettissimo che finisce in mare: sulla calata di pietre ci sono due bambini che giocano con la madre, macchie di colore sul nero. Per il resto 4 cottage e un pub, dentro il vento atlantico. Porthleven è invece del tipo a schiera, casette bianche; sul lungomare notiamo famigliole che divorano fish&chips, innaffiati da St.Austell Bier: non dovrebbero perché sono mediamente molto sovrappeso. Leggo che il vanishing delle attività economiche in Cornovaglia ha causato nella popolazione problemi sociali giganteschi, migrazione, miseria, depressione e obesità. Du Maurier, nel 1966, temeva la deriva turistica, (scrive frasi perfettamente idonee per Venezia!!) ma leggendo Winn, mezzo secolo dopo, non so se un sentiero per ramblers sia davvero l’Alternativa; né se lo siano la Tate e il Minack Theatre. Mousehole, contravvenendo al proprio nome, ha un porto largo, anche se le sue case sono quattro. Dovrei avere una carriola per portarci Stefano, che ha i menischi fuori uso (dopo il 2001 sono miracolosamente migliorati, per effetto dei crostacei o delle Piski).

THE LADY IN THE WHEELBARROW

Porthcurno è finalmente un paese “adagiato comodamente” sul mare, con una spiaggia di sabbia abbastanza vasta. La sua attrattiva principale, però, è il promontorio di Minack dove una stravagante Lady Rowena, ha voluto, nel 1931, un Theatre all’aperto, minack.com che imita gli anfiteatri classici ed è unico in Inghilterra. Lei è in una cartolina ricordo, seduta in una carriola (strana era strana). Land’s end e Cape Cornwall sono due finisterrae stupendi, hanno anche la vegetazione tipica dei promontori atlantici: rude come fossimo in alta montagna, ispida a toccarsi, ma di tonalità meravigliose, ametista, indaco e malva. Botallack è un finisterrae con Miniere. Poi arriviamo a St. Ives: come fosse lei stessa un quadro della Tate, sciorina tetti, muri, finestre a vividi contrasti, esaltati dal vento Atlantico e dal tramonto, lunghissimo (se non è lungo qui!!!) St. Ives è una vera cittadina inglese on the beach: se è rude, non te lo fa capire subito, se lo tiene dentro; ha affascinato artisti di Ognidove, che l’hanno eletta a seconda patria, come è avvenuto per Venezia (lo sapeva Daphne!!). Siamo ormai sulla costa nord della penisola: andiamo a Port Isaac (con veri pescatori che ancora usano le ceste per i crostacei), e poi a Boscastle, icona dell’imbuto: è quasi un fiordo, pochissime case scure, vento implacabile, sicuramente popolato di Piskie, che si annidano nei miei capelli. Milock è un vero buchetto, mentre Crackington Haven è del tipo cove, ma allargato. Budebay è molto originale: un miscuglio tra le Punte e le spiagge di sabbia, cottage sparsi sui prati, non riescono a fare paese. Ma in questo tratto di Cornwall il sito più curioso (e famoso) è Tintagel dove l’invenzione vuole ci sia stato il Castello di King Arthur: tutti riconoscono che sia un falso assoluto, ma tutti ci vogliono credere, venendo a frotte per vedere le quotidiane rievocazioni storiche. Ci sono un paio di edifici antichi, belli (la Stazione di Posta) e molti servizi per gli escursionisti. Dormiamo a Bideford, in un Royal Hotel (oggi rinnovato e lussuosissimo) e ceniamo in un minuscolo ristorante We do not serve fast food, we serve food as fast as we can: mangiamo mezzi astici, appena scottati, squisitissimi e cheap. Non l’ho ritrovato nel web.

Il contrasto tra i gentlemen del cricket e la fauna dei musicisti folk è amabilmente inglese, come la moquette in bagno.

CRICKET WASHBOARD E MEGALITI

Chiudiamo con la Cornovaglia, soddisfatti ed entriamo trionfalmente nel Devon, a Clovelly: villaggio così minuscolo da costituire un Estate privato, ereditato da un giovane parlamentare inglese. Ogni dettaglio è impeccabile, pulizia e atmosfera rarefatte, nessun obeso/a a mangiare fish&chips. Ormai siamo usciti dal mondo a parte del Kernow (Cornovaglia). Decidiamo di scendere a sud, con tappe a Stonehenge (un must) e a Salisbury. Stonehenge ci sembra mistico e se anche questa è un’invenzione per turisti, sono stati magistrali. Altrettanto mistico è il Close di Salisbury: una delle più belle cattedrali tardogotiche d’Inghilterra, in una cittadina che è solo “il side dish” del Close. Approdiamo a Sidmouth in un Hotel Royal York and Faulkner, di lusso sgualcito ma ridondante: posate d’argento per mangiare salsicce e fagioli. Bellissimi i cottages storici di Sidmouth, segnalati come Patrimonio Nazionale; dovrebbero segnalare anche i giocatori di Cricket. Impensabile, per questo luogo d’antan, il Festival Folk Music ci tiene in giro in giro fino all’alba. Noi che di solito crolliamo a letto, dopocena, saturi di passi e visioni. Il contrasto tra i gentlemen del cricket e la fauna dei musicisti folk è amabilmente inglese, come la moquette in bagno: i pub sono pieni da scoppiare e servono St Austell dalle finestre; se c’è posto l’entrata è libera, si alternano tamburi africani e suonatrici di washboard, portate come giubbotti antiproiettile. Fantastico.  Poi ci spostiamo a Christchurch, sobborgo vacanziero di Bournemouth, per essere vicini all’imbarco dei traghetti per il Continente (da Poole). Le Piski lasciano le pellicole della mia OM-10 e noi troviamo gli amici Minelli, che soggiornano a St.Loo, vicino ad Omaha Beach, altro sito del D-day ‘44.