BLU MADONNA DI OROPA
OROPA D’ANTAN
Sembra quasi tautologico dedicare una Icona alla Madonna. Girolo ad Oropa, Santuario della Madonna bruna, in Comune di Biella, per mano a ricordi: ci sono stata un centinaio di volte e prima di me genitori, nonni e bisnonni. Per i biellesi, Oropa è un luogo sacro, oltre che per la devozione mariana anche per cose molto terrene, come le camminate in montagna, le arrampicate e lo sci; per la polenta cunscia, cibo e rito quasi mitici; per il Cimitero Monumentale dove molte Famiglie locali hanno le loro “eterne dimore”.
Comincerò con le fotografie del secolo scorso, non mie, perché dovevo ancora essere pensata.
Sullo sfondo del cantiere della nuova Basilica, posano in gruppo i miei bisnonni Squillario, Natale e Filippina nata Maggia, con la loro primogenita Concetta e il di lei marito Piero Sola detto Figurin per la sua eleganza. Sono tutti “in tiro”, perché erano in visita alla Regina d’Oropa: i maschi con il loro miglior Borsalino e la giovane Concetta con un cappello alla moda. Solo la bisnonna Ninin resta dimessa, col proprio fazzoletto in testa, da “contadina”, sebbene moglie di un Possidente. Da solo, invece, posa il figlio più piccolo di Natale e Filippina, Angelo detto Gilin d’Or, angiolino dorato. Il mio prozio è vissuto poco (fino a 32 anni) ma si è dato un gran daffare con le donne e la bella vita: noleggiava autovetture, faceva l’arbitro di Calcio, frequentava l’Opera e le Fiere di Architettura, rappresentando la Fornace di Famiglia. Anche lui col Borsalino, il cravattino mozzo di gran moda, il bastone da passeggio e una sigaretta sempre pendente dalle labbra, sguardo spavaldo del seduttore. L’anno è il 1905. Si dice ancora, nel biellese, tamme la giesa ‘dl’Urupa, per dire una cosa che non arriva mai alla conclusione.
Il cantiere è durato oltre mezzo secolo, ben oltre la vita dei bisnonni, dei nonni e anche per larga parte di quella dei miei genitori. I quali sono fotografati, ridenti, sulla scalinata che sale alla Porta Reale, dal cortile Inferiore al chiostro Superiore: lì stanno la Basilica Antica e la fontana detta Burnel. L’anno è il 1940 o poco prima. Nel 2021 ho fotografato la stessa scala, una icona senza tempo. Nel 2020 sarebbero stati 500 anni dalla Incoronazione della Madonna Bruna, ma per la Pandemia tutto è stato spostato al 2021: festeggiamenti adeguati e pellegrini a fiumi. Lei, la Madonna, vede passare secoli di biellesi, mode, storie, passioni, dolori e rimane lì con la sua effige piccolina e il suo carisma grandissimo.
ALLA SCOPERTA DI:
BLU MADONNA
Approfitto per dire che il complesso del Santuario seicentesco, che vanta architetti piemontesi celebri come Juvarra e Guarini, mi piace moltissimo, in particolare la Basilica antica, che conserva l’alpino rigore, senza nulla concedere a decori barocchi. La Vergine venuta dall’Oriente stava tanto bene da non volersi trasferire nella basilica Nuova (quella dietro ai bisnonni). Leggenda vuole che, ogni volta, si opponesse al trasferimento, diventando pesantissima per qualunque squadra di nerboruti traslocatori. Infatti è ancora lì, nel suo primitivo sacello, dorata e rassicurante. E, udite udite, dopo l’esposizione nella Basilica Nuova, per i 500 anni, farà ritorno alla sua dimora antica! Sul Santuario troverete davvero qualunque cosa, nei libri, online e nei racconti dei biellesi. Non oserei mai competere. Il sito santuariodioropa.it è perfetto (piacerebbe anche a Lei).
La terza foto d’antan, sarà del 1921 è un gruppo di famiglia, davanti al Ristorante che non posso non raccomandarvi, perché la polenta cunscia ad Oropa si mangia bene in diversi posti (Canalsecco, Valfrè, Fornace, Vittino) ma io adoro sedermi nel portico vetrato della Croce Bianca e dopo una zuppiera di cunscia, gustare la selezione di porcini. Nella foto, in posa, ci sono i nonni, Giuseppina figlia di Natale e Filippina, con mia madre Giò neonata e la mitica Zia Maria, la gemella di Concetta, così brutta da sembrare un maschio travestito, ma di eleganza sopraffina, con copricapo a la page, stivaletti abbottonati, pochette e stola di seta abbinata col soprabito estivo. Lei, del resto, aveva fatto un voto alla Madonna d’Oropa: si sarebbe vestita completamente di blu, come l’abito della statua, se avesse avuto la grazia di un segretissimo auspicio. Esaudita, si fece tingere calze, biancheria, pelle delle scarpe, cinture, borsette, guanti, collo di pelliccia, senza dire dei vestiti e delle sciarpe. Arrivò un giorno, in total blu madonna, a Torino Porta Susa: sua sorella gemella Concetta, che era venuta a prenderla con l’autista, gli ordinò di tornare senz’altro a casa, rifiutandosi di farla salire, vestita a quel modo (poteva essere il 1930). Come avete capito, con Zie e Zii che ho avuto (Girolo Francia del Sud), il romanzo è dentro di me, come natura.
LA BELLA ADDORMENTATA
Il Santuario comprende, oltre alle due Basiliche, ai due cortili, vari edifici pertinenti ed il cosiddetto Sacro Monte, con le 12 Cappelle che segnano varie stazioni della vita della Vergine, illustrandole con statue di terracotta dipinta. Confesso che non ho mai visitato le cappelle di Oropa: il Girolo del Sacro Monte lo lascio ai fedeli: io vedo ogni volta con affetto il Prato antistante il Santuario (attorno al quale si parcheggia) e dai cui parte la strada che va al Cimitero, verso il Tracciolino (cioè a Bagneri, Girolo Le mie passioni). Su quel Prato, detto delle oche, anche se spesso ci sono le mucche, sono passata per la prima volta dalla slitta agli sci. Su un lato del Prato è parcheggiata una vettura del Tram Biella Oropa, linea storica che ha smesso di funzionare da tempo e saliva attraverso Biella Cossila, Favaro e Oropa Bagni.
Dal Prato delle Oche prendiamo la strada che, costeggiando l’esterno del Santuario, sale verso la Funivia. Quando venne inaugurata, negli anni Sessanta, fu l’inizio di una epopea per lo sci biellese (una bella Mostra è stata fatta nel 2018 al Museo del Territorio museodelterritorio.biella.it comune.biella.it). Con questo impianto di risalita arriverete, se volete, al Mucrone, monte icona dei Biellesi. Dicono che visto da lontano possa ricordare una donna dormiente: personalmente ho dovuto sforzarmi alquanto per vedere un viso, i capelli lunghissimi sul lato sinistro, il profilo del seno, forse un braccio lungo il fianco e la mano sul grembo. Boh. The sleeping beauty, la bella addormentata, è il nome di varie montagne in giro in giro, negli Andirondack (USA) o alle Filippine: può darsi che si voglia appartenere ad una famiglia globale. Io preferisco pensare che mucrone è un termine vegetale, che indica una punta (si dice foglia mucronata): mi sembra più adatto al personaggio e ai caratteri del Biellese. Quando arrivo alla stazione della funivia, c’è l’Albergo Savoia, ormai in condizioni di Degrado angosciante, con l’unica parte agibile dedicata al bar ristorante. Brevissima camminata (che riesce a fare anche il gatto di marmo) e raggiungo il Lago del Mucrone, immortalato dal pittore pollonese Lorenzo Delleani. Siete dentro un santuario della biellesità.
Al Mucrone, ci sono stata decine di volte, forzata a sciare dalla mia famiglia sportiva, messa nelle mani di una grandissima Maestra, Giovanna Ramella, la quale sostiene che chiunque impara a sciare al Mucrone, può sciare in qualunque parte del mondo. All’epoca avevo un paio di sci biellesi doc, marca Victor Tua Ski, di legno rosso fiamma, rigati di bianco. Nel 1968, per palesare tutto il mio ardore ribelle, li ho bruciati, non ho mai più sciato. Al Mucrone sono tornata dopo mezzo secolo, nel 2018, in girolo solitario: ho messo i piedi nell’acqua gelata del torrente Oropa, ho assorbito lo scenario che mio padre Toio aveva eletto a proprio buen ritiro; qualcosa ho capito del suo rifugio, così in alto, lontano dalla città degli uomini che brulicava in basso, sotto un mare di nubi. Nella foto il Toio ha alle spalle i suoi sci biellesi doc, marca Ski Sises.
Per salire ancora più in alto, ci sono sentieri e arrampicate, che lui conosceva in ogni piega ed io nemmeno lontanamente considero. Però un po’ mi sono pacificata. L’acqua dell’Oropa mi è piaciuta così tanto che sono andata a cercarla anche a valle, nella frazione di Pralungo che si chiama proprio Valle, luogo fuori dal tempo. Scesa dal Mucrone, sotto i portici del Santuario, anche se è estate, ci sta bene una cioccolata calda al Bar Deiro. Perché ad Oropa, anche quando nella città degli uomini in basso c’è un’afa insopportabile, l’aria scende dalla montagna vivace o prepotente. Nel 2017 Stefano ed io abbiamo dormito qualche notte nelle camere dell’Ospizio e abbiamo sempre avuto voglia della coperta sul letto: bella esperienza, consigliabile. Se ho ben capito gli arredi sono tutti donazioni fatte al Santuario dai fedeli: ci sono mobili belli o soltanto vecchi, non molto diverso da quello che è rimasto nelle case dei nostri nonni e bisnonni. Chiudo con poche righe del Toio, del 1979.
Se il tempo impazzito mi darà ancora una giornata di sole andrò ad ascoltare i miei sci che cantano uno strascicato slow sulla pista immacolata della Busancano.
Tra le rocce, le nebbie stracciano i loro vestiti. Magari a Milano sono immersi nella nebbia umida e fitta.
Sant’Ambrogio non sarà il nostro protettore ma ci ha regalato una giornata che a dicembre è una illusione.
Salire nel tardo pomeriggio la mulattiera che porta al Lago sbucare dalla nebbia nell’azzurro di un mare di luce e di pace.
Sul dolce crinale che chiude il vallone della Viona le nebbie vengono sconfitte dal sole.
É un Inno alla gioia. Il coro che lo canta si adagia nell’immacolato anfiteatro che corre dalle estreme pendici del Mombarone sino all’altro Monte Barone di Coggiola.