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DAR DA BERE ALLA SERENISSIMA

Hinc potus urbis: la scritta indica che dal canale Seriola proveniva l’acqua per la Serenissima Venezia. Oggi, camminare lungo la Seriola, poco più di una roggia, non ha nulla di storico ed emozionante; inoltre la via che la costeggia è stretta e bisogna percorrerla facendo attenzione alle auto. Molto più storica ed affascinante è la “parallela” alla via Seriola, denominata Brenta Bassa e poi Riviera Tito, tra Dolo e Mira (e viceversa). Perché, su quel tracciato, siete davvero immersi nel paesaggio delle Ville Venete: le avete di fianco e le rimirate oltre Naviglio Brenta, sulla strada Regionale n.11, Padova-Venezia (e viceversa). Soprattutto nei mesi di clausura per Covid19, si era soli per lunghi tratti, con le ville e con le loro pertinenze rustiche, i Casini (che sono ville più piccole, spesso senza ali o adiacenze), gli Oratori, barchesse, depositi, giardini e quel che resta di corti e di parchi. Alle automobili, comunque, bisogna prestare attenzione nonostante i dissuasori che farebbero di questa strada una di quelle a km 30. A piedi non trovate quasi nessuno e in bicicletta solo la domenica. L’anello Dolo via Matteotti, Ponte del Vaso, Brenta Bassa, Riviera Tito, Mira Taglio, Naviglio Nuovissimo, via Seriola, ponte del Vaso, Dolo è un classico delle camminate lungo il Brenta, consigliato in quasi tutte le Guide, con ogni mezzo. Io l’ho fatto tante volte, in bici e a piedi. Naturalmente la Clausura ha reso particolarmente appetibile questo girolo, perché comincia e finisce fuori casa mia (all’hotel ristorante Villa Goetzen) e, se ne fate solo un pezzo, potevo rimanere dentro il comune di Dolo, rispettando alla lettera le limitazioni. Il punto di rottura è via Carrezzioi, di fianco alla Villa Brusoni Scalella, che congiunge la Riviera Tito alla Via Seriola. Andiamo.

ALLA SCOPERTA DI:

DAL MACELLO A VILLA ANGELI

Vicino a casa nostra, di fronte al Deposito degli autobus ACTV (I Draghi Arancioni), hanno aperto una Pasticceria di notevole pregio, Rigon, che anche durante la pandemia poteva vendere per asporto e vale la pena: friitole di Carnevale, colombe di Pasqua e ogni altro dolce in ogni altra occasione, o senza. In particolare la crema chantilly è superba. Dal cortile della Pasticceria, con un ponte di legno sul ramo di Brenta che confluisce nel Naviglio (quello del Burchiello), si arriva all’ex Macello di Dolo, ora sede comunale, per mostre ed eventi. Un edificio con colonnato, ben tenuto e che, nel corso degli anni ha vissuto esperienze notevoli, come la Scuola di Jazz Thelonius Monk, dei fratelli Tonolo e Maurizio Bicio Caldura theloniusmonk.it. Da casa nostra, la sera, si potevano gradire le prove della Scuola e se avevi voglia potevi andarci a piedi in cinque minuti e goderti le jam session. Per me, nipote di Jaco Perry Miglietti, batterista tra i fondatori del Jazz Club Biella, era qualcosa. Passato il Macello, si costeggia il Naviglio fino al Ponte del Vaso, che adesso ha una nuova passerella pedonale. Si percorre l’altra sponda, intitolata a Vego Scocco, e si può scegliere: imboccare subito via Seriola o, invece, proseguire con una curva e seguire la via Brenta Bassa, cosa che facciamo in questo girolo e ci teniamo la Seriola per il ritorno. Passate poche case moderne e qualche capannone di Dolo, alla successiva curva si entra nello scenario delle Ville e loro adiacenze. Quasi sempre ci sono cantieri, che recuperano parti di villa per uso abitativo: in questo ultimo anno ho fotografato lavori in corso in quella che, secondo il catalogo del Mazzotti potrebbe essere Villa Someda. I primi due scorci sono già una scenografia del tempo che fu: a destra la Someda in restauro; all’orizzonte, la facciata posteriore della Villa Angeli Ferretti, di Vincenzo Scamozzi, con le sue barchesse e pertinenze. È una villa preziosa, anche se non adeguatamente nota, utilizzata da tempo come sede scolastica (prima del Liceo e poi di Corsi Professionali). Vi rimando a Elena Bassi, che la presenta tra le Ville notevoli della provincia, insieme alla Malcontenta di Palladio e alla Pisani di Strà: la Bassi è una che sa. La Angeli ha un parco abbastanza vasto e abbastanza bello, cui si accede dal cancello su via Brenta Bassa; un tempo si accedeva anche dalla Strada Regionale 11, a cento metri dalla Pasticceria Rigon. Mi è capitato parecchie volte di andarmene a Villa Angeli per quella via e poter passeggiare in perfetta solitudine (a scuola chiusa), come se il parco fosse mio. Oppure ci portavo a spasso i bambini che venivano a trovarci a Dolo: è stato su quel ponte che il piccolo Francesco, guardando i cartelli Padova-Venezia piantati in acqua, mi ha chiesto, serissimo, se le anatre sanno leggere. Nelle barchesse Angeli, da molti anni, sono stati ricavati appartamenti e nella parte finale, subito prima di un’altra Villa minore (forse è la Baldan), restaurata e abitata, si trova il Centro Sociale Il Portico. L’ala di pertinenze più rustica (verso Dolo) è ugualmente abitata ma meno restaurata (o in degrado) ed il piccolo Oratorio meriterebbe qualche intervento tempestivo. Devo citare un libro prezioso di Massimo Tamblè, del 1999: L’oratorio della Villa Veneta: leggere le diverse dimore di Dolo e Mira, attraverso questi annessi religiosi è davvero alternativo ed originale, anche se pochissimi sono visitabili. L’atmosfera, in questo tratto di strada, è quella del tempo che fu (automobili parcheggiate a parte). Lasciando il compendio Angeli-Ferretti la via Brenta Bassa sembra quasi un viale privato, interno alle proprietà di villa (lo era?), il quale ha sullo sfondo un’altra riga di case venete, bianche. Bella vista. Sul ciglio della strada molti ranuncoli, soffioni di tarassaco, borse di pastore, silene e senecio, margherite. Oltre il ciglio, i campi, di un verde brillante, che sembra pettinato col gel, guardano verso la Seriola e presto li vedremo dalla parte opposta.

QUINTE TEATRALI

Nella fila di case bianche, accanto ad un paio di ville restaurate e abitate in appartamenti, (una di queste, della famiglia Velluti, si affaccia con un prato sulla sponda del Naviglio), troviamo una delle casette di Dolo, come in via Buonarroti e in via Dauli, residui deI secoli poveri, dopo che la Serenissima era decaduta. In mezz’oretta di passeggio fotografico, arriviamo al primo bivio: a destra la strada per Sambruson, la via Badoera che ci porterebbe alla Seriola, a sinistra verso la Regionale 11 (tramite ponte sul Naviglio), nella zona di Dolo che si chiama Ca’ Tron, da un Palazzo Tron ora scomparso e sostituito da ville minori. Proseguiamo quasi dritto, rimanendo sul lato destro dell’acqua, e prendiamo la Riviera Ettore Tito. Al quadrivio affacciano la Villa Badoer Fattoretto, monumentale e con parco, la Villa Renosto Gottardo molto rimaneggiata: ha un colonnato a piano terra, insolita cedraia ed una bella terrazza al piano primo. Pare potesse essere parte della proprietà Badoer (via Badoera ci dice qualcosa) e che ad essa appartenesse anche l’Oratorio. Basterebbe questo addensamento, ma la parte da leone la fa l’altra sponda del Naviglio (riva sinistra) che vi offre una vera visione d’epoca, quinta teatrale biancheggiante in mezzo al verde. Quello che ha resistito all’ultimo Tornado del 2015, perché la Villa Fini, con le sue barchesse ed Oratorio non ce l’ha fatta. Entriamo infatti nell’area più colpita, a Dolo, e in alcuni tratti si percepisce ancora un effetto di “raso al suolo”, da bombardamento. Quello che vediamo oltre Naviglio fa un po’ bene e un po’ male: l’infilata di Villa Rocca Ciceri (di fine Ottocento, ora hotel villa Ducale) col suo bellissimo Oratorio, anteriore e probabilmente appartenuto ai tre Casini Andreucci, dei quali solo uno è sopravvissuto, delizioso. Si vedono anche Villa Grimani ed un Palazzo Molin molto articolato, a formare una quinta teatrale d’effetto, bianca ed elegante. Di tutt’altro colore è la quinta che abbiamo alla destra, sulla riva destra del Naviglio: l’infilata di una Villa Tito e di una Villa Avogadro Velluti. E’ una scenografia grigio scuro, marezzata da piante rampicanti che ci sono o ci sono state e dai muschi. Ci dobbiamo consolare che questi due edifici, con un vasto parco romantico alle spalle, non abbiano patito troppo il Tornado. In verità, da diversi decenni, necessitano di un radicale restauro che nessuno intraprende. Diciamo chi erano Tito e Velluti: il primo un pittore verista del tardo Ottocento, appartenente alla scuola veneta che ha immortalato Venezia e le sue campagne quando entrarono a far parte del Regno d’Italia; il secondo un soprano arrivato a Venezia, dalle Marche, “evirato cantore” del tardo Settecento.  

Quando noi siamo arrivati ad abitare a Dolo, questo compendio di Ville era il mio prediletto, perché davanti a loro, sul bordo del Naviglio, dimoravano alcune statue muliebri, (leggo che siano state 12 e rappresentassero i mesi): rovinate ma bellissime. Io le chiamavo le signorine della Brenta e ritengo una fortuna averle fotografate, sullo sfondo di una barchessa ad archi rossi, risucchiata dal Tornado. Le signorine furono tolte quasi subito, a metà anni Ottanta e messe in un ambiente protetto in attesa di un restauro, chissà quando. Ho letto che venivano, a loro volta, da un’altra Villa di Camponogara: destinate a girolare, poverette, portando i loro deliziosi canestri di frutta e fiori, in pietra tenera, come loro stesse. Dentro Villa Velluti, negli anni, ho visto diversi spettacoli del Festival delle Ville, organizzato dalla Moby Dick, cooperativa mai abbastanza rimpianta per il teatro di alta qualità che ha saputo portare nei nostri “piccoli paesi di provincia”.

LA SERIOLA DELLA REPUBBLICA

Si lascia questo scenario speciale e si procede per la Riviera Tito, che continua a regalarci scorci del Naviglio e della sponda opposta. Vediamo una vecchia fornace (di mattoni) straordinariamente sventrata dal Tornado (la rivedremo dalla Seriola con le carcasse dei capannoni), case che sono state rimesse in sesto tra il 2015 ed oggi, per fortuna. Qualche altro campo che si apre largo e verde, verso la Seriola; altre case più modeste ma che non stonano. Quindi si riapre la prospettiva di un viale e, in fondo alla curva, compare la Villa Brusoni Scalella, un compendio molto imponente, con un Oratorio del tardo Seicento (la villa è posteriore) ed un importante parco privato. Massimo Tamblè ci fa vedere l’interno dell’Oratorio, una gemma, con una “rara cantoria”  a soppalco, che doveva essere affrescata. Finalmente nel compendio è iniziato qualche lavoro di restauro. Ed è qui, sul fianco della Scalella, di fronte al Palazzetto Parth (ottocentesco) che deviamo verso la Seriola, per via Carrezzioi. Dopo questo punto ci sarebbero altre ville importanti lungo Riviera Tito, verso Mira, la Alberti (un hotel) e la Selvatico Granata (privata), ma rischierei di sconfinare. Fotografo una magnifica magnolia japonica vicino all’Oratorio Brusoni e procedo per la Carrezzioi. La deviazione a destra per via Seriola arriva quasi subito e la prospettiva è esattamente quella caratteristica di questo tratto: il piccolo canale a destra; oltre il canale campi apertissimi in questa stagione verde smaltato; in fondo, le case e le ville della Riviera Tito, che la prospettiva schiaccia in unica quinta teatrale, insieme a quelle oltre Naviglio, la Grimani e le altre. La mole della Badoer Fattoretto, vista dal lato B, rarefatta nella luce del mezzogiorno (è un Marzo troppo estivo), è quasi un miraggio, in mezzo alla campagna. Accade sempre che su questi campi si alzino in volo delle garzette, come virgole bianche sul bruno, dopo essersi lavate nella Seriola o averci bevuto o mangiato. Volano a posarsi sui fili della luce, in alto, scrollando le piume come ballerine di fila. Ne ho fotografata una a Novembre 2020, che era un puntino bianco nella terra scura, poi è volata contro gli alberi rosso fuoco dell’estate di San Martino, sentendosi un gabbiano reale. Infine si è ingessata sui fili intrecciati, come un ibis egiziano. Sotto, per effetto della clausura, persino lo scolo nella Seriola buttava acqua cristallina. Adesso, tornando verso il Macello, raccolgo i fiori lungo la riva del Naviglio (via Trento): ranuncoli, ma anche consolida maggiore (una specie di borragine) e l’ornitogallo, detto Stella di Betlemme (!) o più prosaicamente latte di gallina, una specie di giglio selvatico, bianco e profumatissimo e la Acetosella che fa i suoi tappetini di trifoglio. 

Life can be so sweet, on the sunny side of the street.

BILLIE HOLLIDAY