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IN PRINCIPIO ERA EUNATE

Anno 1994, Spagna in bianco e nero. Al principio di tutto la foto di Santa Maria di Eunate, una chiesa che più isolata non si può: tappa del Camino Asturiano, che porta a Santiago de Compostela. Un luogo magico o mistico, se preferite. Abbiamo appena scavallato i Pirenei a St. Jean Pied de Port (vicino a Roncisvalle e a Pau). La prima foto in bianco e nero del rullino (!!) è una chambre d’hote che non può che essere francese: aria antiquata, letto Carlo X a barca col baldacchino, tendaggi, ampiezze impensabili per un hotel: era una di quelle maison-chateau disperse tra i campi, insospettabili (Girolo Bretagna). Dopo Eunate, il bianco e nero documenta il severissimo romanico della Navarra e dei Paesi Baschi: Puente la Reina, Santillana, Villaviciosa. Così austero l’ho ritrovato solo attorno ad Andorra (Girolo Andorra), c’è qualcosa di pirenaico che lo assimila (la Seu d’Urgell, ad esempio). Ma noi non possiamo non inoltrarci tra le montagne basche, fino a Guernika: è il nostro camino laico. L’estate del 1994 soffrivo (unico episodio nella vita) di un terribile mal di schiena: viaggiavo sdraiata sui sedili posteriori di pessimo umore. “Dovevamo venire fin qui -dicevo- per trovare le prealpi biellesi?!”, mi pareva di essere a Camandona o a Netro. Nelle foto c’è anche un hòrreo, il tipico granaio su pilotis che ricorda gli chalet della Val d’Ayas. Ignoravo, nel 1994, che a Balmaseda, luogo basco come Guernika, si svolge una Passione di Cristo, con 500 figuranti locali, come a Sordevolo (Girolo). Poi, scendendo per la Navarra, il paesaggio si allarga e addolcisce: arrivammo a Burgos dove cominciai a sentirmi meglio. Vi ho già detto della Spagna adentro, nel Girolo Lo Espagnol 1. Ciò che ci aveva colpito maggiormente negli anni Novanta erano i soportal, case a sbalzo, in fila, rette da colonne talmente sottili da sembrare che crollino, talvolta il legno è eroso dal tempo o il capitello è ridotto ad un mozzicone. Attorno alla plaza mayor, di solito, c’era l’osteria di paese e poco altro. Spesso erano invase dai caminanti di Santiago, gruppi di ragazzetti/e con accompagnatori/rici. Sostavano zaini a terra, facevano ginnastica o balletti, cantavano, si ristoravano: popolavano quelle piazze altrimenti deserte. Su qualche seggiola impagliata o gradino, pochi uomini e donne intente al ricamo: atmosfera che ho ritrovato solo in Abruzzo.  

ALLA SCOPERTA DI:

RITORNO IN BIZKAIA

Ovviamente dovevo ai Paesi Baschi una seconda chance. Soprattutto volevo andare sulla costa: eravamo stati in Francia, oltre Hossegor (spiaggia dannunziana) e fino a Bayonne (già luogo di frontiera); forse Pamplona, ma giusto un attimo. E, poi, c’era Bilbao che, dopo il nostro girolo del 1994, era assurta alle cronache globali per l’intervento di Frank O’Ghery al Guggenheim. Mi piacerebbe dilungarmi su quell’intervento di recupero urbano, ad Abandoibarra: uno dei meglio riusciti del mondo, quanto a capacità di attrazione. Penso io che il Governo Spagnolo, per contenere il separatismo basco e i rischi devastanti di un crollo industriale, abbia investito l’inverosimile a Bilbao e abbia pilotato investimenti privati straordinari (chissà in quale congiunzione astrale internazionale è nato tutto questo). Fu una sorpresa, nel 2005 scoprire che, oltre l’area dei Musei (ex industrie siderurgiche e aree portuali), Bilbao ha anche un casco antiguo molto piacevole ed è una cittadina vivace ed originale, diversa dalle altre. Siamo arrivati, anche questa volta, dalla Francia (Girolo Duna del Pilat), scendendo da Bordeaux e poi Biarritz, sul golfo di Guascogna che i baschi chiamano Bizkaia. Torniamo a Burgos, che senza il mal di schiena apprezzo infinitamente di più e fotografo come merita. Tornammo anche a Huesca per andare a Casa Fau, tapas imperdibili. Non torniamo a Guernika e, udite udite, ci tratteniamo sulla Costa Basca, contravvenendo alla mia predilezione per la Spagna adentro. MA: gli Euskadi NON sono Spagna (tanto terrorismo qualcosa ci deve aver spiegato). Quanto alla Girolona ho capito da sola che bisogna tornare nei luoghi, più volte, e non fossilizzarsi sui propri stereotipi. Non andiamo a San Sebastian-Donostia e nemmeno a Santander dove ci aveva indirizzato il malandrino di Madrid (girolo Madrid). Invece ci fermiamo a Zumaia: se i Baschi sono come i Biellesi, questa Zumaia (un macchinario per la lana) è sul mare e avrebbe delle magnifiche falesie che noi non vediamo (andate sul web), non so perché. Ci fermiamo in un ristorante da omenassi (Giroli Siviglia), “Kalari”, rustico a tal segno da essere oggi chiuso per sempre.

Ho capito da sola che bisogna tornare nei luoghi, più volte, e non fossilizzarsi sui propri stereotipi

BILBAO

Non voglio essere banalissima e riempirvi di immagini del Guggenheim di Bilbao: qualcuna, per certificare che ci siamo stati davvero. Dentro c’era una istallazione di Richard Serra (morto nel 2024, mentre scrivo): scoperta folgorante di un artista che non conoscevo e che da allora ho sempre amato (Girolo Campus Vitra). Le sue lamine rugginose (labirinti dentro cui cammini), dove potevano stare, se non qui dove si laminava per l’industria. Nel quartiere dei Musei, dove un ponte di Calatrava Zubi-zuri tocca le piscine di Ghery e ogni poco salgono fumi dall’acqua, come in un concerto rock; ci hanno lavorato altre archistar, come Cesar Pelli (quello della Torre Sevilla, Girolo Siviglia). Non lontano, dopo un po’ di foto notturne, abbiamo scoperto un ristorante Tapelia, non da omenassi, dove si mangia una paella squisitissima. In zona ci andiamo ripetutamente, di giorno e di notte, usando l’apposito tram. Ma, la scoperta vera è la vecchia Bilbao, appena fuori dal nostro albergo modernissimo e centrale Petit Palaia Arana, che consiglio (rapporto qualità-prezzo ottimo). Una cittadina atipica (è basca, mica spagnola!), con tanti edifici brutti e tantissimi degradati (la crisi industriale), ma con una atmosfera normale e (nonostante la crisi) animata. Scopriamo bei cafè liberty, come il Boulevard che (pensa tu!) sta per chiudere nel 2006 e riaprirà solo il prossimo 25 aprile 2024. Alcune calli, kalea, sembrano Genova, hanno botteghe qualunque demodé: lì scopriamo Claudio, La feria del Jamon, un posto imperdibile dove affettano a vista e vi portano la carta oleata sul tavolino con pane-e-vino claudiojamones.com. Oggi, in Italia, il Pata Negra è come il Prosecco, ve lo offrono ovunque e tutti fingono di saperlo apprezzare; io NON amo il Jamon in genere (che sia serrano, pata negra, de bellota eccetera): da Claudio assaggio una paleta che è la fine del mondo (è la gamba anteriore del maiale, la spalla), si scioglie in bocca come fosse San Daniele. Dal nostro Hotel vediamo facilmente alcune Chiese e le case alte alte con le verande “terra-cielo”, che prendono più piani (ci sono anche a Burgos). Bisogna pensare che una veranda di Siviglia ripara dalla calura, qui al Nord, ripara dal vento atlantico e dal freddo. Uscendo dall’hotel siamo subito in Plaza Nuova, possiamo andare al Mercato de Ribeira che ancora non sembra invaso di turisti.

GORLIXCO

Uno degli architetti attivi nel rinnovamento di Bilbao è stato Sir Norman Foster che ha lavorato alle stazioni della Metro, tanto che le scale mobili che vi conducono, sono dette Fosteritos fosterandpartners.com : sono tunnel trasparenti che potrebbero richiamare alieni vezzosi o tubi per fare la doccia ai giganti. Subito ne infiliamo uno e prendiamo un treno a caso, in direzione contraria al centro, forse Plentzia. Però, direi che siamo andati con la nostra vettura, fino a Gorlixco, luogo improbabile dove si recano esclusivamente i bilbaini, a fare il mare. La Spiaggia, in una insenatura graziosa tra coste alte e verdeggianti, è strapiena (tutti passeggiano, pochi sono in acqua), ma con una breve passeggiata arriviamo ad Astondo e ci accoglie una sorprendente struttura di ristorazione, il Maritimo Astondo, che ha le magliette dell’Athletic Club appese al muro e piatti di pintxos troppo ruspanti per rinunciare (è un posto da omenassi). Il sito e il luogo appartengono ad un tempo andato, gli anni  Trenta e Quaranta del secolo scorso, ad una Bilbao che ancora si sente ma sottopelle. Fotografo un ospedale o sanatorio decorato a mosaici geometrici. Cercando oggi sul web scopro che il Ministero dell’Ambiente ha demolito il Maritimo Astondo e ha “costruito” al suo posto delle dune. Sapete come la penso sulla artificialità del naturale: ecco. Forse nessuno del Ministero Beni Culturali ha ritenuto che l’edificio del ristorante (architettura balneare brutta ma esemplare di quegli anni) fosse meritevole di conservazione. E chissà se, sotto le dune, qualcuno/a troverà i caracol dei pintxos e penserà a conchiglie fossili di lontanissima era geologica. A distanza di 18 anni mi colpiscono queste chiusure-riaperture (il Boulevard), queste demolizioni-ripristini (Astondo), mentre Bilbao è sempre di più identificata con la contemporaneità globale (Gehry, Foster, Pelli, Calatrava). Il turista NON è un antropologo eppure ho la sensazione di qualcosa che sta perdendo per sempre e non posso che confidare negli anticorpi baschi.