BUDAPEST
SANDOR MARAI
Sandor Marai lo conoscevo per un libretto La Recita di Bolzano che raccontava del veneziano Casanova (originale). Poi, nel 2004 la collega Stefania mi regala Le Braci, un piccolo capolavoro. Da lì, vorace, mi leggo quasi tutto Marai: alcuni romanzi sarebbero perfetti se avessero avuto un editor (sì, servono anche ai maestri e bisogna togliere togliere togliere), altri sono dei saggi sulla borghesia ungherese, altri veri gioiellini (novelle più che romanzi), e gareggiano con i grandi mitteleuropei Kundera, Schnitzler, Zweig, Walser, per non scomodare Mann e Kafka. Va poi ricordato che il genio assoluto di Konrad nacque da quelle parti (in Polonia, adesso Ucraina), anche se lui scelse di scrivere in inglese (come Kundera in francese). Quando dico che Praga dovrebbe essere la nuova capitale d’Europa (che includa la Russia) dico anche questo: lì ci vedo apparato radicale importante per un albero comune; ci vedo incroci di tipi e di storie; magma fertile. In questa “regione europea”, scrivendo questi Giroli, dopo aver toccato altri confini dell’ex URSS (Giroli Polonia, Riga, Tallin, Odessa), confesso che Budapest è la capitale che mi ha coinvolta meno, stupita meno. Un po’ mi spiace, perché è una bella città: ha il suo Danubio, la sua cittadella arroccata, i suoi famosissimi bagni termali, gli eleganti cafè, palazzi nobili e case borghesi, giardini, musei, decori secessionisti, la ceramica di Zsolnay, tutte le versioni del neo-qualcosa ottocentesco, i musei pieni di arte italiana. Ma si sa che tutto è relativo, acci. Dopo il fiume dorato di Praga, la Secessione Viennese di Wagner e Klimt, la contemporaneità mordente di Francoforte e Berlino: povera Budapest, mi genera un affettuoso boh. Azzardo nel paragonarla a Dresda? Non mi sento di metterla con “le slave”: Ljubljana (una chicca ma minuscola) o Zagreb (capitale modesta) e ricordo quasi nulla di Sofia e Belgrado (attraversate nel 1972 andando a Istanbul, con gli zii). Certo non può competere, nel mio cuore, col fascino di Odessa. La tengo lì, sospesa, in un limbo centrorientale, fuori dal paradiso delle città imperdibili. Ne ho conferma dalle poche fotografie (nemmeno 100 in 4 giorni!!, ne ho di più di Rosazza Girolo); ho messo pochi cuoricini sulla TCI verde Ungheria, non ho comperato Guide in loco, mancano i biglietti di musei (tutti in restauro, acci) o scontrini di ristoranti indimenticabili. Per un po’ ho avuto due tovaglioli di carta con gli elefanti del Gundel (vedi di seguito). Ricordo, anzi, qualche delusione: di aver camminato tanto per raggiungere un sito segnalato e poi aver detto boh, come al Bastione dei Pescatori assolutamente ricostruito e per niente bello. Hanno ragione Susi e Nicola, suoceri di una giovane ungherese che vive ad Edimburgo: a Budapest bisogna immergersi nelle piscine termali e, dopo, si vede tutto in un altro modo. Noi abbiamo mancato questo essenziale rito e ne portiamo le conseguenze. Invece di bagni caldi, mi sono immersa in Marai, di cui mi ero portata parecchi libri (una eccezione, quando viaggio): Truciolo, l’Eredità di Eszter, Un divorzio a Buda, La sorella. Li ho sfogliati o riletti, nel nostro albergo (Art’Hotel, oggi diventato Danube Novotel): altro segno che girolare per la città non ci ha soddisfatti come doveva. Tutta la città è piena di manifesti con Soros, ebreo budapestino e finanziere globale, che patrocina con le sue Fondazioni e Università i democratici locali. Invece vince e rivince Orban, non so se c’entri con il fascino della Capitale d’Ungheria.
ALLA SCOPERTA DI:
UNA LETTERA DA BUDA (MIA)
Potrebbe essere un titolo di Marai e invece riguarda proprio me. Ero passata a Budapest nel famoso Girolo del 1972 (Praga, Vienna): memorie sfocate, finché DOPO il viaggio a Budapest ritrovo a Biella una mia lettera, scritta ai genitori, proprio da lì: carta posta-aerea azzurra e bellissimo francobollo della Magyar Posta. Scrivo da un Hotel Budapest (allora modernissimo e sovietico), dico che la città è bellissima e a volte squallida; sono belli i ponti e le statue, le acque termali e i sanatori, parchi coi laghetti e S.Mattia che è un po’ turca (vero). La lettera, soprattutto, fa chiarezza sull’incontro al ristorante con la coppia di Hong Kong, mangiamo funghi con molte salse e prosciutto con le radici. Oggi ricostruisco che potevamo essere da Zaseves Etterem, con un portone ornato di telamoni, e le orchestrine tzigane. Scrivo anche che Vienna non mi è piaciuta perché pioveva, però all’aeroporto c’era cioccolata svizzera e anche Elsa Martinelli con Willy Rizzo (indossatrice e fotografo delle dive). Invece, scrivo ancora, l’aeroporto di Budapest sembra una fabbrica del Biellese e i russi hanno le pistole. Santa pace: sono le memorie di una ragazzina che aveva la testa altrove, provocatoria e anticonformista, con qualche guizzo da travel writer: gli ungheresi sono vestiti come 20 anni fa; mangiare costa pochissimo 400-500 lire, solo i turisti pagano 2.000; le camere del Budapest hanno tutte il telefono e due cuscini per letto, la Tv a colori. È passato mezzo secolo e nel 2018, nella città vecchia di Buda, apprezzo la Fortuna Uliça e Capistran che non ricordavo affatto (rifatte?): la Guida TCI parla di graziosa borgata barocca, d’accordo. Percorriamo Varhegy, per dentro e per fuori (belvedere), ma non entriamo a Varpalota che comunque è tutto rifatto e destinato ad eventi e congressi; una piccola parte ospita la Galleria Nazionale Ungherese che non visitiamo, riservandoci per il Museo delle Belle Arti a Pest (zeppo di cose nostre). Faccio un salto da Buda a Pest, grazie alla statua equestre di Santo Stefano a Varhegy e ai cavalli degli Eroi nella omonima Piazza (segnalata dalla Guida): lì ci sarebbe il Museo da non perdere, MA è chiusissimo per ristrutturazione. Mannaggia. Anche il Museo delle Arti Applicate, con le ceramiche pirogranitiche di Zsolnay è sepolto da impalcature per restauri: emergono a malapena i tetti smaltati, a cupole. Dovremo andare in quello di Pécs (al rientro in Italia), per scoprire questa particolare ceramica, con colature di minerali luccicanti (eosina?). Ignoravo la produzione di Zsolnay ed è sempre bene imparare: si tratta di un modernariato singolare, forse Deco, forse Secese, vai a sapere come gli ungheresi hanno chiamato questo periodo. Tornata a casa, sul web, mi faccio una full immersion nel modernariato ungherese. Originale ma pesante e spero che il nuovo Museo sappia fare un allestimento straordinario per metterlo in valore. Forse di Budapest mi rimane la sensazione di una capitale che non ha ancora trovato la chiave di volta per proporsi all’Europa o forse è combattuta, nel magma delle proprie culture. Ai tempi dell’Austria-Ungheria, la capitale indiscussa era Vienna mentre Budapest era divisa (due cittadine divise dal Danubio): forse risentirà per sempre di questa inferiorità. Praga, invece, era regina della sua Boemia, e regina rimane anche nella minuscola Cechia.
la città è bellissima e a volte squallida; sono belli i ponti e le statue, le acque termali e i sanatori, parchi coi laghetti e S.Mattia che è un po’ turca
MAGMA UNGHERESE
Neogotico è il palazzo del Parlamento, proprio di fronte al nostro Novotel, sulla riva del Danubio: suggestivo di notte e icona della capitale, ma insomma. Vi propongono una crociera sul Danubio, Budapest notturna, con i propri highlight luminescenti, da cartolina: noi niente. Anche la piazza alle spalle del Parlamento non è speciale, un crocevia di tram, come qualcuna a Varsavia. La più elegante di Pest è Vorosmarty Ter, mi ricorda Dresda: un po’ barocca (rifatta?), un po’ secese, dà adito a due o tre vie centrali di negozi e cafè e alle banchine lungo Danubio. Nulla a che spartire con la magia della Vltava di Praga, a Vysehrad. Camminiamo lungo fiume, ostinati, alla ricerca di facciate, fino al Ponte (della Libertà?) che porta da Gellert un hotel secese troppo ristrutturato (reso un po’ qualunque). Bisognerebbe scendere nelle sue piscine termali, tra le più celebri e fotografate di Buda (andate a vederle sul web): ma io mi limito alle toilette dell’ingresso che sono qualunque. Sulla sponda di Pest troviamo una zona rigenerata, non indicata dal TCI, dove vecchi depositi fluviali, con interventi vetro-e-acciaio, rimandano ai dock delle capitali europee, ma senza troppa convinzione. Ho scoperto solo ora (2024) un sito onthegrid.city che offre giroli in diversi quartieri di capitali europee: c’è anche Budapest con Bàlna che è questo rinnovo urbano sul Danubio. E’ giusto segnalarlo, per riconsiderare Pest. Di varie pasticcerie segnalate, come Gerbeaud (dove le torte sono ridondanti e paesane), ci piace soltanto Gundel, che esibisce una certa raffinatezza nei dolci, mentre l’arredo non ce l’ha gerbeaud.hu gundel.hu. Sta di fianco all’entrata del Giardino Zoologico e Botanico. Oggi Gundel è straordinariamente riforbito, ha un sito strepitoso e un ristorante chic. Mi faccio l’idea che, dopo il 2018, Budapest si sia rifatta molto il maquillage, probabilmente con i soldi UE. Non ricordo le nostre cene, soltanto qualche bicchiere di tokai in giro in giro: certamente abbiamo mangiato il gulash, ci mancherebbe, anche se la zia di Stefano lo faceva al modo ‘striaco (e ancora una volta vince Vienna!). Per essere bastian cuntrari, siamo spesso rimasti a Buda, invece che calcare le zone turistiche di Pest: vicino al Novotel, sul Bam Rakpart, c’erano un simpatico sorozo (pub) (Belgian Brasserie) e un vendeglò (trattoria) molto popolare: prezzi e piatti onesti (forse two wurst with a little mostarda! Girolo Berlino). Sento di fare un torto a Budapest, con il mio racconto, e mi rincresce; Sandor Marai va letto comunque e se ci andate passate ore nelle terme! Nel rientro, tralasciamo il Balaton (non riesco a trovare, col cellulare, un hotel che mi ispiri e non sia carissimo) e puntiamo su Pécs, verso il confine Croato. La cittadina è graziosa, bella Piazza restauratissima: ci conforta con tre sorprese, un Museo Vasarely (artista che qui è nato), un Museo Zsolnay (aperto!) e una coppia musulmana, Moschea Belvarosi e Jakov Ali hassan. Ecco il magma delle radici ungheresi: siamo già in odore turchesco. Secondo la Guida verde del TCI, la Cattedrale di Peçs è la più pregevole d’Ungheria: può darsi ma è neo-romanico di fine Ottocento (sig). Anche se il sito è antico (paleocristiano), le vicende del duomo sono annose (gotico, moschea, barocco, neoclassico) e l’attuale versione un “vero falso medioevale”, come si usava a fine secolo XIX. Della coppia musulmana, la Belvarosi non è bella né fuori né dentro, anche se documenta una comunità credente attuale; la minuscola Jakovali è deliziosa (è diventata un Museo). Siamo in un limbo centrorientale: Ungheria in mezzo all’Europa, ma zavorrata a sudest. Torniamo nella parte austriaca dell’Impero (austro-ungarico): Graz, ultima tappa del Girolo, cancella ogni delusione con la migliore Wiener Schnitzel mai mangiata: al Landhaus Keller, un ristorante di super lusso, che merita. Secondo il decalogo della Girolona, a Budapest dovrei ritornare per cambiare idea.