
CAVAZUCARINA
JESOLO TERRA DI CAVALLI?
Non voglio fare la Signorina Sotutto, anche perché non c’è davvero chiarezza sui nomi di Jesolo: un’originaria terra di cavalli, da cui Equilium e poi Exulum e Jexulo. Per molto tempo, venne chiamata Cavazucarina, e non è certo che derivi da Cava Sacchararia e che abbia a che vedere con lo zucchero che, nel Veneto Orientale, deriva dalla coltivazione delle barbabietole (per esempio a Ceggia, dove c’era una fabbrica dell’Eridania). Pare che il nome derivi, invece, da Alvise Zuccarini ingegnere idraulico del Magistrato Veneziano alle Acque (lo stesso del MOSE), responsabile del progetto di cavamento dal fiume Piave di un canale per irreggimentare le acque e il loro apporto di sedimenti in Laguna (onde evitare l’interramento). I riferimenti toponomastici mi servono per dirvi cos’era Jesolo molto prima del turismo: una grande estensione di campagne, legate ai fiumi ed alla Laguna, un posto pressoché selvaggio e malarico, con più acqua che terra. Quando iniziano le grandi bonifiche, dopo l’Unità d’Italia, esse sono mirate a fornire terre sane all’agricoltura (e allevamento): si mette in moto la crescita demografica (col boom negli anni Trenta), ben prima che abbia origine la stazione balneare che tutti conoscono. Ville, stabilimenti terapeutici balneari e poi alberghi ed alloggi destinati alle villeggiature marine sono venuti dopo, col secondo Dopoguerra ed il boom economico. A cosa serve sapere queste cose, da studiosa? A dirvi perché cercare e trovare in Jesolo elementi diversi da quelli del luogo comune balneare, che pure non è da trascurare: anche io ho frequentato il Lido di Jesolo, come bagnante: chioschi sull’arenile, piscine, cene sulla terrazza vista mare, notti che finiscono solo al mattino, da un locale all’altro. Vi ho già raccontato del Design District, della Jesolo contemporanea. Qui chiudo la bocca alla Signorina Sotutto e passo la mano alla Girolona.
ALLA SCOPERTA DI:
Un compendio meraviglioso di valli lagunari, con la loro vegetazione a tratti lussureggiante a tratti avara
I SALSI E VALLE GRASSABÓ
I Salsi sono uno dei miei Luoghi del Cuore, parte di quella Icona imperdibile che è La Laguna di Venezia: a maggio 2020 è stata una vera festa poterci tornare ed è giusto dare a Jesolo quello che è di Jesolo. Li ho scoperti negli anni Ottanta, quando lavoravo per i Comuni della provincia, deviando a Musile dalla SS 14 e passando il Ponte di Barche (oggi a pagamento). La strada costeggia il vecchio corso del Piave, la Piave vecchia (a sinistra) e la Laguna Nord (a destra), arrivando fino a Jesolo Paese. Se si devia prima, verso le Valli, si percorre una lunga strada sterrata (quasi 5 Km), si bordeggia Valle Grassabò, al centro della Laguna Nord di Venezia. Avamposto magico dell’Altrove. Un compendio meraviglioso di valli lagunari, con la loro vegetazione a tratti lussureggiante a tratti avara, canneti, cespugli, alghe e diverse infiorescenze, velme e barene, che compaiono e scompaiono secondo la marea. É un paesaggio ibrido, affascinante nella sua incertezza; probabilmente gli jesolani sono un po’ così: non più vallivi e rurali, ma non del tutto sicuri che il Turismo sia il loro destino ultimo. Proseguendo oltre un agriturismo (La Barena) si raggiunge un’altra Valle, Bianca, dove sono stata a cena con amici, ospite di un nativo. Se non avete tempo di fare il girolo lungo, da Venezia fino a Treporti e poi, lungo la penisola di Cavallino, fino a Jesolo: questo girolo più veloce, da cittadini di terraferma che prendono l’automobile su e via, consente ugualmente di immergersi nella Laguna Nord, un mondo e un tempo a parte.
LE PORTE 1632
Se invece avete più tempo, potete arrivare a Jesolo dal Cavallino, un tempo Comune di Venezia, separatosi negli anni Novanta per conclamata diversità. Il nome di questo Litorale (che precisamente sarebbe Cavallino Treporti), che è sostanzialmente la prosecuzione del Lido di Jesolo, ci riporta alle terre dove c’erano i cavalli, come vi ho detto in apertura. Anche questa penisola è rimasta profondamente agricola, famosa per le proprie serre e per gli ortaggi che vi si coltivano. Ma la notorietà globale la deve al turismo dei campeggi, di cui è primatista mediterranea. Tra Jesolo e Cavallino c’è una qualche atavica rivalità, e il ponte moderno che le unisce, anche le separa. Cavallino ha una spiaggia sabbiosa straordinariamente profonda e vi si si accede dalle retrostanti pinete: l’edificazione è modesta, non c’è lungomare. In questo girolo stiamo sulla parte opposta al Mare Adriatico, affacciati alla Laguna: potete partire da Treporti ed arrivare fino a Jesolo, sempre immersi nel paesaggio lagunare. Qui facciamo il tratto finale, che da Cavallino paese, lungo il Canale Casson, arriva alle Porte, sotto il ponte stradale che congiunge questa penisola al litorale di Jesolo. Per capirci, state camminando su un bordo delle Valli jesolane, le medesime di cui vi ho detto sopra (i Salsi e Grassabò). Lungo il Casson (e il Pordelio) sono state attrezzate pregevoli piste ciclabili e una passeggiata pedonale. Mi è capitato di girolare su questi tracciati ripetutamente, in entrambe le direzioni. Bellezza speciale alla mattina presto, avendo dormito alle Porte 1632 (una Locanda): orario ideale, colori perfetti e visioni della Laguna molto belle, a perdita d’occhio. Lascio parlare le fotografie.
Mi soffermo a Le Porte 1632, sito di bellezza poetica, imperdibile.
Il nome e la data indicano la chiusa originale, su disegno leonardesco. La storia è stata ricostruita e narrata da una ricercatrice di Oxford Christina Anderson in un libro patinato e difficile da trovare (The Flemish Merchant of Venice): io ho avuto la fortuna di sentirglielo presentare proprio a Le Porte, quando il Ristorante e le camere erano gestite da Giuliano, appassionato di gastronomia e di vini. Adesso non è più alle Porte (si occupa anche lui di giroli, a piedi, e scrive guide): il suo giovane cuoco Matteo, formidabile, è andato altrove, alla fine ignoro come si mangi oggi a Le Porte 1632 e non resta che provare, trovando le informazioni in rete locandaalleporte1632.it. Come punto base per esplorare la Laguna Sudest è imperdibile. Quanto al fiammingo che volle le Porte, la sua storia è interessantissima, perché esemplare di come i patrimoni d’arte italiani siano stati trasferiti in Europa tramite una schiera di diplomatici uomini d’affari che scendevano nel bel Paese con questo scopo e spolpavano, pezzo a pezzo, i nobili decaduti, facendo loro da consulenti, banchieri ed intermediari, arricchendosi in quelle transizioni, senza tanti scrupoli. Daniel Nijs, il fiammingo, benché si occupasse delle collezioni Gonzaga, aveva stabilito la propria residenza in Laguna e prese passione per queste terre, vi volle intraprendere attività agricole ed applicare idraulica ingegnosità. Si rafforza la mia idea sull’ibrido terra-mare che sono queste lande: l’olandese è, in fondo, simile allo jesolano. Fate campo base a Le Porte 1632: se andate verso Venezia, sugli argini o in Laguna, siete dentro il Meraviglioso; se andate verso Jesolo, per argine o per spiaggia, avrete un accesso speciale, che incrinerà l’immagine stereotipa della Stazione balneare anni Sessanta. Voglio conquistarvi alla schiera di visitatori dell’improbabile e al Mare d’Inverno, cantato da Ruggeri.
QUANDO ERAVAMO CONTADINI
Ad inizio anni Ottanta, presi la patente per raggiungere i diversi Comuni, con i quali lavoravo. Per raggiungere Jesolo Paese, attraversavo chilometri di campagna e incontravo case che secondo la definizione dell’Istat erano sparse, non formavano nemmeno un nucleo. Visioni d’antan, cartoline o film del dopoguerra, un racconto del tutto diverso dal Contemporaneo del Lido (Girolo Jesolo Design District). Due facce della medesima luna? Non voglio persuadere nessuno a fare una villeggiatura nella campagna di Jesolo, invece che al Mare, son mica scema. Ve lo immaginate un nipotino fiammingo di Nijs che dopo tutto l’anno sotto il livello del mare, viene a visitare le Idrovore?! O un bavarese che sceglie di villeggiare in un cascinale del MarMais invece di rinfrescarsi sul Gardasee o sui colli Asolani?! Non sto parlando di vacanze, ma di Giroli: possono continuare a scegliere Jesolo Lido o Cavallino e poi fare dei bei Giroli, nell’entroterra.
Probabilmente molte delle case fotografate in bianco e nero non esistono più. Ma qualche giro in bicicletta o usando il driving, la guida lenta destinata a godere il paesaggio; vale sempre la pena di farlo, fuori stagione, quando il clima ed i colori del paesaggio, aumentano il fascino discreto di queste campagne. La presenza del Mare è percepibile anche se non lo vedi e le colture, anche se sono monopolizzate dal granturco e dalla soia (il Marmais e il Sojasee), compongono una tavolozza di colori interessante, luccicante al sole, sgranata nella nebbia. Non dimenticando mai che queste campagne sono legate senza soluzione con fiumi e canali, dai quali sono percorse ed irrigate, e al Mare, con la mediazione della Laguna. L’Adriatico le frequentava anche troppo (prima delle bonifiche) e resta lì vicinissimo, appare e scompare, con lame di luce, brillii e riflessi inconfondibili, sul piatto orizzonte. Non fosse per qualche torre jesolana, disegnata dalle Archistar.