Cogne
IN PARADISO
Dopo qualche anno che ci giravo intorno, ho deciso di concedermi un soggiorno al Bellevue di Cogne: albergo di gran lusso, molto costoso, che è stato il luogo di villeggiatura dei miei nonni, quando i loro 3 figli erano ragazzi. Ogni estate per 3 mesi, 3 camere erano affittate a loro disposizione, anche quando non riuscivano a salire, per esempio perché c’era la Guerra (che seccatura!). Una celeberrima fotografia, scattata dalla camera delle due ragazze Miglietti –Giola e Potti che, dopo l’adolescenza, si sarebbero chiamate Giò e Fil- presenta la veduta emblema di Cogne: i Prati di Sant’Orso e laggiù al fondo la Valnontey. A fine estate 2020, con le mie 3 nipoti, abbiamo passato 3 giorni al Bellevue, godendo di panorami superbi, terme irreprensibili, aperitivi eleganti e quanto più formaggio fuso possibile, con le patate quarantine e vino Torrette valdostano. Se ce ne fosse stato bisogno, abbiamo la conferma che i nostri antenati hanno fatto una Bella Vita, fintanto che hanno potuto. Poi, la Guerra ha spazzato via, tra le molte persone e cose, anche il patrimonio Miglietti e amen. Pare che il mio futuro padre, Toio, il quale saliva a Cogne per corteggiare la mia futura madre Giò (Giola) avesse preso una certa cappellina per la Tribolazione, l’arco lunato che addolcisce le creste del Paradiso e i cui seracchi scendono verso Valnontey. La Giò, invece, arditamente girolava sui Ghiacciai del Meyron e del Serta, che avvicinano il Paradiso dall’altro versante, in compagnia della sorellina Fil (Potti) e della fedele, bellissima, amica Elena, identica ad Alida Valli. Con loro, le Guide valdostane: non sappiamo se fossero Eduard Jeantet o Amato Bich (con il quale ho trovato un carteggio), comunque il meglio sulla piazza. Le fotografie, di fine anni Trenta e fino al 1942 (incuranti della Guerra), sono bellissime, in bianco e nero, perfette, opera di professionisti, fatte stampare a Biella dall’Ottico Tarditi.
ALLA SCOPERTA DI:
IL BISNONNO GIROLONE
Le ragazze Miglietti sono di rara leggiadria, elegantissime nelle loro perfette tenute alpinistiche, immancabili gli occhialini da sole e per Giò la fascia nei capelli che contiene gli indomabili ricci da Bella Abissina. Si sente l’appretto delle camicie e il morbido dei golfini abbottonati, fatti a mano. A volte gli scatti li faceva qualche amico, magari armatore a Genova o militare a Quassolo, il quale aveva il pretesto di spedirle per avviare un corteggio galante. A volte le scattava il nonno Gino, con la sua fotocamera tedesca a soffietto (Girolo Francoforte).
Luigi Miglietti, detto Gino, era stato introdotto al Gran Paradiso da suo padre Giacomo, detto Giaculin, il mio bisnonno, che ho conosciuto solo nei racconti (mannaggia: doveva essere speciale). Proprio lui ha lasciato un Giornale di Viaggio in cui, a mano, scrive di una ascesa al Paradiso per la parte piemontese, da Noasca, Ceresole, Nivolet. E’ del 1920 corredato di fotografie in bianco e nero. Il bisnonno aveva “segnalato” alla Società Idroelettrica di Torino i Laghetti dell’Agnel e del Serrù, primo bacino di raccolta dell’acqua e dell’energia elettrica della Capitale Sabauda. Un pioniere. In quel Giornale, il bisnonno esploratore, utilizza la locuzione toutjour en flanelland, un patois d’invenzione che caratterizza il nostro lessico famigliare. E, come non ritrovarmi, nel racconto di Giaculin, scritto a penna con grafia ottocentesca e rarissimi errori; una prosa arguta soprattutto per i tempi, zeppo di francesismi che nel dialetto torinese erano a casa. Poi il bisnonno inventava, caratteristica che ha ereditato mia mamma Giò e che ci è rimasta nel DNA. Le fotografie, fatte da lui medesimo, alternano lo scritto: sono ben incollate, numerate e riferite tra parentesi alla narrazione. Come non ritrovarmi, in tutto e per tutto? Girolona pronipote di Girolone, il sangue non è acqua.
GIMILLAN E VALNONTEY
Una delle frazioni di Cogne prediletta dai Miglietti era Gimillan, tre chilometri sopra la Villa di Cogne Chef-lieu. Nel 2016, Stefano ed io abbiamo preso una stanza qui, pensando che la camera della veduta fosse al Belvedere di Gimillan. Si tratta di un albergo molto modesto, con un buon ristorante casalingo ed effettivamente dai suoi balconi si gode una vista a 360 gradi sulla regione del Paradiso. Dal Gran St. Pietro fino al Monte Bianco, si è circondati dalla Meraviglia: addirittura più generosa che dai prati di Sant’Orso, dove si trova il Bellevue, quello dove Gino Miglietti prenotava le camere di anno in anno, scrivendo a Cesarino Cuneaz, il proprietario lettere confidenziali. Da Cuneaz comperava anche mele e pere, che faceva arrivare a Biella. Bella Vita. Questo hotel è sicuramente diverso dal 1940, anche se molti arredi sembrano originali. Il lusso contemporaneo è sempre un po’ ostentato, ridondante, vuole mettersi in mostra. Chissà cosa avevano pensato mia mamma e mia zia, quando sono tornate al Bellevue, alla fine degli anni Novanta (sole), spendendo un mezzo patrimonio per rivedere i luoghi della loro giovinezza dorata. Quando, invece, avevano portato le nipoti Bebe e Fià, in villeggiatura a Cogne (anni Ottanta) avevano alloggiato, meno lussuosamente, a Valnontey: Bebe riconosce la Pensione Herbetet dove veniva con la nonna e la nostra gita si tinge ancora di più di amarcord, lungo 100 anni. Poi, mentre Fiammetta si gode la spa e Chiara girola in mountain-bike, Bebe ed io arriviamo a Lillaz, dove c’è un Parco delle Cascate, che si raggiungono solo a piedi, risalendo la valletta del torrente Urtier, verso il Lago di Loie. Anche là, al Lago, le ragazze Miglietti andavano in gita con gli amici e si facevano fotografare immerse in calzoncini corti, come attrici del neorealismo: noi discendenti siamo delle gatte di piombo, in confronto alla loro arditezza alpinistica. Arriviamo col fiatone a vedere la cascata bassa e mediana, niente di speciale, anche se suggestiva, con i piccoli laghi che forma, tra le pietre. Ha quel colore ghiacciato tipico delle pozze alpine, che trasmette frescura solo a guardarlo. Pare che il tratto migliore sia quello superiore al quale non pensiamo neppure di spingerci. C’è una foto di oltre 80 anni fa, in cui la Giò, che ha 16 anni, si indovina appena a sinistra delle cascate di Lillaz, accosciata e pensosa. Pensava al Toio, sulla Tribolazione?
COGNE CHEF LIEU
Nel Capoluogo di Cogne (Ville Chef Lieu) non c’è molto da vedere, anche se non vi è stata una selvaggia sostituzione edilizia delle vecchie case, con orrori della Modernità. Forse perché siamo dentro un Parco nazionale, che funziona dagli anni Venti!! I Prati di Sant’Orso, di un verde impareggiabile, vantano una flora molto variegata che li fa sembrare un tessuto di William Morris; vengono falciati soltanto in luglio (primo fieno) mentre lou recò, il secondo fieno, viene lasciato brucare sul posto dalle mucche razza di Cogne. I Prati sono uno sfondo meraviglioso alla grande V che si apre verso Valnontey. Fare colazione, prendere l’aperitivo, leggere al sole di fronte a questo panorama è davvero paradisiaco. So che il vero paradiso è lassù, sui ghiacciai, dove salivano le Miglietti con le Guide, o mio padre da solo: ma io mi devo accontentare. Ci sono alcune belle case, con ampi inserti in legno, soprattutto a Lillaz, Gimillan e nella frazione di fronte al Bellevue dove ci sarebbe anche un Museo Etnografico Dayné ma il Covid non permette. La Parrocchiale, invece, affaccia su una piazza minuscola, dove c’è un quasi Museo del pizzo a tombolo ed una Galleria d’Arte in liquidazione, la cui proprietaria Marina Mais mi propone un Delleani, Il Pagliaio, datato 1894. Per quello che capisco di attribuzioni avrebbe potuto essere una emulazione di Sofia di Bricherasio (allieva e amica di Lorenzo) e avrei preso un bel granchio. Invece, mannaggia, era autenticato da Bistolfi e catalogato dal Dragone, esposto a Torino nella Galleria Fogliato, nel 1969. Ho chiamato Sandro (Fogliato), solo rientrata a Biella, mannaggia. Sulla facciata della chiesa, le solite decorazioni di Santi, molto colorate e di mano grezza, simili a quelle di Vourry e di Issime (Girolo Padre Ros). A proposito del bisnonno, ho trovato anche una Pubblicazione della Commissione Reale del Parco del Gran Paradiso, del 1925: solo 3 anni dopo che era stato istituito. Ci scrive anche Oreste Mattirolo, Presidente dell’orto Botanico di Torino e insigne Botanico (Girolo Padre Ros). A me piace pensare che Mattirolo fosse ospite -qualche volta- dei bisnonno in via Carlo Alberto 8, a Leynì, quando la moglie di Giaculin, Maria Regaldo, preparava la crema bachique: rigorosamente con uova e vino dei loro possedimenti. Nel volume del 1925, c’è una mappa molto chiara del Parco: in quasi tutti i luoghi segnati, mia madre Giò e mia Zia Fil -le nipoti di Giaculin- hanno fatto le loro escursioni alpinistiche, con Guida. Noi giroliamo comode, tra saune, aperitivi e fondute: ma il Paradiso resta un paradiso.