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LE SETTE SORELLE

Le sette sorelle: no, non quelle di Lucinda Riley che, al tempo, non pensava neppure di scrivere libri. Parlo di Vulcano, Stromboli, Panarea, Salina, Lipari, Alicudi, Filicudi: le isole Eolie o Lipari, a nordest della Sicilia.  40 anni fa, partii con i ragazzi di Pettinengo (Girolo Piatto e Pettinengo): la Golf di Zuma portava sul carrello la Bigia, il suo gozzo genovese che ci avrebbe fatto girolare, via mare, le coste di Vulcano e fino a Salina e Lipari. L’unica e certamente l’ultima vacanza stile “figlia dei fiori”, quale sono stata dal ginnasio alla laurea e, dopo, per alcuni degli anni Ottanta: senza mai diventare grande o yuppie. Ricordo un viaggio in auto eterno (col carrello vai piano), da Biella a Napoli, un caldo torrido (niente aria condizionata); attendemmo ore l’imbarco sul ferry e naturalmente dormimmo sui teli-mare per terra, testa sullo zaino. I famosi “posto-ponte”, hippy. Fummo compensati dall’alba, che illuminava appena le prime isole: case bianche, bouganville infuocate, terra d’oro bruciato o, come dice Omero, pareti di bronzo. In un gruppo maschile, l’unica altra donna era Nora, così stramba da dire di me che ero Saggina, perché in paragone a lei avevo qualche traccia di senno. Chiara, la sorella di Zuma, era ospite da amici: noi, in 7, nella casa vicina, promiscui senza esagerare. Assunsi il ruolo di cuciniera, preparavo vasche di spaghetti, quando rientravamo dal mare, salati e abbrustoliti, in cerca di energie per la notte. Ancora la consideravamo una prosecuzione del giorno, senza dubbi e senza fatica. 

ALLA SCOPERTA DI:

PASTA A QUATTROCCHI

Fu così che nacque la Pasta a Quattrocchi, con le melanzane dell’orto e il tonno messo in scatola dai pescatori locali. Delle Eolie ho poche fotografie, molte dei ragazzi in bianco e nero: quasi trentenni, facevano giochi da bambini. Ricordo che meditai lungamente sui “giochi tra maschi”, da cui le femmine sono naturalmente escluse: costruire fionde e archi, capanne, fortini di sabbia nera, sedili intrecciati, muretti a secco inutili.  Nora fissava meditabonda il mare, io mi abbronzavo e un po’ nuotavo, l’unica attività fisica che non rifuggo, Zuma leggeva Freud, Gabriele detto Young “lumava le pupe”. Quattrocchi è un belvedere di Lipari da cui si ha visione di Vulcano e dei suoi faraglioni. Una delle nostre spiagge era Gelso, a Vulcano, dove io mi piccavo di arrivare a piedi, attraversando l’isola in solitaria (7 chilometri fino a Maniaci): sono un gatto di piombo, ma subisco il fascino delle camminate marine (e lagunari), Cinque Terre, Pelio, Dalmazia, Baratti, Costa Paradiso, Cavallino. Delle Eolie feci, tornata a casa, qualche disegno a pastello, ma quello che conta è il magma dei ricordi, sapori, odori, dettagli di discorsi. Il pomodoro mangiato all’alba, appena staccato dalla pianta, con il panino caldo comperato al forno di via Lentia, tornando dalla Discoteca Piro Piro. Le melanzane per la Norma (la pasta dedicata a Bellini), colte calde di sole. La spremuta di bergamotto con la menta, fatta fresca dal nostro vicino, dove andavamo ospiti, insieme a notabili siciliani, borghesi e militari (noi, che avevamo affrontato le cariche della Polizia!). L’odore del pesce spada arrostito, all’aperto; del basilico, alto e fitto che pareva cannabis; l’odore pestifero dello zolfo a Vulcanello; l’odore di fuoco, carbone e cenere sulle pendici del Vulcano (Salita del Cratere). I colori, guardateli nelle diapositive anche se il tempo le ha virate al tutto-azzurro e quelle della Cava di Pomice a Lipari (nel film Kaos dei Taviani,1984) erano da subito sovraesposte e allucinate, come noi.

NOTTI SULFUREE

Le sette sorelle era una ballata dei chitarristi al Bar dei Faraglioni, al Porto di Vulcano: ci passavamo le prime ore notturne, per poi trasferirci al Piro Piro. Era un trio singolare (Il Conte Barrica, Nicola Merlo e boh), tra canzoniere popolare e piano bar, dal Cile al Roxy Bar, per tutti i gusti. Inti Illimani, Santana, De Gregori, Guccini, Vasco Rossi, forse persino i Pooh. Oggi, esiste a Lipari un Chitarra Bar (allora non esisteva), dove potete trovarli (chitarrabarlipari, lipari.net, youtube). Non esiste più, invece, il Salone Saverio Cerreto (barbiere), che fotografai sul Corso. La fedelissima Bigia, barca di Zuma, navigava sia a vela che a motore; veniva “armata” ogni giorno, qualunque fosse stata la nottata, da mozzi stralunati, ma fedeli. Eravamo tutti prossimi ai 30 anni, (solo Nora era ragazzina), ma l’età è quella che uno si sente addosso e noi la sentivamo leggera leggera, come le garze indiane e le espadrillas. L’estate a Vulcano, segna per me, la fine di una lunghissima fanciullezza e come gli addii al nubilato, fu una ininterrotta esagerata festa. Tornerei alle Eolie, con un latente timore: più che di un vero luogo, ho il ricordo di un paesaggio sentimentale, di uno stato d’animo, l’isola che non c’è più. Là, ci sono per sempre, i ragazzi di Pettinengo: Zuma e Francesco tra le fumarole del vulcano, giocondi e sulfurei; Young sulla Bigia in avvistamento di “rumenta marin’a”, come chiamava le pupe sugli yacht. Chiara sembra una tahitiana di Gauguin. Nora è solitaria come l’albero della vela, ci ignora, fissa sull’orizzonte. L’anno successivo, Vanda, stramba almeno quanto Nora, (era elettricista sulle navi da carico), fece scalo a Venezia e mi presentò il suo capitano in seconda, eoliano. Era bello, vagamente arabo e mi corteggiava: da Trieste, Genova, Ancona noleggiava un’auto e veniva a cena a Venezia, per me. Mi propose di scendere alle isole, per presentarmi a sua sorella. Era serio, per nulla sulfureo e io, lusingata, seriamente declinai. Se ricevevo proposte di matrimonio, forse, era ora di crescere.

L’estate a Vulcano, segna per me, la fine di una lunghissima fanciullezza e come gli addii al nubilato, fu una ininterrotta esagerata festa.